Pubblicato il 26/04/2017, 15:33 | Scritto da Tiziana Leone

Gabriele Corsi: Se non ridi di te, qualcuno lo farà al posto tuo

Gabriele Corsi racconta la sua stagione tv tra #cartabianca e Piccoli Giganti

Passa dai politici ai bambini in un colpo di telecomando senza mai perdere quell’ironia che il maestro Gigi Proietti gli ha insegnato fin dai tempi antichi, capace di scherzare con Prodi così come con un piccolo cantante in erba: Gabriele Corsi usa l’arma della leggerezza per attraversare i palinsesti della tv, lasciando agli altri il compito di prendersi troppo sul serio. Take me Out e #cartabianca, senza dimenticare il suo primo amore Radio Deejay con i compagni del Trio Medusa, fino a Piccoli Giganti, il nuovo adattamento del format Pequeños Gigantes, prodotto per Discovery Italia da Endemol Shine Italy, in onda da questa sera alle 21.10 su Real Time. Per Corsi la stagione tv è ancora un fiume in piena.

Come affronterai questi piccoli giganti?

«Con grande senso di umiltà. Mi sento molto piccolo rispetto a loro, alcuni sono davvero talentuosi, alla loro età io non ero così bravo. E’ incredibile la professionalità con cui affrontano questa esperienza, alcuni sembrano nati per far questo, soprattutto nel ballo. Sono tra i più grandi professionisti con cui ho lavorato in vita mia. Ora immagino tu abbia in serbo una domanda sullo sfruttamento dei bambini in tv no?».

Visto che te lo sei chiesto…

«La differenza è tutta qui: se è il bambino che vuole stare sul palco o il genitore che glielo impone. Mia madre mi racconta che io ho sempre voluto fare questo. Ho parlato con un genitore, un padre che fa il medico, preoccupato perché il figlio vuole fare il ballerino, mentre per lui sognava altro, teme le delusioni…»

Il mondo dello spettacolo nasconde troppe insidie…

«Lo capisco, ci sta. In Piccoli Giganti abbiamo anche il patrocinio dell’Unicef che non avrebbe mai permesso un eventuale sfruttamento di bambini. Il nostro è un grande parco giochi, i miei figli sono venuti quattro volte in studio, per loro è come una delle tante di feste di compleanno che noi adulti viviamo sempre con un po’ di difficoltà».

E’ più impegnativo lavorare con i bambini che con politici?

«Sono più impegnativi i politici perché i bambini non si prendono sul serio, sanno essere ironici prima di tutto con se stessi. A #cartabianca come alle Iene d’altronde si fa satira ridendo in faccia al politico di turno, occasioni in cui capisci che alcuni non hanno proprio di serie il senso dell’umorismo. Pensano che ridere li squalifichi agli occhi del mondo, ma basta guardare cosa ha fatto Obama con comici come David Letterman, Jay Leno, Bill Murray: se non ridi di te, qualcuno lo farà al posto tuo».

Con quale politico hai riso di più in tv?

«Con Giorgia Meloni e Romano Prodi. Gigi Proietti mi ha insegnato che la leggerezza è il contrario della stupidità, avere un tocco leggero non significa essere banali».

Una leggerezza persa per strada ormai…

«Il confronto politico è sull’insulto, ormai non si tratta più di capire chi è stato il primo a cominciare, ma chi sarà il primo a finirla».

Ad amplificare il tutto sono i social network?

«Credo siano le persone, il social rispecchia solo il tuo modo di essere: se sei uno che fa polemica anche quando muoiono dei poveracci in mezzo al mare e la utilizzi per raschiare i voti dal fondo del barile non puoi dire che è colpa dei social».

Sembra di capire che in questa stagione di #cartabianca ti sei molto divertito…

«Molto, la Berlinguer è una decisamente rock, all’inizio ero molto intimorito per la sua personalità, io uno che fa il cretino a lavorare con lei? Poi ha funzionato».

Non sarà stato facile per #cartabianca navigare in acque tempestose, sempre nell’occhio del ciclone della politica…

«Di periodi tormentati in tv ne ho attraversati, sia con le Iene che con Quelli che il calcio. Ma se c’è tanta attenzione su una trasmissione significa che quella trasmissione funziona. La cosa bizzarra è che si lamenta chi governa, da sempre la satira si fa nei confronti di chi è al governo, per dieci anni ho fatto servizi su Berlusconi e sul centro destra. Nei Paesi liberali nessuno alza il telefono per lamentarsi eppure tutti coloro che si lamentano di #cartabianca vengono invitati a partecipare».

