Pubblicato il 05/10/2015, 13:32 | Scritto da La Redazione

RayWay, Ei Towers, Inwit perché le torri valgono oro – È l’ora del Tribunale per Fabio&Mingo e “Striscia la Notizia”

RayWay, Ei Towers, Inwit perché le torri valgono oro – È l’ora del Tribunale per Fabio&Mingo e “Striscia la Notizia”
Continuano le mosse sullo scacchiere delle emissioni, in attesa che Telecom decida il suo futuro. Mentre parte il primo round giudiziario tra gli ex inviati e Antonio Ricci.

Rassegna stampa: Affari&Finanza, pagina 15, di Sara Bennewitz.

RayWay, Ei Towers, Inwit perché le torri valgono oro

Una volta ufficializzato il futuro compratore della controllata di Telecom, per gli altri due operatori tricolori sarà più facile sedersi attorno a un tavolo e capire se è il caso di unire le forze contro Cellnex, o abbandonare la partita.

Secondo uno studio di Equita, Inwit vale 33,6 volte i profitti attesi per il 2015, Ei Towers 38 volte, e Ray Way 33 volte. I motivi di questo boom sono due: per prima cosa in tempi di tassi bassi, il mercato è a caccia di rendimenti e queste aziende possono pagare ricchi dividendi (hanno flussi di cassa stabili e spesso in crescita); in secondo luogo le valutazioni sono stellari perché per aumentare i margini il settore si sta consolidando, quindi in attesa che prede e predatori trovino la giusta combinazione, i titoli hanno già preso il volo. Le torri nei principali Paesi del mondo, a cominciare dagli Usa, hanno il vantaggio di essere un’infrastruttura non regolata le cui tariffe si basano su contratti tra privati a lungo termine, il che ha il pregio di creare facili sinergie, convogliando su una stessa antenna più tecnologie differenti. Gli operatori si fondono insieme perché unendo le forze i ricavi si sommano senza cannibalizzarsi, e i costi si riducono, spegnendo più torri possibili, e trasferendo su altre già esistenti, le tecnologie delle torri non più strategiche.

L’Italia è poi l’eldorado delle antenne, perché è il Paese con la regolamentazione più stringente al mondo in materia di emissioni elettromagnetiche (e quindi ha spazi di crescita per adeguarsi agli standard Ue). Pertanto comprare in Italia, soprattutto infrastrutture telefoniche dato il boom dei dati in mobilità, è due volte conveniente. E la spagnola Cellnex, che ha già rilevato le torri di Atlantia e quelle di Wind, è il candidato ideale per guidare il valzer dell’M&A tricolore per tanti buon motivi. Il primo è che il gruppo nato da una costola di Abertis (che controlla il 34 per cento della società) e che ha iniziato a diversificare nel settore acquistando le torri di Telefonica, non ha come socio né un gruppo di telefonia, né uno televisivo. Il secondo motivo è che l’azienda si è quotata a giugno e ha 3 miliardi di risorse da investire, ha raccolto con un bond altri 600 milioni, e potrebbe indebitarsi ulteriormente per eventuali acquisizioni.

Infine per Cellnex, che ha dichiarato in collocamento che preferisce crescere per linee esterne piuttosto che pagare dividendi, l’Italia è strategica. Non a caso il gruppo spagnolo vale in Borsa 16,5 volte l’ev/ebitda 2015 (l’11 per cento in più della media europea): il mercato scommette infatti che sarà il predatore di tante torri nel Vecchio continente a iniziare da Inwit. La controllante Telecom ha infatti dichiarato di essere interessata a valutare offerte per il suo 60 per cento di Inwit, e così il titolo è volato a una valutazione di 18,5 volte l’ev/ebitda (il 31 per cento in più della media europea). Il processo formale di vendita del pacchetto di controllo di Inwit non è ancora partito, e fonti vicine a Cellnex riferiscono di non aver ancora esaminato il dossier, ma sia i rivali dei due gruppi che gli esperti, tutti sono convinti che le due aziende, che insieme creerebbero fino a I miliardo di sinergie, si sposeranno in tempi brevi.

Una volta che sarà ufficializzato il futuro compratore di Inwit, per gli altri due operatori tricolori sarà più facile sedersi attorno a un tavolo e capire se è il caso di unire le forze contro Cellnex, o finire nella lista delle prede. A dispetto delle smentite, Rai Way e Ei Towers avrebbero molto interesse a unire le loro 2.300 torri tv sotto un unico cappello: gli esperti di Equita stimano che la fusione dei due operatori creerebbe 45 milioni di sinergie, vale a dire 400 milioni di valore. Soltanto che dopo il maldestro tentativo della scorsa primavera, toccherà al gruppo controllato al 65 per cento dalla Rai prendere l’iniziativa, e a quello di cui Mediaset ha il 40 per cento, farsi comprare.

 

Rassegna stampa: Il Tempo, pagina 18, di Michele De Feudis.

