“Boss in incognito”: la forza di un format a prescindere da chi lo conduce
L’anno scorso Boss in Incognito aveva debuttato il 23 dicembre nella sua seconda edizione con Costantino della Gherardesca alla conduzione, registrando il 9,59% di share media con 2,470 milioni di spettatori. Ieri sera, invece, Rai 2 ha portato in onda la terza stagione, ma con un cambio sostanziale, mettendo Flavio Insinna (leggi qui) a narrare le storie al centro del programma. Il risultato è stato molto simile: 9,15% con 2,320 milioni di italiani collegati, con picchi del 12% di share e 2,9 milioni di contatti. Questo significa una cosa sola: il format è forte a prescindere da chi timona. La scrittura del canovaccio, il montaggio e la scelta delle storie sono gli ingredienti principali, poi il conduttore è un accessorio a disposizione dello storytelling.
Non ci sono due talent così differenti come Costantino, cool e fortemente vocato a un pubblico giovane, e Insinna, nazionalpopolare, amato dal pubblico anziano di Rai 1 ipnotizzato dai pacchi di Affari Tuoi. Entrambi bravi, sia chiaro. Eppure, cambiando così tanto la personalità e le caratteristiche del conduttore, Boss in incognito non perde pubblico. Un applauso quindi a Endemol e Rai 2 che hanno ragionato esclusivamente sul prodotto, dinamica non comune nella tv generalista e soprattutto in Rai, dove ancora la dipendenza dai volti televisivi (e dai loro implacabili manager) è molto forte. E molto anacronistica.
(Nella foto Flavio Insinna in Boss in incognito)