Impossibile lasciare la politica fuori dalla Rai?

«Quella sulla Rai è una riforma che nessun governo ha avuto il coraggio di fare. E’ un peccato, sono un po’ retrò e per me è sempre un vanto lavorare nella tv di Stato, i miei genitori ancora mi chiedono se lavoro per la Rai o per “gli altri”. Questo dibattito politico intorno alla Rai mortifica anche le eccellenze che ci lavorano: i tecnici, le troupe, le maestranze sono tra le migliori in assoluto».

Meno male che puoi scappare su Discovery allora…

«E’ un tipo di realtà che ti dà ossigeno. A Take Me Out io sono il più anziano, il mio produttore esecutivo ha 34 anni, il fatto che io sia considerato un giovane conduttore tra i più promettenti a 45 anni mi fa ridere.».

Hai ritrovato il clima che c’era alle Iene ai vostri inizi?

«Sì quello dei primi anni: per dieci anni c’è stato sempre lo stesso gruppo, siamo diventati come fratelli, passavamo venti ore al giorno insieme. Poi sono entrate tantissime iene nuove ed è diventato un po’ più difficile avere rapporti di questo tipo».

A Discovery hai ritrovato quella spensieratezza che ti mancava?

«Sì, ma siamo stati anche dei pionieri, abbiamo lanciato Take Me Out contro programmi come Striscia la notizia o Affari Tuoi, cosa che nessuno aveva fatto».

Forse perché a Discovery non contano solo i punti di share?

«Gli ascolti contano, però esistono anche altre cose, come la resa che un programma dà sui social, sulla critica, quanto se ne parla. Da questo punto di vista è stato un enorme successo. Anche la critica ha realizzato che si trattava di un ritorno agli anni ’80, all’intrattenimento puro, senza alcuna funzione pedagogica. Ora mi aspettano dieci puntate di Take Me Out over con le signore tra i 60 e gli 80 anni».

Quando lo vedremo?

«In autunno. Lo gireremo a giugno».

Vogliamo la verità: queste signore ci sono o ci fanno?

«La verità è solo una: non siamo così bravi a imboccare la gente. Quando ho chiesto a una signora se era single mi ha risposto: sono felicemente vedova. E’ una battuta che nessun autore avrebbe mai avuto il coraggio di scrivere».

Si vede che ti diverti con questo stuolo di donne…

«Sono stato cresciuto da mia madre e da mia nonna, una signora bolognese che già nel 1994 portavamo in onda a Radio Deejay… per far capire il tipo».

Insomma per Gabriele Corsi Take Me Out non si tocca.

«E’ il mio Luna Park. E’ bello anche il legame che si crea con queste ragazze, sono il loro confidente, mi informo se sono fidanzate, una coppia ha avuto un bambino che si chiama Gabriel, capito che responsabilità?».

Gli altri compagni del Trio Medusa non sono gelosi di questa tua carriera da single?

«No affatto, perché sono più pigri di me. Vengono a trovarmi in trasmissione e mi danno la loro approvazione, come fanno i genitori con i fidanzati dei figli. E comunque la formula trio funziona come prodotto radiofonico, in tv è difficile condurre in tre, a parte programmi come Le Iene. Ci abbiamo provato e non ha funzionato».

Alle Iene torneresti da inviato?

«Sarei in difficoltà per questione di pigrizia. Ho realizzato circa 550 servizi e posso garantire che non vivi, è come lavorare nei Nocs, aspetti la telefonata anche di notte, ci puoi mettere anche tre giorni per fare un minuto di servizio».

Hai chiesto scusa a Belen per averle “rubato” il posto alla conduzione di Piccoli giganti…

«Le ho detto che è in buone mani. E’ ovvio che cambiando il conduttore cambia anche la cifra stilistica, la mia più ironica la sua più di partecipazione umana. A me Belen sta simpaticissima, è una donna molto spiritosa».

E’ che la disegnano così…

«Sì ecco, la disegnano così».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Gabriele Corsi)