Pubblicato il 17/11/2015, 13:31 | Scritto da La Redazione

Aldo Grasso: “I talk? Luoghi d’improvvisazione emotiva, serve un salto culturale” – Bambini e misteri ora è il cinema la sfida di Sky

Aldo Grasso: “I talk? Luoghi d’improvvisazione emotiva, serve un salto culturale” – Bambini e misteri ora è il cinema la sfida di Sky
Il critico televisivo del “Corriere della sera” lancia un appello per riformare il genere, alla luce degli ultimi giorni. E poi il noir “In fondo al bosco” di Stefano Lodovichi i è il primo film della pay tv distribuito in sala.

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 55, di Aldo Grasso.

I talk? Luoghi di improvvisazione emotiva, serve un salto culturale

Era inevitabile. Era inevitabile che i talk domenicali spingessero la loro attenzione sui tragici fatti di Parigi. I talk sono fatti così: un vorticare di opinioni, spesso fragili, opportuniste, inconcludenti. Non importa chi dirige il traffico, si chiami Lucia, Massimo, Pierluigi o Barbara. Momenti come questi chiederebbero un salto culturale che i talk, strutturalmente, non sono in grado di compiere e così lo spettatore viene preso in un gorgo di giudizi campati in aria, di improvvisazioni emotive, di miseri calcoli partitici. La fortuna del genere si regge su un curioso equivoco: la chiacchiera non è mai in grado di chiamare le cose con il loro nome e, di conseguenza, tutti possono dire la loro. Il talk ha altre attenzioni terapeutiche: sbandierare finte esclusive con i genitori della povera ragazza veneziana, commuoversi per il pianista che per strada suona Imagine di John Lennon, canticchiare la Marsigliese, insomma per un giorno sentirsi dalla parte dell’Indignazione, quasi per esorcizzare il Male, per non vedere che i terroristi sono cresciuti fra noi, che la nostra civiltà è esausta (come predicava Emile Cioran), a portata dei barbari.

La ministra Stefania Giannini ha diramato un comunicato perché i professori spieghino agli alunni cosa è successo a Parigi: «Il nostro patrimonio di valori può essere difeso solo se le nuove generazioni sono aiutate a uscire dall’indifferenza. Non possiamo cambiare “canale” davanti a queste immagini di morte. Dobbiamo parlarne con i nostri studenti e aiutarli a capire che c’è e ci potrà sempre essere un principio di ricostruzione della nostra identità in cui credere». Cambiare canale? Ma i professori sono in grado di spiegare ai ragazzi che siamo in guerra, che in tv dicono «terrore», ma omettono l’aggettivo «islamista», che il jihadismo è cultura di morte? La scuola, a differenza dei talk, dovrebbe insegnare a non negare l’evidenza. Temo non sia così, temo l’inevitabile.

 

Rassegna stampa: La Repubblica, pagina 57, di Arianna Finos.

Bambini e misteri ora è il cinema la sfida di Sky

Il noir “In fondo al bosco” di Stefano Ludovichi i è il primo film della pay tv distribuito in sala.

Al thriller In fondo al bosco del giovane Stefano Lodovichi è affidato lo sbarco in sala di Sky. Il regista 32enne firma la prima produzione pensata per il cinema che, esce giovedì. Ambientata in Val di Fassa, tra i paesaggi splendidi del Trentino, la storia prende ispirazione dalla notte dei Krampus, quando gli abitanti di Croce di Fassa sfilano vestiti da diavoli e leggenda vuole che i bambini cattivi possano essere rapiti. Quella notte sparisce Tommi, 4 anni, il padre alcolizzato (Filippo Nigro) viene sospettato e arrestato, condannato alla gogna mediatica e poi scagionato per mancanza di prove. Cinque anni dopo viene ritrovato un bambino che il dna conferma essere Tommi, ma che la madre (Camilla Filippi) non riconosce e che alcuni abitanti del villaggio ritengono una presenza maligna. Attraverso una serie di flashback si svelerà una terribile verità che poco ha a che fare col soprannaturale.

«L’idea», spiega Lodovichi , «è nata quattro anni fa, durante i sopralluoghi a Bolzano per il mio primo film, Aquadro. Ero ospite di un amico la cui madre aveva curato una mostra sui Krampus e che ci ha spiegato quanto la leggenda sia famosa in Alto Adige e Trentino, dove abbiamo girato. Siamo partiti dalla maschera, dal concetto di cosa può nascondersi dietro una maschera. E abbiamo capito che la cornice giusta della storia era quella Filippo Nigro e Teo Achille Caprio in una scena di In fondo al bosco del thriller». Il passo successivo è stato legare il genere alla cronaca, «ci siamo concentrati sulla famiglia. Su quanto una famiglia possa essere distrutta dalla scomparsa di un figlio e cosa può succedere se questo bambino ricompare». Guardando il film tornano in mente tanti fatti di cronaca, delitti maturati nel mistero della provincia, il caso del piccolo Samuele a Cogne.

«Non ci siamo ispirati a fatti di cronaca specifici, ma volevamo raccontare l’ambiguità del reale, molto più terrificante di qualunque horror. Il fatto che il mostro possa essere una persona. Per questo era importante creare personaggi a cui il pubblico potesse affezionarsi». Alti i modelli cinematografici di riferimento: «Ci siamo ispirati a grandi film che raccontano la scomparsa: L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski. O Antichrist di Lars von Trier, con la sua natura maligna, mi ha ispirato per regalare ai paesaggi un’atmosfera inquietante». A giudicare il risultato sarà un pubblico doppio: prima quello della sala e poi quello di Sky: «In fondo al bosco è un thriller pop, per un pubblico ampio, non solo quello di genere. Spettatori esigenti, che scelgono di andare in sala. Ma anche di cambiare canale, abituati a kolossal, opere d’autore e serie televisive che oggi rappresentano per me l’upgrade del cinema, grazie alla durata e alla possibilità di sviluppare personaggi capaci di far innamorare il pubblico. La nostra scommessa è stata riuscirci in un’ora e mezza di film», conclude Lodovichi.

 

(Nella foto un momento de L’Arena)