Cose di classifica – Sembra ci sia un’inflazione di rap
La casa discografica Universal domina il 46% della classifica FIMI
L’ultima classifica FIMI di luglio ci dice due cose. La prima è che se continua così, tra un po’ potrebbe esserci una sola casa discografica in Italia, la Universal. Tra proprie pubblicazioni e distribuzione, in questo momento il 46% degli album in classifica fa capo alla principale multinazionale della musica, superando di parecchio anche le proporzioni della propria supremazia in Usa (nel 2017, il 37% della total album consumption). In questo momento, sommando gli album in classifica, gli altri principali operatori cioè Sony (22), Warner (16) e gli indipendenti distribuiti da Artist First (7) non arrivano all’esatto pareggio con la major che fa capo alla francese Vivendi.
La presa di Universal sul mercato italiano è altrettanto decisa per quanto riguarda i singoli, dove tra i primi 100 in classifica i brani da essa distribuiti risultano 47. Il momento sarebbe di trionfo assoluto, se in vetta alla classifica degli album non fosse aggrappato da settimane Irama (Warner); tutte le altre charts però, dai singoli (Pablo di Russian & Sfera Ebbasta) ai vinili (XDVR Reloaded di Sfera Ebbasta) alle compilation (Kiss Kiss Play Summer) sono sotto controllo.
All’interno della classifica degli album attuale, 41 album sono riconducibili all’hip-hop (non contando, anche se non sarebbe illegittimo, quello della coppia Beyoncé-JayZ), e tra i titoli Universal in classifica, 25 (quindi più della metà) sono hip-hop. In definitiva, è da qui che arriva lo strapotere della multinazionale, nella cui sede italiana (come racconta la manager Paola Zukar nel suo libro Rap – Una storia italiana) nel 2005 un dirigente francese alla fine di una riunione domandò basito: “Ma voi non avete artisti rap?”
E tuttavia, forse l’offerta in questa fase è talmente alta che per quanto voraci, gli adolescenti maschi (target privilegiato) non riescono a premiarla tutta nemmeno facendo uso intensivo di streaming. In classifica ci sono alcuni album di lunghissima militanza (Salmo e Marracash/Gué Pequeno hanno superato le cento settimane, Sfera Ebbasta è a novantotto) ma altri, pur pubblicati da nomi con credenziali di tutto rispetto, hanno avuto vita inaspettatamente breve.
L’album di Mezzosangue è rimasto in top 100 per 13 settimane, quello di Lowlow tre, Rancore dopo otto settimane è al n.96, il nuovo di Drefgold è rimasto in top ten per due settimane e la scorsa settimana è scivolato al n.20, l’EP di Rkomi è stato in top ten una settimana e ora è quattordicesimo. Naturalmente per ognuno di questi casi ci sono spiegazioni possibili. Ma anche quando un settore sembra in salute la saturazione non è mai da escludere.
(Nella foto Irama)