Pubblicato il 12/09/2018, 19:11 | Scritto da Gabriele Gambini

Marco Giusti: Tra vent’anni i rapper potrebbero essere il nuovo fenomeno Stracult

Marco Giusti: Al Festival di Venezia gli horror, i polizieschi, i western sono stati sdoganati, ma per il genere comico sarà difficile

È un po’ il Paolo di Tarso dei film di genere. Da passione catacombale per cinefili un po’ nerd ne ha codificato il senso, diffondendone il verbo e trasformandolo in una liturgia di culto. Marco Giusti non è solo questo – intendiamoci – il suo zampino c’è su Blob, su Bla Bla Bla, su una valanga di progetti che hanno nell’archivio l’ariete autoriale. Ma il consueto ritorno di Stracult (dal 13 settembre in seconda serata su Rai2) con Fabrizio Biggio e Andrea Delogu alla conduzione, porta la sua impronta da vent’anni. Dal suo salotto sono passati tutti: i trucidi dei poliziotteschi, i duri dei western. Jimmy il Fenomeno. Le ex bonone da commedia.

Che cosa le dicevano molti di loro quando li invitava in trasmissione i primi anni?

I grandi caratteristi italiani rimasti nell’immaginario ma dimenticati dalla stampa a volte erano allibiti. Era come dire loro: “Guarda che il tuo lavoro vale”. Stessa cosa per i pionieri dei western. C’era un territorio vergine da arare e lo abbiamo arato. A Venezia ho portato molti registi storici per la prima volta, Lino Banfi ha incontrato Tarantino.

Che novità avete introdotto nella percezione del cinema di genere?

Una volta c’era classismo radical nei confronti del genere. Oggi molto meno.

La scelta dei presentatori di Stracult è stata ponderata da edizione a edizione.

In me convivono due anime: l’amante del cinema e l’uomo a cui piace divertirsi facendo spettacolo. Quindi ho chiamato chi mi sembrava adatto. Andrea Delogu, portata in Rai per la prima volta, Lillo e Greg, Paolo Ruffini. Ai tempi di Bla Bla Bla abbiamo voluto fortemente Virginia Raffaele e Chiara Francini. A Stracult ho voluto Nino Frassica, popolarissimo per Don Matteo, lasciandolo libero di muoversi con la comicità che lo caratterizza. Magari gli è stato utile per essere sdoganato nel salotto di Fazio.

È stato a Venezia quest’anno?

Una bella edizione del Festival. Film bellissimi nella prima parte, nella seconda film molto lunghi ammazza-critici, ma buoni nel complesso. Per la prima volta ho visto molti film di genere. Suspiria per l’horror, un poliziesco, due western.

Nessun film comico però.

È una barriera impenetrabile per i film comici, considerati ancora genere di Serie Z. Sarebbe quasi impossibile veder presentare un film di Checco Zalone – che ha comunque un articolato lavoro di scrittura dietro – alla stregua di un polàr o di un western. Questi ultimi sono il vecchio bagaglio del cinema e sono stati sdoganati. La comicità è tenuta distante.

Chi contribuisce alla diffusione dei generi?

Netflix e Amazon vi puntano molto e investono su Venezia.

Ospiti per la prossima edizione di Stracult?

Potremmo avere Senta Berger e Isabella Rossellini. Oggi però è meno facile avere volti di culto tra gli ospiti perché molti ci hanno lasciato per questioni anagrafiche.

Potenzierete la componente da late night?

Ci piacerebbe farlo con meno paura. L’anno scorso ci abbiamo provato, è venuto a metà: proviamo a fare spettacolo senza perdere nemmeno un briciolo del gusto stracult.

Gusto che è intergenerazionale. Ma tra vent’anni che cosa sarà di culto?

Forse le serie. Penso a un cineasta di genere come Stefano Sollima. O penso al Tommaso Ragno de Il Miracolo, personaggio incredibile. A oggi c’è da prendere atto di una cosa: il cinema vale meno di 40 anni fa. I ragazzetti vedono maggiormente come individui stracult, capaci di determinare la temporalità storica di un’era, i vecchi rapper. Ecco. Forse i video dei rapper saranno di culto.

E gli youtuber?

Su Youtube vince il presente, nel tempo rimane poco.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Marco Giusti)