Pubblicato il 20/11/2015, 13:35 | Scritto da La Redazione

Michele Santoro snellisce la sua squadra – Mara Maionchi e i ragazzi di 60 anni fa

Michele Santoro snellisce la sua squadra – Mara Maionchi e i ragazzi di 60 anni fa
La società di produzione del conduttore, Zerostudio's, passa da 24 a meno di 10 giornalisti. Avanti sulle docu-fiction. Non decolla il progetto per la tv del “Fatto Quotidiano”. E poi le parolacce della discografica fanno gridare alla genialità sui social.

Rassegna stampa: Italia Oggi, pagina 21, Claudio Plazzotta.

Santoro snellisce la squadra

La società di produzione del conduttore, Zerostudio’s, passa da 24 a meno di 10 giornalisti. Avanti sulle docu-fiction. Non decolla il progetto per la tv del “Fatto Quotidiano”.

Ma che fine ha fatto Michele Santoro? E la sua casa di produzione Zerostudio’s srl? In effetti, dopo la conclusione dal rapporto con La7 nel giugno 2015, c’erano parecchie aspettative sui futuri destini del celebre conduttore giornalista. Per ora, tuttavia, non è accaduto molto. La società di produzione, dove alla fine del 2014 lavorava una squadra di 24 giornalisti, è stata parecchio snellita, e al momento vi collaborano meno di dieci redattori, tra cui Giulia Innocenzi e pochi altri. I progetti a cui Santoro e co. stanno lavorando sono sostanzialmente tre: una docu-fiction lunga e di approfondimento; una docufiction più veloce e legata alla attualità; contenuti per alimentare il sito di Servizio Pubblico, che va avanti (con molto materiale di repertorio) nonostante la fine della trasmissione tv. Non è mai decollato, invece, il progetto di fornire un flusso continuativo di contenuti alla tv del Fatto quotidiano, che è socio della Zerostudio’s srl al 30,075%, e che vede Cinzia Monteverdi, azionista e amministratore delegato del Fatto quotidiano, come presidente della casa di produzione.

Il problema di Zerostudio’s srl, tuttavia, è che i vari progetti di docufiction, finora, non hanno un committente sicuro con contratti firmati. «Stiamo lavorando ad alcuni progetti, ma non voglio dire nulla né commentare», sottolinea a ItaliaOggi il presidente Monteverdi. Si suppone che uno sbocco naturale per Santoro possa essere la Rai, anche perché a viale Mazzini troverebbe una sicura sponda nel consigliere di amministrazione Carlo Freccero, e un ammiratore nel direttore generale Antonio Campo Dall’Orto. Ma, come si diceva, di certezze non ve ne sono. Ed è anche per questo che alcuni validi giornalisti della squadra di Santoro hanno preferito accettare offerte da altre parti e mollare la scialuppa. Zerostudio’s srl è controllata al 33,417% dallo stesso Santoro, al 33,417% dalla moglie Sanja Podgajski, al 3,090% da Maria Fibbi e, come detto, al 30,075% dalla Editoriale Il Fatto.

Dopo i 12,4 milioni di ricavi e 1,4 mln di utili nel 2013, nel 2014 la società aveva visto contrarsi parecchio sia i ricavi, pari a 9,9 mln, sia gli utili, di appena 116mila euro. I primi sei mesi del 2015 si sono chiusi con ricavi attorno ai sei milioni di euro. Ma, essendo venuto meno il contratto con La7, non era ovviamente più possibile conservare una struttura pesante con 24 giornalisti e 14 impiegati di produzione, nonostante un bilancio sano e con zero indebitamento col sistema bancario. Come spiegano gli stessi amministratori di Zerostudio’s in chiosa al bilancio di esercizio 2014, «nel corso del 2015 e negli anni a seguire siamo impegnati a far sì che Zerostudio’s consolidi i suoi risultati, cercando di rinnovare e diversificare i format prodotti anche alla luce delle potenzialità uniche esistenti all’interno della società, in termini di risorse umane (direzione e autori), e alla luce del nuovo scenario che impone cambiamenti innovativi». Ed è proprio quello che stanno tentando di fare.

