Pubblicato il 24/04/2017, 17:30 | Scritto da Tiziana Leone

Cristiana Mastropietro: Siamo Pesci Combattenti, senza sponsor politici

Cristiana Mastropietro: Siamo Pesci Combattenti, senza sponsor politici
Il quotidiano britannico ha inserito la società di produzione indipendente, unica italiana, tra le aziende europee con la più rapida crescita dal 2012 al 2015. In questa intervista a TvZoom la Mastropietro racconta come sono arrivati a questo importante obiettivo.

Cristiana Mastropietro, socia fondatrice della società di produzione Pesci Combattenti, racconta come in 3 anni sono riusciti a crescere talmente tanto da esser notati dal Financial Times

Un’importante crescita verticale, certificata dal britannico Financial Times che ha inserito Pesci Combattenti, la società di produzione indipendente fondata da Cristiana Mastropietro, Riccardo Mastropietro e Giulio Testa tra le aziende europee che hanno registrato la più rapida crescita tra il 2012 e il 2015. La società si posiziona al 151° posto in classifica tra le 1000 società selezionate, con una crescita dei ricavi pari al 758%, e un CAGR (tasso annuale di crescita composto) del 104,8%. E il fatto di essere l’unico produttore televisivo italiano menzionato dà ai tre “Pesci Combattenti” un pizzico di soddisfazione in più.

Cristiana Mastropietro, qual è stato primo pensiero appena saputa la notizia del Financial Times?

«E’ una cosa che ci rende orgogliosi e ci dà ulteriore stimolo ad andare avanti: siamo una casa di produzione indipendente, non siamo stati acquisiti né ci siamo fusi con nessuno, siamo tre soci dal primo giorno, oltre alle persone che lavorano con noi».

Come siete arrivati a questo risultato?

«Senza una strategia particolare, abbiamo sempre messo in atto alcune linee guida fin dalla fondazione: lavorare duramente con passione e grande cura e non montarsi mai la testa, non partire subito per la tangente con macchine, benefit o amenità varie. Ci svegliamo la mattina e andiamo in ufficio consapevoli del fatto che oggi hai successo e domani puoi non averlo più».

Il mondo della tv sa essere molto selettivo….

«A noi piace lavorare, non ci interessa l’appeal della tv, ma fare le cose che ci piacciono e ci corrispondono. Detto questo, nessuno ha nulla in contrario a fusioni o acquisizioni perché fanno parte della natura dei media in generale, ma non è mai stato il primo obiettivo».

E qual è stato il primo obiettivo?

«Diventare credibili, fino a cinque anni fa come produttori televisivi eravamo sconosciuti, già solo con questo nome, Pesci combattenti, la gente ci guardava strano…

Perché avete scelto questo nome?

«Non volevamo un nome inglese perché ci sembrava una cosa banale: all’epoca stavamo lavorando su un progetto che si chiamava “pesci combattenti” così tra i 100 nomi assurdi sul tavolo abbiamo scelto quello. Abbiamo pensato che fosse talmente particolare e surreale che nessuno lo potesse dimenticare».

E la “questione” della politica ve la siete mai posta? Imprescindibile per chi entra nel mondo della tv…

«Da autore non ho mai lavorato con la politica, pur avendo fatto tanti programmi a contatto con politici, da Omnibus alle Invasioni barbariche. Le segreterie dei partiti e gli uffici stampa politici erano tutti nella mia agenda, tuttora ho contatti con la politica, ma non sono mai entrati nel mio lavoro. E vorrei sottolinearlo, non abbiamo mai avuto uno sponsor politico».

La parte più divertente del tuo lavoro?

«Avere un’idea magari mentre prendi un caffè e dopo qualche mese vederla in onda, diventa trending topic e senti che la gente parla di quella cosa. Un po’ come è successo con Unti e bisunti, entrato nell’immaginario delle persone. Penso a quanti ragazzini fra 30 anni diranno: “Mi ricordo che da piccolo guardavo Unti e bisunti”».

La parte meno divertente?

«Credo sia quella che mi risparmio, degli intrallazzi, del dover sottostare a una serie di cose che non mi interessano, che tolgono libertà. Noi siamo indipendenti in tutto e per tutto, non dobbiamo render conto a nessuno se non ai nostri clienti e tenere i conti in ordine».

Il programma che avresti voluto realizzare?

«Abstract, una serie su Netflix che mostra il design non in modo sofisticato e “tromboneggiante”, ma dal punto di vista della contemporaneità».

Tra i vostri lavori c’è anche Selfie, le cose cambiano, programma della Fascino della De Filippi che si discosta abbastanza dal genere delle vostre produzioni…

«Ci è stato richiesto da Fascino di realizzare un prodotto tra docu e factual assolutamente nelle nostre corde, un linguaggio che pratichiamo abitualmente. E’ stata una richiesta che ci ha molto onorato, Fascino è un gruppo importante, Selfie un programma di prima serata, condotto da Simona Ventura, era come avere una Mini e dire no a una Ferrari: un giro me lo faccio volentieri anche per capire come funziona. Ha rappresentato una crescita per noi, è andato bene visto che ci sarà anche una seconda stagione».

Vi hanno criticato per questa scelta?

«Ci dicevano che eravamo molto diversi, ma Fascino ha una gestione e un approccio estremamente artigianale, perché Maria De Filippi entra in tutte le fasi della gestione del programma con Sabina Gregoretti. E’ un gruppo che da un punto gestionale e organizzativo è molto simile al nostro»..

La De Filippi non lascia nulla al caso…

«Ci mette tutto, faccia, testa, forza fisica: ci vuole grande forza fisica per fare questo mestiere. Io gioco a tennis, è un bell’allenamento anche per la testa, non potrei a fare meno dello sport».

Quali progetti nuovi state studiando?

«Stiamo lavorando su un progetto legato alle Ragazze del ’68 e nuove idee con Simonetta Agnello Hornby, una persona speciale, molto più che un talent».

Cosa ha rappresentato per te la tv di Gianni Boncompagni?

«Non esista un professionista della tv della mia generazione che non debba qualcosa a Boncompagni, è stato il più grande innovatore, basta pensare a quello che ha fatto in radio con Arbore& co. In tv è stato anche un grandissimo regista, a Pronto Raffaella? ha inventato quei primi piani strettissimi mai visti prima, la Carrà entrava in casa tua, era seduta sul tuo divano».

Di Non è la Rai cosa ne pensi?

«Si può dire quello che si vuole, ma quel programma è rimasto nell’immaginario di chiunque, non esiste una persona di 40 anni oggi che non lo abbia guardato all’epoca. Il vero innovatore riesce a rompere le regole perché le conosce molto bene».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Cristiana Mastropietro)