Pubblicato il 25/12/2015, 12:31 | Scritto da La Redazione

Rassegna Stampa – Dalla fame alle abbuffate: un ripasso è cosa buona

Rassegna Stampa: Il Venerdì di Repubblica, pagina 68, di Lara Crinò

 

Dalla fame alle abbuffate: un ripasso è cosa buona

Su History Channel arriva De Gustibus, viaggio socio-gastronomico dello storico inglese John Dickie. Dall’ Impero romano ai «lussi» della Grande guerra.

 

I gladiatori del Colosseo? Praticamente vegetariani: non valeva la pena di far mangiare carne a chi avrebbe avuto vita così breve. La pizza? Un cibo nato nei vicoli che i borghesi di Napoli, inclusa la celebre giornalista Matilde Serao, guardavano con disgusto. Se la storia della gastronomia italiana riempie un’ enciclopedia, c’ è chi non si spaventa di ripercorrerla per svelarne aspetti curiosi e sfatarne i miti. Lo storico britannico John Dickie, già autore del volume Con Gusto. Storia degli italiani a tavola edito da Laterza, ne racconta la saporita epopea in un documentario in sei puntate, De Gustibus, in onda dal primo gennaio 2016 il venerdì alle 22 su History Channel. Un viaggio dalle tabernae romane alle cucine dei Papi, dalle tavole del Rinascimento all’autarchico risotto vagheggiato da Mussolini, che è anche un itinerario nella nostra identità.

Cresciuto in Scozia («fino a 18 anni non ho assaggiato né l’ olio d’ oliva né l’ aceto di vino» dice divertito in un italiano perfetto) Dickie oggi conosce benissimo l’ Italia e le sue cucine. «Cucine» rigorosamente al plurale perché, sposando la tesi di studiosi come Gianni Rebola, considera lo sviluppo della cultura alimentare intessuto a quello dei centri cittadini. «Quando visitai l’ Italia per la prima volta, negli anni 80, mi stupì quanto fosse lontana dall’ immagine che circolava all’ estero: eravate visti come un Paese di contadini e gondolieri. Anche nella vostra autorappresentazione c’ è l’ idea della ruralità come “vero” dna gastronomico italiano. La ricchezza di gusti e sapori, invece, deriva dal fatto che ogni città sviluppò una grammatica alimentare autonoma, legata all’ entroterra agricolo ma anche ai commerci. Verdure e spezie “locali” hanno origini lontane, mentre fin dai tempi dei romani il grano viene in gran parte importato». E proprio dall’ antica Roma parte De Gustibus, che in ogni puntata coinvolge personaggi noti, come lo chef Fulvio Pierangelini. La prima serata è dedicata ai lottatori dell’ arena, ai nobili e ai popolani dell’ Impero, le altre seguono un binario cronologico e e tematico. Si parla di religione e cucina, dalla tavola vaticana ai manicaretti del Ghetto romano.

Si affronta il legame tra cibo e potere, evocando le corti rinascimentali ma anche la demagogia con cui il fascismo voleva rendere autarchici i pasti italiani. E si arriva alla Prima guerra mondiale, alle trincee dove i soldati cresciuti in campagna mangiavano a volte più che a casa.

«Il fronte è ancora disseminato di scatolette di quella carne che i coscritti consideravano una prelibatezza» dice Dickie ricordando le riprese sull’ altopiano di Asiago. Se infatti De Gustibus mostra come ci siamo abbuffati nei secoli, non dimentica il controcanto. Fino al boom degli anni Sessanta per molti italiani il problema è stato soltanto uno: come placare i morsi della fame.