Pubblicato il 19/04/2016, 14:31 | Scritto da La Redazione

Amazon sfida Netflix – Italia’s Got Talent e la strategia del multicanale

Amazon sfida Netflix – Italia’s Got Talent e la strategia del multicanale
Il colosso di e-commerce lancia l'abbonamento ai servizi in streaming, a un euro in meno dei concorrenti. E poi Francesco Specchia su “Libero” parla del talent show di Tv8.

Amazon sfida Netflix e chiede un euro in meno

Rassegna stampa: Il Giornale, pagina 29.

Sbarco al Festival di Cannes. Il colosso di e-commerce lancia l’abbonamento ai servizi in streaming.

La concorrenza nel settore dei video in streaming si fa sempre più agguerrita. Amazon lancia la sua sfida a Netflix sui servizi. Per la prima volta offrirà questi servizi come un’opzione autonoma e per l’abbonamento mensile chiederà 8,99 dollari, uno in meno rispetto al canone richiesto da Netflix. Nato come un servizio online di noleggio dvd, Netflix è da poco diventato maggiorenne e con 70 milioni di abbonati e 190 Paesi serviti è la web-tv più popolare del mondo (proprio ieri a New York ha chiuso il primo trimestre in utile, ma i titoli sono affondati in Borsa nelle contrattazioni after hour, dove sono arrivati a perdere il 14%). Amazon invece ha scalzato Microsoft e, con 73,3 miliardi di euro di fatturato, è diventata la regina delle vendite tra i colossi di Internet. Negli Usa il colosso dell’e-commerce ha appena reso «autonoma» la sua piattaforma per lo streaming di serie tv, film e altri contenuti video «on demand» (disponibili anche da scaricare per essere guardati offline). Il servizio Prime Video di Amazon finora era incluso all’interno dell’abbonamento più costoso a Prime (99 euro l’anno), che comprende anche agevolazioni sulle consegne e sconti per gli acquisti online. Proponendolo come pacchetto a parte, Amazon si pone come concorrente diretto di Netflix, da poco disponibile a livello internazionale, Italia compresa.

Da regina globale dell’e-commerce, Amazon non ha certo fatto mistero di voler puntare anche sul mercato dei contenuti video. Per arricchire il suo catalogo, la compagnia di Seattle ha investito come Netflix in contenuti originali e ha ingaggiato registi del calibro di Ridley Scott (che ha realizzato The Man in the High Castle, la serie basata sul romanzo La svastica sul sole di Philip K. Dick) e Woody Allen, che sarà al Festival di Cannes con Café Society (in futuro Amazon produrrà anche una serie firmata dal regista di Io e Annie). Amazon si presenta a Cannes con ben cinque produzioni: in gara per la Palma d’Oro ci saranno The Neon Demon di Nicolas Winding Refn, Paterson di Jim Jarmusch e The Handmaiden di Park Chan-Wook, mentre un’altra opera di Jarmusch, il documentario Gimme Danger dedicato a Iggy Pop, sarà fuori concorso. Bob Dylan ha anche concesso ad Amazon di fare un film basato sulle sue musiche. In una recente intervista al Die Welt, il numero uno di Amazon Jeff Bezos ha affermato di voler vincere un Oscar, dopo aver conquistato i Golden Globe.

“Italia’s Got Talent”, la proficua strategia del multicanale

Rassegna stampa: Libero, pagina 27, di Francesco Specchia.

Premetto. Italia’s Got Talent non mi ha mai acceso d’entusiasmo. Ma l’ho mai ritenuto un cattivo format. Semmai un format inutile. Di solito la giuria, nonostante i nomi altisonanti non era quasi mai a fuoco (la Littizzetto pareva passata di lì per caso). E sul talento dei singoli concorrenti di solito calava, sin da subito, l’oblio. E, nonostante, qualche elemento d’internazionalità aggiunto da Sky, l’antica versione Mediaset della trasmissione, essendo voluta e caldeggiata come evoluzione genetica della Corrida, rimaneva forse quella con gli elementi più simpaticamente naif. Sicchè, quando il programma andava su SkyUno mi posi la ferale domanda: di questa montagna che partorisce l’elefante (circa 1,3 milioni a serata e il cachet di Bisio che superava i 200mila euro), Sky, nel tripudio di tutti i suoi scintillanti format, aveva davvero bisogno? No. Non ne aveva bisogno. Infatti, da quando, quest’anno, Italia’s Got Talent è passato su Tv8 ex Mtv, ma, contemporaneamente, in una mitragliata multichannel, anche su Cielo e SkyUno, e ondemand, be’, le cose sono cambiate. Non per il contenuto, intendiamoci.

Ci sono sempre i fenomeni: il ballerino di break dance con la pancia, che fluttua nell’aria e strappa la standing ovation, il virtuoso pianista jazz cieco, la crew di giovani danzatori tra i 9 e i 12 anni vestiti da nerd, ecc. E ci sono sempre i freaks, che qui è inutile elencare. E il montaggio è sempre assai curato, con una regia che sfruculia nel backstage senza – vivaddio – soffermarsi, come accadeva a Mediaset, sulle microgonne di Belén. E sono sempre presenti i giurati Claudio Bisio, Luciana Littizzetto, Nina Zilli e Frank Matano che quando approva un talento ha «i brividi al capezzolo». Un buon proposito acchiappagiovani è l’inserimento di Lodovica Comello. Il contenuto del programma dunque è lo stesso. Cambia, però, l’ascolto. Dal 3,3% dell’esordio, s’è toccato un picco di 5,8%. Nell’ultima puntata la share tra il pubblico di 15-54 anni è stata del 10,52%, con un picco alle 23.08 del 14,08%. Non ho indagato sull’ultimo picco, perché potrei scoprire cose invereconde. Indubbio che, con tali numeri, Italia’s Got Talent se la batta ora quasi alla pari con storici programmi delle grandi generaliste (Rete4, o Rai 3). Certo, bisogna poi vedere il rapporto costi-benefici. E non resta il mio show preferito, diciamo. Ma i dati sono dati…

 

(Nella foto il cast di Italia’s Got Talent)