Pubblicato il 08/05/2016, 18:31 | Scritto da Gabriele Gambini

Bellezza e angoscia di Telescope: nel cuore dell’Universo

Bellezza e angoscia di Telescope: nel cuore dell’Universo
Presentato al Planetario di Milano, si tratta di un documentario in onda su Discovery Channel lunedì 9 maggio alle 21 che racconta l'evoluzione del telescopio come strumento di osservazione astronomica, grazie a immagini spettacolari ma terribili.

La storia del telescopio come strumento e la costruzione del “James Webb”, il più potente mai concepito, è la storia dell’umanità alla ricerca di risposte, ed è raccontata in modo spettacolare.

 

Che bellezza, Telescope: Nel cuore dell’universo, il documentario presentato in pompa magna al Planetario di Milano, in onda lunedì 9 maggio alle 21 su Discovery Channel (Sky canale 401 in HD e Discovery Channel + 1 canale 402). Ma che angoscia, anche! Ha il rigore documentaristico dell’alta tecnologia applicata alla divulgazione scientifica e, nel contempo, conserva un po’ di quella patina romantica garantita dall’alta spettacolarità delle immagini quando si riferiscono alle osservazioni astronomiche. C’è la storia dell’umanità, in quelle osservazioni, dagli albori del Big Bang a una lunga lista di futuri possibili. Telescope, nomen omen, ripercorre il rapporto tra uomo e spazio attraverso la storia del telescopio, strumento imprescindibile di valutazione. Dalla rivoluzione di Copernico, a Galileo e Newton, fino al telescopio spaziale Hubble e al nuovissimo modello chiamato James Webb, il più potente mai concepito. Lo speciale mostra la fase di realizzazione al Goddard Space Center della NASA che culminerà nel 2018 con il lancio in orbita dello strumento. Dotato di sensori ultrasensibili, il compito del James Webb sarà determinare le condizioni iniziali da cui è scaturita la formazione dell’Universo, facendo del telescopio una sorta di macchina del tempo.

Ma non solo. Il documentario si avvale delle testimonianze di scienziati contemporanei e non, e si carica sulle spalle un fardello non da poco: prima di tutto, quello di renderci consapevoli di vivere in un pianeta situato in una delle innumerevoli galassie di un Universo in continua espansione, destinato a fare i conti con l’evoluzione del Sole, che renderà la Terra inabitabile. Poi, di non essere – come razza umana – niente di così straordinario e irripetibile, solo una delle possibili manifestazioni della materia sotto forma di vita cosciente, determinatasi per pura casualità in un ambiente favorevole. E, ancora, di non essere soli, nell’Universo, perché le osservazioni astronomiche consentono di identificare con certezza l’esistenza di moltissimi pianeti simili al nostro, in cui condizioni per lo sviluppo della vita sono altamente probabili, malgrado distanze fisiche incolmabili per entrare in contatto.

Se il modo più fuorviante di guardare il cielo è quello di fraintenderlo addomesticandolo con la poesia, Telescope, con la sua portata di immagini ad alta definizione, è la chiave per includere la metafisica nella fisica, la contemplazione nella scienza, l’angoscia per un’esistenza il cui scopo è ancora tutto da capire, nel sublime e nel terribile. Con una certezza di fondo: posto che esista un trascendente, meglio avvicinarsi ad esso grazie alla sfida scientifica, e non solo attraverso antiche imposizioni dogmatiche.

Gabriele Gambini
(nella foto, un momento di Telescope: Nel cuore dell’universo)