 

Rassegna stampa: Sette, pagina 118, di Paolo Martini.

Mara e i ragazzi di 60 anni fa

Le parolacce di nonna Maionchi fanno gridare alla genialità sui social. E riaprono una vecchia questione pasoliniana.

È dalla prima fulminante apparizione come giudice di X Factor che Mara Maionchi, come ripete lei, «non riesce a trattenersi dal dire parolacce». E anche quest’anno, tra un Xtra-Factor e l’altro, con l’aggiunta della partecipazione a una rubrica giornalistica radiofonica pressoché quotidiana, che risuona dalle 19 anche tra gli scaffali di una nota catena di supermercati, ecco che una litania maionchiana di variazioni a tema del c.z.. accompagna le migliori sere della nostra vita. Per tanto o per poco che sia, nell’Italietta “virale” dei social-media sembra che sia lei la nonna più amata. «Il web si è inchinato ancora una volta alla genialità e alla simpatia di Mara Maionchi», recita come un cinegiornale Luce degli anni d’oro, il sito spettacolier-gossiparo funweek.it. «Un ragazzo, per esempio, ha cinguettato: “Dovremmo consegnare le chiavi del mondo a Mara Maionchi. #XF9”, una ragazza, invece, vorrebbe vedere la Maionchi come Presidente della Repubblica…», ecc.

Anche queste sono soddisfazioni, no? Il fatto è che, si noti bene, la nostra arguta ex manager discografica, bolognese di nascita e di formazione, della classe di ferro 1941, ha inaugurato questa sua nuova vita mediatica negli anni Dieci, quand’era ormai settantenne. Non si sa bene quale genio scova-talenti l’abbia trasformata in personaggio pubblico, ma non c’è voluto molto, perché, bisogna ammetterlo, in fondo la Maionchi ha tutte le caratteristiche giuste per sfondare sul palcoscenico iper-mediatico di oggi. Vestire i panni della nonnina tutta parolacce, in fondo, è stata solo una scorciatoia. In questo mondo notturno di hashtag e televisione c’è persino chi, come Il solito Elio, prova a distinguersi mescolando addirittura Dante al c.z.. in questione, ma la nostra nonna terribile no: lei vola basso, intenzionalmente, e fa bene. Le menti che governano la televisione trovano che a Xtra-Factor o in un talent di Maria De Filippi, la Maionchi calzi a pennello: per dirla con una battuta, Mara è anche la garanzia che ci sia maretta a margine dello spettacolo.

Fa invece sempre una certa impressione ascoltarla turpiloquiare gracchiando sui piccoli e grandi fatti del giorno, e non per moralismo o presunzioni di superiorità professionali da giornalisti. Sono passati sessant’anni dal processo per oscenità a Pier Paolo Pasolini dopo la pubblicazione di Ragazzi di vita e ancora risuonano le parole di un’altra singolare voce televisiva di poco fa, quella del poeta Giuseppe Ungaretti, che non potendo testimoniare in tribunale mandò una lettera ai giudici dove si legge: «Le parole messe in bocca a quei ragazzi, sono le parole che sono soliti usare e sarebbe stato, mi pare, offendere la verità, farli parlare come cicisbei». È vero, siamo ormai in una sorta di mondo al rovescio, che assomiglia proprio a quello paventato da PPP, quando s’impancava a critico feroce della degenerazione piccolo-borghese e della massificazione televisiva. Ma ancora oggi è difficile credere che sarebbe un’offesa alla realtà sentir parlare in modo meno triviale, seppur in una trasmissione che si vuole rivolgere agli spettatori giovani, un’ex ragazza della Milano discografica che fu.

 

(Nella foto Michele Santoro)