Pubblicato il 04/05/2016, 15:32 | Scritto da Tiziana Leone

Reg E. Cathey: Trump è il vero diavolo, non quello di Outcast

Tra i protagonisti di Outcast, la serie horror di Fox, Reg E. Cathey, il dottor Franklin Storm de I fantastici 4 spara a zero su Trump e sogna di eleggere il futuro Papa.

«Da ragazzino sarei dovuto entrare in seminario, ma poi ho preferito darmi al sesso droga e rock and roll». Visti i risultati, ha fatto bene. Reg E. Cathey è l’attore che in Outcast, la serie horror di Fox, firmata da Robert Kirkman, in arrivo il 6 giugno, interpreta il poliziotto della cittadina di Rome, l’uomo che tenta di aiutare l’indemoniato protagonista a uscire vivo dalla mano del diavolo. Ma Reg è anche l’attore che in House of cards, serie per la quale ha ricevuto due candidature agli Emmy, ha serenamente mandato a quel Paese il Presidente degli Stati Uniti, che in quel caso aveva il volto perfido di Kevin Spacey. Ma se oggi si trovasse di fronte Donald Trump non esiterebbe a rifarlo. «Trump vuol costruire muri, come vedete il male è opera dell’uomo, non del diavolo».

Quindi lei non crede nel diavolo o in fenomeni soprannaturali?

«Credo che sia l’uomo l’autore del suo destino, anche se poi accusa il diavolo».

Un perfetto capro espiatorio…

«Io avrei potuto essere uno schiavo, perché nel mio Paese, gli Stati Uniti, gli uomini hanno creato gli schiavi. E’ stato un uomo che ha sterminato sei milioni di ebrei ed è sempre un uomo che in Italia ha cercato di sopprimere milioni di italiani. Perché prendersela con il diavolo?».

Lei è credente?

«Credo nello spirito, di sicuro non credo nelle possessioni: è l’uomo che fa il male, il diavolo se ne sta in spiaggia a godersi il sole».

La Fox ha scelto Roma per l’anteprima europea di Outcast, condivide la scelta?

«Roma è la città che in assoluto ha trasformato il mondo in qualcosa di più piccolo, anche se ora viviamo in un mondo globale dove le differenze che c’erano prima sono completamente abolite. Un tempo quando camminavamo in un Paese stranier, sentivamo parlare un’altra lingua, vedevamo gente che si vestiva in modo diverso da noi, mangiava altri cibi. Ora tutto questo non c’è più».

Ed è meglio?

«Certo, perché siamo molto più simili di quanto immaginiamo. Vogliamo tutti le stesse cose: nutrirci, stare bene, un futuro per i nostri figli… anche se io di figli non ne ho. E tutto questo a prescindere dalla xenofobia. Purtroppo in America si discute se tirare su muri, ma tranquilli sembra che gli europei Trump li accetterebbe, anche se non si capisce bene quali: forse gli starebbero bene gli inglesi, pochi greci, ma non certo i pescatori, e anche con gli italiani, ma solo quelli del Nord, non certo i siciliani.»

Com’è stato il suo provino per il ruolo del poliziotto in Outcast?

«Semplice, non l’ho fatto. Di solito per ottenere una parte sostengo sempre i provini, ma Robert Kirkman mi ha voluto subito. All’inizio il mio poteva sembrare un piccolo ruolo, ma mi ha garantito che avremmo fatto crescere insieme questo personaggio».

E lei si è fidato?

«Robert è una persona di grandi capacità, Hollywood è piena di bugiardi di cui non ci si può fidare, ma su di lui non ho avuto dubbi. Per avermi ha persino cambiato il personaggio, all’inizio doveva essere un bianco».

Pensa che abbia scelto di chiamare la cittadina protagonista di Outcast Rome solo per pura casualità?

«Ci deve essere qualche richiamo tra lo spirito di quella cittadina e la capitale del mondo, anche se qui ce’è il Vaticano… certo mi piacerebbe molto un giorno starmene seduto al Vaticano per votare per il prossimo Papa».

Basta che non sia un tedesco…

«Ah ah, that’s funny».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Reg E. Cathey)