Pubblicato il 19/07/2015, 18:37 | Scritto da Carlo G. Lanzi
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Giorgio Montanini: “La tv è un mezzo fantastico se non ti snatura troppo. Zelig? È il pubblico che ne ha decretato la fine”

Il paradosso è di solito quella cosa contraria all’opinione comune. Eppure, basato su una realtà oggettiva o soggettiva, dotato di un taglio reale e sarcastico, si scopre comico. Molto comico. La stand-up comedy è un po’ così. L’eccesso, la realtà cruda e pungente, a volte urticante, quella che non si dice, per buone maniere, mitragliata addosso a una platea. Filo, microfono e lo spettacolo ha inizio. Una scoperta per l’Italia dopo il fenomeno Luttazzi che, con parole sue e non sue, divideva l’Italia dei benpensanti. Ora, però, qualcosa sembra essere davvero cambiato. Il gruppo di Satiriasi sembra prendersi le sue rivincite di embargo nella tv generalista. E allora ecco, Saverio Raimondo alla conduzione del DopoFestival, poi, un’intera trasmissione sulla stand-up comedy su Comedy Central, e da un paio di anni anche la Rai si è accorta della nuova tendenza. Giorgio Montanini, pioniere nella tv di stato con Nemico Pubblico, dal vivo, incontrato da TvZoom al suo spettacolo al Festival La Punta della Lingua ad Ancona, difende ancora di più il suo “essere Charlie Hebdo”. Non il diritto di satira, ma l’esercizio di satira. L’attualità, l’immigrazione, la politica, Salvini, il Papa, la comicità, il sesso, le debolezze dell’animo umano, tutte. E ce n’è per tutti. Sfodera sciabolate sopra e sotto le righe. Molto oltre la tv. “Nemico Pubblico” ha chiuso la sua seconda stagione e si appresta a prepararne un’altra, nel 2016.

Che rapporto ha con la tv?

«La tv è un mezzo fantastico, attraverso il quale si possono raggiungere migliaia di persone o centinaia di migliaia di persone. Ma la tv resta un mezzo e quello che dico in tv resta, purtroppo, in qualche modo filtrato, la sostanza, comunque, rimane. Non sono di quelli che demonizzano la televisione come il male assoluto. Se non ti snatura e riesce a mantenere certe tue caratteristiche, per farti conoscere è molto utile».

Sta riuscendo a mantenerle nonostante i colori forti della stand-up comedy?

«Per quanto riguarda la tv di Stato sono in assoluto il primo che fa un certo tipo di comicità e quindi devo dire che sono molto contento perché “Nemico pubblico” è per la tv pubblica, un passo enorme per la comicità nazionale. E sono davvero molto contento per l’opportunità che la Rai mi ha dato e per il direttore che ci ha creduto. Vianello ha fatto un’operazione kamikaze con me. Però è stata quasi profetica perché nel frattempo, un certo tipo di comicità in Italia stava morendo e un’altra come la stand-up comedy stava e sta crescendo. Adesso si vedono molti più microfoni a filo e poche parrucche».

Parla di Zelig? Che ne pensa della sua momentanea chiusura?

«A me sinceramente non frega nulla. Io ho sempre lavorato al di fuori di Zelig quindi per me Zelig può aprire, continuare, non mi importa. Come analisi fredda è una notizia, il pubblico ne ha decretato la fine; perché, parliamoci chiaro, un programma continua se ci sono gli ascolti, soprattutto in prima serata, io ne so qualcosa perché faccio un programma in seconda serata e comunque gli ascolti sono importanti lo stesso, anche se molto meno. Come aveva decretato il successo a suo tempo, ciclicamente una comicità del genere non può durare. E’ come una moda, è come portare i pantaloni con il risvolto alle caviglie dura un anno, due».

E quella di Zelig è finita?

«Zelig è durato 18 anni, è incredibilmente tanto rispetto al tipo di prodotto che vendeva. Però quando stai in un’ ammiraglia come quella, gigantesca, dove spendi tanti soldi è anche più facile tenerti a galla. Credo che l’Italia non sia un paese più stupido degli altri e se in tutti i paesi del mondo la stand-up comedy è la comicità unica e principe e tutti i comici del mondo arrivano da lì, partendo da Woody Allen, Chris Rock, Bill Cosby, Eddie Murphy e ti posso fare altri 50 nomi, è assurdo che in Italia sia Checco Zalone il comico. Anche perché noi avevamo Troisi e Benigni che facevano i film, non ce lo dimentichiamo. Usciva Non ci resta che piangere come film di Natale, adesso esce Checco Zalone. Abbiamo passato un brutto momento, adesso speriamo che invece di raschiare il fondo qualcuno salga».

Questo “passaggio di testimone” di comicità è dato dal periodo storico e sociale che stiamo vivendo?

«Credo che abbiamo passato 30 anni di oscurantismo totale a livello culturale. Siamo passati dall’essere un paese vivo e fortemente politicizzato con tanti ragazzi che si interessavano della politica e ne facevano il fulcro della propria vita e esistenza e siamo passati al cosiddetto berlusconismo che, non erano rappresentati da Berlusconi in sé, ma da quello che Berlusconi rappresentava: la Milano da Bere, l’Italia delle apparenze e non dell’essere e ci siamo persi molto. Per questo si è passati da Fellini e Sergio Leone a Moccia e Gabriele Muccino, per questo prima c’avevamo Gian Maria Volonté e adesso abbiamo i film di Ruffini. Perché culturalmente siamo stati disintegrati: politicamente, socialmente. Salvini al 15-20%, una Lega Nord al 60% in Veneto sarebbe stato impensabile 40 anni fa. Però come tutte le storie sono cicliche e credo che anche questa storia sia finita. Non voglio dire che io in vita ne raccoglierò i frutti, però sono orgoglioso e rivendico il ruolo di pioniere, nel senso di essere stato uno dei primi in assoluto, quando tutti facevano soldi con un altro tipo di comicità, ad aver creduto in questo e adesso sto vedendo qualche risultato».

Progetti per il futuro?

«Ci sarà una nuova edizione di Nemico Pubblico che partirà nel 2016 e ci sono dei progetti in cantiere molto belli dei quali, c’è cinema, c’è un sacco di qualità ma non posso parlarne. C’è stata una evoluzione, già sono molto felice di avere fatto una trasmissione tutta mia in televisione, si contano sulle dita di una mano i comici che hanno avuto una loro trasmissione in tv quindi io sono felice. E’ un crescendo».

 

Erika Barbacelli

 

(Nella foto Giorgio Montanini)