Pubblicato il 06/04/2020, 14:01 | Scritto da La Redazione

Aldo Grasso demolisce La casa di carta

Aldo Grasso demolisce La casa di carta
La nostra rassegna stampa, con gli estratti degli articoli più interessanti: La casa di Carta si trascina stancamente nella sua quarta stagione.

La casa di carta, serie che ormai si trascina come una soap

Corriere della Sera, pagina 47, di Aldo Grasso.

A pochi mesi di distanza dall’ultima stagione, La casa di carta si rinnova rendendo disponibile su Netflix gli otto episodi del quarto atto. Anche questa rapidità nell’aggiornare l’evoluzione del racconto è indicatore di come la serie spagnola firmata da Alex Pina rappresenti uno dei titoli di punta del catalogo, quello di cui tutti parlano. Però, la frenesia si accompagna spesso all’improvvisazione, e così questa stagione mostra crepe che si aprono in più di un’occasione.

Non basta aver ormai familiarizzato con i personaggi (l’inattesa fragilità del Professore, la vulcanica Nairobi, l’instabile Tokyo, il violento Denver) per nascondere i difetti di un impianto narrativo che tende a esagerare e a ripetersi. Il Professore (Alvaro Morte) è convinto che l’amata Lisbona-ex ispettore Murillo (Itziar Ituno) sia stata uccisa, ingannato dal rumore di uno sparo sul finire della terza stagione. Stretto tra «amore e morte che si erano uniti nel suo cuore», è deciso a conoscere la verità e tornare al Banco di Spagna dove si trovano asserragliati gli uomini e le donne della banda.

Esaurita la vena

L’impressione è che La casa di carta non abbia poi molto da aggiungere; si trascina come una soap, abbandonando l’azione per una scelta di introspezione psicologica dei personaggi e delle loro relazioni, senza però avere l’attitudine per questo genere di affondi. Peraltro, il personaggio migliore e più adatto in questo senso (Berlino, interpretato da Pedro Alonso) è morto due stagioni fa e costringe a un ricorso continuo al flashback. Eppure, la serie resta un classico esempio di guilty pleasure, di quel piacere un po’ perverso che ci tiene incollati a una storia anche se ne riconosciamo i limiti. Nella serie anche un’inconsueta e un po’ stiracchiata strizzatina d’occhio alla cultura popolare italiana: un gruppo di frati intona «Ti amo» di Umberto Tozzi e «Centro di gravità permanente» di Battiato.

 

(Nella foto il cast de La casa di carta)