Pubblicato il 25/04/2016, 15:03 | Scritto da La Redazione
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Massimo Giletti: Non lascio la Rai

Giletti: “Non lascio l’Arena, mi sono guadagnato piena libertà”.

 

Rassegna stampa: La Stampa, pagina 35, di Alessandra Comazzi.

Il conduttore della domenica Rai ha detto di no a Canale 5. “Campo Dall’Orto mi ha convinto, è prevalso l’amore per l’azienda”.

Massimo Giletti sta conducendo la stagione numero 13 dell’Arena, Rai 1, andrà avanti fino a giugno; l’ultima puntata era su un tema sempre molto indignante, l’assenteismo, «uno dei costi più grandi del sistema Italia, dove il vero problema è il controllo». Sembrava proprio che avrebbe lasciato la Rai: i quattro milioni in media di spettatori a puntata, 22% di share, lo avrebbero ragionevolmente seguito.

E dove se ne sarebbe andato?

«I grandi poli televisivi sono pochi, in Italia».

Quanti misteri: se Canale 5 voleva acquisirla per la sua concorrenza la domenica pomeriggio, come mai ha detto no?

«Ho avuto un incontro importante con il direttore generale Campo Dall’Orto: per la prima volta in tanti anni, io sono in Rai da 25, ho parlato con un direttore generale che conosce la tv».

Un’illuminazione: le ha offerto più soldi?

«Proprio no, ne avrei avuti di più andandomene. Però non ho mai messo il denaro tra le mie linee guida. È prevalso l’attaccamento alla Rai, e poi sono un uomo di prodotto, e voglio soprattutto lavorare libero».

E la libertà le è stata garantita?

«Con quegli ascolti lì, è difficile che non mi lascino lavorare. Non lo dico con arroganza: per me è importante la squadra, i colleghi che girano per fare le inchieste, e le preparano per tutto il tempo necessario: con il nuovo capoprogetto, Annamaria De Nittis, abbiamo consolidato un gruppo importante. E insomma all’Arena non vince il conduttore, ma la squadra».

Crisi generale dei talk show: come mai l’Arena no?

«Credo che il pubblico riconosca la passione, l’incisività, l’onestà intellettuale di non strumentalizzare mai una notizia a fini politici».

Riceve tante pressioni?

«A proposito della politica invasiva, credo contino di più gli uomini e l’intelligenza. Della tv di Bernabei, si ricorda la qualità, giustamente: eppure la politica era invasiva, altroché. Il punto è il distacco. Verdelli ha sottolineato: non può essere la politica a dire che cosa si deve fare in tv. Poiché non mi ha messo lì nessuno, sono ecumenicamente attaccato da destra e da sinistra. E a me va bene così, sia chiaro. Una volta un ex direttore generale, stufo delle pressioni contro di me, mi chiese: ma lei da che parte sta? Da nessuna, è ovvio».

E di richieste, ne riceve molte?

«Anche quelle, certo. Ai primi di marzo, per esempio, mi avevano offerto l’intervista al figlio di Totò Riina. Mi sono subito chiesto perché volesse venire da me: non voleva certo usarmi per vendere meglio un libro. Non trovando una risposta, gli ho detto no in cinque minuti».

In prima serata ha realizzato alcuni speciali, come quello di Bocelli: ma un programma vero non glielo danno mai?

«In effetti, credo che sarebbe il momento, ci stiamo lavorando. Sono un vecchio artigiano della tv, sono un anti-format, quindi il progetto per una prima serata come dico io è lungo, faticoso, e bisogna crederci».

Tredici anni: stufo dell’Arena?

«Ho sempre a che fare con l’attualità, questo mi mantiene fresco. E poi negli anni è cambiato anche il programma, che è meno gladiatorio. Fermo restando il fatto che ci piace la dialettica e non siamo un salotto paludato, il titolo non la rappresenta più. Mi sarebbe piaciuto “Rabia”, primavera in arabo, per dare un senso di rinascita. Ma poi abbiamo visto com’è andata a finire».

 

(Nella foto Massimo Giletti)