Pubblicato il 13/04/2016, 14:35 | Scritto da Gabriele Gambini

Intervista a Davide Paganini, il cecchino di Fuoco Amico

Intervista a Davide Paganini, il cecchino di Fuoco Amico
Torna oggi in prima serata su Canale 5 la fiction ad ambientazione militare, con Raoul Bova e Megan Montaner. TvZoom ha incontrato l'attore, che ha raccontato aneddoti sulla produzione e prospettive di carriera.

L’attore, discendente dalla famiglia del violinista Niccolò Paganini, del suo ruolo dice: “Mi sono ispirato al Bradley Cooper di ‘American Sniper'”.

 

 

Del suo celebre avo, il violinista Niccolò, si usava dire: Paganini non ripete. Lui, invece, che di nome fa Davide, ripete, eccome. Anche perché di professione fa l’attore, mestiere in cui l’arte dell’improvvisazione si fonde a un preciso dettato autoriale. Ma se oggi lo vediamo nei panni del cecchino Paolo Visentin, a fianco di Raoul Bova e Megan Montaner, nella fiction Fuoco Amico-TF 45 (ogni mercoledì in prima serata su Canale 5), al cinema col film WAX: We are the X e, in passato, in numerose produzioni italiane (Bentornato Nero Wolfe, Il tredicesimo Apostolo) è solo perché ha preferito esibirsi davanti alla macchina da presa piuttosto che sui campi da tennis. Abbandonando di punto in bianco una carriera da agonista della racchetta.

Così l’Italia ha perduto un nuovo Fognini ma ha guadagnato un attore.

Nel tennis sono arrivato a livello nazionale under 16. Mi piace raccontare di aver interrotto la carriera sportiva perché ho avuto, come si dice, “la vocazione per l’arte”. Ma la chiamata era a carico del destinatario (ride, ndr).

Come è arrivata la “chiamata”?

Da tennista agonista, mi allenavo 6 ore al giorno. C’erano i tornei, le preparazioni. Mi ero rotto le scatole. Inoltre, alle superiori, c’era un’insegnante di lettere che sottolineava sempre quanto amassi mettermi in mostra durante le interrogazioni. “Paganini, per te l’orale diventa uno show, ti senti proiettato su un palco”, diceva. La presi in parola. Mi sono imbattuto in un manifesto che reclamizzava un laboratorio tetrale e, con un po’ di vergogna, ho appuntato il numero di telefono.

Tra parentesi, i geni artistici fanno parte del suo cognome.

Ah, nessun cognome è casuale (ride, ndr). Il mio, arriva proprio dalla parentela con Niccolò.

Il mestiere di attore le dà quello che il tennis non riusciva a darle?

Facendo l’attore interpreti molte vite, ti diverti anche se devi studiare molto. Non stai salvando il mondo, ma puoi entrare in empatia col pubblico e, se ami davvero quello che fai, la sofferenza non prende mai il sopravvento.

In queste settimane la vediamo nel ruolo del cecchino della fiction Fuoco Amico-TF 45, su Canale 5.

Il mio personaggio è una simpatica testa calda. Un garibaldino post litteram. Non ha un carattere facile, entra in conflitto col capitano e la truppa per imporre il suo pensiero. Ma ha un grande cuore, sa smussare gli angoli della sua personalità anche grazie a una storia d’amore vissuta con la dottoressa del gruppo.

La fiction è di ambientazione militare e il ruolo del cecchino rimanda al Bradley Cooper di American Sniper.

Il parallelismo è immediato. Ho visto molte volte American Sniper e ho pensato spesso a Bradley Cooper per impostare i tratti del mio ruolo.

Parlare di soldati in un momento storico come questo è complicato. Bisogna muoversi coi piedi di piombo per evitare retorica o prese di posizione partigiane.

Dietro a Fuoco Amico c’è un messaggio preciso, che emerge di puntata in puntata. La fiction, anche grazie all’ottimo regista Beniamino Catena e a tutti gli interpreti, racconta l’umanità degli uomini sotto alle divise. Persone piene di difetti, come tutti, ma con grande senso di responsabilità e coraggio nel mettersi in gioco. Proprio attorno al dualismo tra gli aspetti più rigidi della vita del soldato e i sentimenti schietti, ruota la sceneggiatura.

Come si è trovato con gli attori?

Sul set, era come andare a una gita di terza media. La coesione era palpabile, lo dico senza piaggeria. Bova è un collega eccezionale, in lui non c’è ombra di divismo.

Però per ricreare scene di battaglia, sono stati usati droni, tecnologie avanzate. Non deve essere stato facile.

Tante scene sono state girate più volte, con droni e telecamere speciali, per approfondire al meglio i piani dell’azione. Ricordo con affetto una scena girata in Sardegna, durata un’intera settimana. Si trattava della ricostruzione di una battaglia in Afghanistan. Avevamo a disposizione dieci mezzi Lince dell’Esercito Italiano. Giravamo non molto distanti dalla compagnia di militari veri, di stanza a Cagliari. Tra loro c’era un gruppo di assaltatori. Quando mi hanno visto con la divisa, a riprese terminate, sono rimasti sorpresi, un po’ anche incazzati. Alla fine, l’ufficiale consulente che era con noi sul set, mi ha riferito che mi avevano scambiato per un vero assaltatore di Livorno. Tutto sommato, nella parte mi ero calato bene!

Oltre a Fuoco Amico, è nelle sale cinematografiche con WAX: We are the X.

Una commistione di generi. Un po’ commedia on the road, un po’ thriller, un po’ nouvelle vague. Dietro a tutto, la voglia di raccontare il vissuto di sofferenza quando si passa da uno stato di frustrazione a uno di soddisfazione. La leva narrativa parte da un gruppo di ragazzi mandati in Costa Azzurra per realizzare uno spot pubblicitario. Tra conflitti generazionali, una spassosa rivalità tra italiani e francesi e un classico menage a trois, è stato creato un contrappunto ironico al mestiere di attore trentenne giorno d’oggi.

Mestiere d’attore che vorrebbe la conducesse? Dove?

Per fare l’attore, oltre al talento e allo studio, conta il cu.o. Dunque spero di poter continuare a divertirmi come è capitato fino a oggi. Certo, potendo sognare a occhi aperti, le mie serie preferite sono Breaking Bad e Dexter...

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Davide Paganini)