Pubblicato il 30/12/2015, 18:33 | Scritto da Gabriele Gambini

Federico Taddia: “Con ‘Big Bang!’ insegniamo a essere curiosi. La chiusura di ‘Nautilus’? Non mi hanno dato spiegazioni”

È tornata la divulgazione di Federico Taddia, che col suo Big Bang! (ogni lunedì alle 21 su DeAKids e su Sky 3D) ha esplorato più mondi di Cristoforo Colombo. Dopo, tra gli altri, l’astronomia, lo sport, l’antichità, la matematica, è il turno della musica: sei artisti italiani (Malika Ayane, Albertino, Frankie hi-nrg mc , Nina Zilli, Giovanni Allevi e Omar Pedrini) si sono messi a disposizione dell’autore e conduttore, hanno raccontato i tratti distintivi dei loro generi musicali avvalendosi di animazioni ad hoc e di un impianto narrativo consolidato, che consente di spiegare argomenti complessi con la semplificazione del linguaggio per immagini. «La sfida è sempre la stessa», precisa Taddia, «avvicinare i ragazzi a tematiche articolate divertendoli, instillando loro il gusto di porsi delle domande. Il meccanismo incuriosisce anche gli adulti».

La musica è forse l’argomento più pop e ad ampio raggio trattato nel corso delle edizioni di Big Bang!.

Anche Margherita Hack e l’astronomia avevano aspetti pop. Non scordando l’edizione dedicata alle Olimpiadi. La musica ci ha consentito un ulteriore passo di contaminazione argomentativa, facendo divulgazione attraverso volti noti e riconoscibili dal mondo dei più giovani, raccontando ciò che sono davvero, cioè non soltanto delle voci radiofoniche o dei personaggi con cui scattare un selfie.

Avete puntato su un meccanismo narrativo che divide le puntate per generi musicali.

Ci è sembrata la scelta più efficace. Ci siamo chiesti se farlo partendo da un ordine cronologico, attraverso periodi storici precisi, poi abbiamo visto come la suddivisione per generi risultasse la più chiara e semplice. Ogni artista ha raccontato come nasce e si crea il proprio stile musicale d’appartenenza, attraverso esperienze personali, sfatando alcuni luoghi comuni. Il tutto, fornendo piccole nozioni in un contesto di immagini d’animazione, come sempre accade in Big Bang!.

La contaminazione tra argomenti apparentementi alti e linguaggi espostivi accessibili è il segreto del successo di Big Bang!?

Il segreto della formula sta nell’insegnare ai ragazzi a porsi delle domande. Big Bang! non pretende di spiegare massimi sistemi, si limita a lanciare dei sassolini nello stagno. A poco a poco, possono servire da punto di partenza per approfondimenti e rielaborazioni personali.

Se però un argomento sulle prime risulta “difficile”, c’è il rischio che l’attenzione si disperda, nonostante le puntate siano brevi ed efficaci.

Dire ai ragazzi che si sta trattando un argomento complesso è un espediente utilissimo per intrigarli. I più giovani non amano essere presi in giro, sono in grado di capire in che modi ti stai approcciando a loro. L’essenziale è saper bilanciare gli esempi fornendo spiegazioni pratiche, una buona dose di ironia e leggerezza e molte immagini, mai didascaliche, da affiancare alle parole.

Di tutte le puntate che vedremo, qualcuna l’ha incuriosita personalmente più di altre?

Tutte, ognuna per un motivo diverso. Da Albertino, che ha raccontato i suoi esordi con le musicassette. Frankie Hi-nrg che ha scoperto il rap ascoltando le radio americane nel paese dove era nato, in cui c’era una base militare statunitense. Nina Zilli che ha deciso di intraprendere la sua carriera il giorno in cui ha visto The Committment, e Omar Pedrini quando ha scoperto che il rock non è solo ribellione e rabbia, ma un modo per fornire messaggi precisi.

In una puntata, avete mostrato un’animazione con protagonisti dei pupazzetti che scimmiottavano i Beatles. Saranno stati contenti i genitori dei ragazzi.

È un modo per strizzare l’occhio all’immedesimazione del pubblico anche adulto. Vale anche per gli argomenti: penso alla puntata in cui Malika ha spiegato la genesi di un pezzo pop, l’uso delle strofe, dei ritornelli, dello special.

Sta già elaborando idee per le prossime edizioni?

Due idee mi stuzzicano più di altre. La prima riguarderebbe un viaggio scientifico focalizzato sui misteri del centro della Terra. Si parla spesso di viaggi spaziali, si tende a puntare l’occhio della divulgazione verso l’alto, verso il cielo, ma anche volgerlo verso il basso fornirebbe spunti particolari, come la biologia, le fonti energetiche, la formazione terrestre.

