Pubblicato il 09/10/2020, 11:35 | Scritto da La Redazione

Libero stronca la nuova serie di Guadagnino

Libero stronca la nuova serie di Guadagnino
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: il giornale di Vittorio Feltri ad alzo zero contro la serie “We Are Who We Are”. Titola: “Piselli al vento in prima serata”. E stronca la fiction così: “Nei primi due episodi non succede quasi nulla. L'unica sferzata è il trionfo di peni in libertà: Guadagnino non lesina sui nudi integrali di soldati e ragazzini che, con molto orgoglio, sventagliano (letteralmente) i propri gioielli davanti alle telecamere”.

Piselli al vento in prima serata

Libero, pagina 21, di Francesca D’Angelo.

«La mia non è una serie tv, ma un grande film in nove puntate». Quando un regista esordisce così, il più delle volte significa una sola cosa: la sua serie-che-però-è-un-film si candida a essere una colossale mattonata. La tv ha infatti una propria grammatica, dei codici di genere e un ritmo specifico e violarli, il più delle volte, non porta nulla di buono. Cosa succede però (e, sì, finalmente arriviamo alla notizia) se la frase di cui sopra viene pronunciata da un regista del calibro di Luca Guadagnino?

Ve lo diciamo noi: la mattonata diventa poesia. Non perché lo sia effettivamente, intendiamoci, ma perché nessuno ha il coraggio di dire che la storia non funziona. Stasera comunque gli spettatori potranno verificare con mano visto che la sua serie tv We are who we are, prodotta da Hbo e Sky, approda su Sky Atlantic e Now Tv, in prima serata. Forse siamo noi che non cogliamo la maestria di Guadagnino (probabile), ma onestamente la storia è discretamente lenta e noiosa.

Succede nulla

Nei primi due episodi non succede infatti quasi nulla. L’unica sferzata è il trionfo di peni in libertà: Guadagnino non lesina sui nudi integrali di soldati e ragazzini che, con molto orgoglio, sventagliano (letteralmente) i propri gioielli davanti alle telecamere. Più o meno infatti la storia è la seguente: c’è un ragazzino belloccio e dal look figo, di nome Fraser. È americano, ma si è dovuto trasferire dall’America in Italia. Il posto è imprecisato perché, ricordiamolo, qui si fa poesia: la geografia è per chi segue Don Matteo.

In We are who we are l’unica cosa certa è che ci troviamo in un villaggio costruito all’interno di una base militare e, ora, a guidarla sarà una delle due madri di Fraser. Ebbene nel gironzolare per questa base militare il ragazzo finisce per entrare nelle docce maschili: d’altronde a chi non capiterebbe? E, comunque, qui si fa poesia. Appena entra, Fraser resta estasiato dai fisici prestanti dei soldati: i diretti interessati se ne accorgono e con molto orgoglio iniziano ad ancheggiare per far sballonzolare le proprie grazie.

 

(Nella foto We Are Who We Are)