È l’ora del Tribunale per Fabio & Mingo e Striscia la Notizia

Il 7 ottobre prima udienza della guerra tra Ricci e gli ex inviati.

Dopo diciannove anni di servizi, tapiri e provoloni da tutto il Sud, la collaborazione di Fabio e Mingo, ex inviati baresi, e Striscia la notizia, come nei divorzi tra marito e moglie, è roba di carte bollate e tribunali, mentre in tv impazza Alessio Giannone, alias il faccendiere Pinuccio, nuovo volto pugliese del Tg satirico di Canale5. La prossima puntata della querelle che vede contrapposto il varietà di Antonio Ricci e i due attori andrà in onda nel Tribunale del lavoro di Bari. Ci sono già le date: il 7 ottobre e il 23 novembre sono state fissate le prime udienze dei ricorsi contro il licenziamento che Rti. Fabio De Nunzio e Domenico De Pasquale contestano la cessazione in tronco del rap porto quasi ventennale che li ha visti girare per lo Stivale su mandato del Gabibbo. La rottura è avvenuta tra aprile e maggio scorso: il pupazzo rosso, icona della credibilità intangibile della trasmissione nonché simbolo della lotta alla corruzione e alle truffe che infestano quotidianamente l’Italia, prima ha sospeso il tandem e poi ha comunicato la rottura definitiva con annessa appendice giudiziaria.

La scoperta di “anomalie” dopo la verifica su due servizi trasmessi, il primo riguardante una maga sudamericana e il secondo un presunto falso avvocato, ha segnato il punto di non ritorno. In entrambi i casi, peri dirigenti della trasmissione, si tratterebbe di un tarocco. La replica di Mingo e Fabio? “Siamo attori”, è stata la difesa, puntualizzando che si sarebbero attenuti a indicazioni ricevute. La diatriba registra allora la prima tappa giudiziaria davanti ai giudici Giuseppe Minervini e Assunta Napoliello, che coni tempi accelerati dei giudizi del lavoro, sanciranno o meno la legittimità del licenziamento: oggetto del contendere non sarà la veridicità o meno dei video mandati in onda, ma la chiusura formale del rapporto di lavoro. Fabio e Mingo sono difesi dallo studio Polis (uno dei più prestigiosi della Puglia) e contestano le modalità con cui sono stati fatti fuori, dal momento che non avrebbero ricevuto una contestazione preventiva con specifiche mancanze (a cui avrebbero potuto replicare). Dopo l’annuncio di divorzio del Gabibbo il 5 maggio scorso, due giorni dopo, è stata fatta recapitare alla coppia di attori una lettera nella quale, sempre secondo la tesi dei ricorrenti, si richiamerebbero come causa di interruzione le presunte indagini in corso per i presunti servizi taroccati. Proseguono anche le indagini della Procura di Bari, curate dal pm Isabella Ginefra, sul profilo penale della querelle Striscia-Gabibbi baresi.

Mingo e Fabio sono infatti indagati per simulazione di reato riguardo le performance che risulterebbero artefatte, ma ascoltati dai magistrati inquirenti hanno postulato la loro irresponsabilità, spiegando di aver seguito canovacci preparati dagli autori, come da contratti sottoscritti. Che fanno adesso i due? Fabio De Nunzio gira per presentazioni del suo libro, Sotto il segno della bilancia, mentre Mingo progetta un ritorno in tv con un formato ad hoc con respiro sociale, e prosegue la carriera di attore: si prepara a tornare sul grande schermo con l’olandese Marleen Gorris (premio Oscar nel 1996), in Tulips. C’è infine un nuovo inviato di Striscia dalla Puglia: è Alessio Giannone, classe 1979, laureato in giurisprudenza, comico cresciuto prima nelle scuole teatrali di Bari e poi esploso nella palestra della rete con video satirici diventi virali. Dopo il primo cult, Citofonare Vendola, ha inventato in concomitanza con la diffusione delle intercettazioni legate all’inchiesta su Silvio Berlusconi e l’imprenditore barese Gianpi Tarantini la figura del faccendiere Pinuccio, sfrontato mestatore con il vizio di comporre numeri di telefono di potenti un po’ per fustigarli, un po’ per lusingarli, secondo la morale gelatinosa che guida l’area grigia della società borghese decadente.

Le finte telefonate di Pinuccio a Mario Monti, Matteo Renzi o Michele Emiliano, sono diventate un vero genere di web-cabaret, mentre il format, evoluto, è andato in onda anche nel Tg3 Puglia. Adesso Pinuccio è il nuovo titolare del ruolo di acchiappa-imbroglioni di Striscia, e parte per le sue incursioni a caccia del malaffare dal mercato del pesce sul lungomare di Bari, circondato dalla sua inseparabile banda di amici, tra cui svetta il cinico Sabino, spalla dell’attore e voce fuoricampo che offre sempre uno spaccato di realismo in ogni situazione irreale.

 

(Nella foto Antonio Ricci)