La seconda idea?

Sarebbe la più complessa, specie in un momento storico come questo. Uno speciale Big Bang! sulla storia delle religioni. Le religioni organizzate hanno grandi trame alle loro spalle, una genesi storica ricca, moltissimi spunti da offrire. Qualcosa di simile a ciò che abbiano fatto quando abbiamo parlato di antichità, ma con una valenza simbolica sulla contemporaneità.

In questo modo potrebbe condensare anche alcune idee che stava elaborando per Nautilus ma che, con la sua improvvisa chiusura, non sono state sviluppate.

La chiusura di Nautilus da parte della Rai mi ha sorpreso. La decisione non è stata ancora motivata. Mi hanno comunicato la scelta a giochi fatti, senza darmi ulteriori informazioni. Peccato. Era un bel progetto, costava pochissimo, lo sentivo come una mia creatura. C’era un buon ritorno d’interesse e si faceva davvero servizio pubblico in una nicchia importante come Rai Scuola.

I motivi potrebbero essere legati a una ridefinizione dei budget in vista dei rinnovamenti Rai?

Ora come ora, Nautilus è stato sostituito da un contenitore simile per argomenti, ma diverso per impostazione: non c’è una conduzione, non c’è quel meccanismo di empatia e immediatezza che io ho sempre considerato essenziale per una divulgazione accattivante. Non credo si tratti di budget. Forse qualcosa mi è sfuggito.

L’idea di riproporre Nautilus, magari in contesti diversi, la stimolerebbe?

Certo, credo ci sia sempre bisogno di una buona narrativa sulla scienza in tv.

Nel frattempo non mancano gli appuntamenti radiofonici: domani, su Radio 24, andrà in onda una nuova puntata di Terra in Vista, in cui sarà come sempre affiancato dal filosofo della scienza Telmo Pievani.

Dopo la puntata natalizia, intitolata Il Natale spiegato a mio figlio, domani sarà il turno de il 2016 spiegato a mio figlio. Interverrà il direttore di Topolino, raccontando cose molto interessanti, che si aggiungeranno alle altre informazioni. Il sottotitolo “Spiegato a mio figlio” racchiude il senso del programma: fare divulgazione culturale incuriosendo gli adulti, partendo da domande e utilizzando modalità care ai più piccoli.

Con Terra in Vista in estate avete raccontato Expo. Se ne è fatto un’idea precisa?

Difficile dire che cosa sia stato Expo. Di certo è stato moltissime cose. Un po’ Gardaland, con l’Albero della Vita, un po’ momento di profonda riflessione, con convegni che hanno coinvolto alcune delle menti più brillanti della nostra epoca. La gente ha imparato a fare le code e, guarda un po’, persino a rispettarle (ride, nda). Molti contenuti messi a punto dalla Fondazione Feltrinelli dietro alla Carta di Milano sono stati di qualità elevatissima.

Una pecca?

Forse l’essere finito proprio nel momento in cui stava iniziando a funzionare davvero, dopo la titubanza iniziale. E il non aver sempre saputo raggiungere un ampio target quando sono stati affrontati argomenti complessi.

Nel frattempo, continua i suoi appuntamenti radiofonici anche con L’Altra Europa.

Lì, la sfida è andare a cercare situazioni poco note e peculiari di creatività europea. Capire come vengono utilizzati i fondi europei a disposizione per iniziative imprenditoriali e culturali. Chi fa cosa e come. In ogni puntata, scopriamo collaborazioni atipiche tra enti che mettono in circolo buone idee e danno una boccata d’ossigeno a quest’era tanto discussa.

Progetti di Federico Taddia per il 2016?

Oltre a quanto detto, tornerò con L’erba del vicino, condotto da Beppe Severgnini su Rai3, nella veste di autore. La prima edizione è andata bene, il programma è cucito su misura per Severgnini, da sempre molto bravo a trasformare domande apparentemente banali in confronti antopologici curiosi. Attraverso un meccanismo di finti conflitti abbiamo innescato interessanti parallelismi tra l’Italia e altre nazioni, sfatando qualche luogo comune duro a morire sul nostro Paese.

Autore e conduttore, mestieri diversi, non rischiano di sovrapporsi?

Col tempo ho imparato a tenere alti i confini tra i due ruoli, adattandomi a tempistiche e metodi. Del resto, saper essere camaleontici è una prerogativa di chi si sforza di fare comunicazione.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Federico Taddia)