Pubblicato il 10/04/2015, 14:32 | Scritto da La Redazione

GIOVANNI VERNIA: “DOPO FEDEZ, MI PIACEREBBE IMITARE FLAVIO TOSI E MARIO BALOTELLI”

Il comico genovese torna su Comedy Central lunedì 13 aprile in prima serata con #onemanshot, appuntamento della rassegna “Palco doppio Palco”. A TVZOOM ha presentato lo spettacolo, raccontando anche qualche auspicio per il futuro.meta name=”news_keywords” content=”giovanni vernia, comedy central, fedez, tosi, balotelli”

A breve Giovanni Vernia potrebbe cimentarsi in nuove parodie. Una riguarderebbe la politica. Dopo il Casaleggio/Casalecter, incubo horror dei grillini, ecco un uomo, dice Vernia, “che non ha simpatie di sinistra”. Non Salvini (per lui c’è già Crozza), ma Flavio Tosi, l’eretico veronese espulso proprio dal leader della Lega. L’altra riguarderebbe lo sport, con il bad boy Mario Balotelli, amante più della mondanità che degli stadi. I due personaggi affiancherebbero l’ultima, riuscitissima imitazione di Fedez, proposta sui canali social e Youtube del comico genovese. Che punta a potenziare il suo apparato web per «Garantire un contatto diretto coi fan e sperimentare sketch dai tempi scanditi, immediati, come impongono i ritmi odierni». Non scordando la tv, con #onemanshot (Comedy Central, lunedì 13 aprile alle 21, primo appuntamento della rassegna Palco doppio Palco), summa celebrativa del talento da indossatore di suggestioni che lo ha consacrato: da Johhny Groove a Jovanotti, da Marco Mengoni a Mika. In attesa di Fabrizio Corona: «Ne ho sospeso la parodia per rispetto della sua condizione attuale, anche se sono in tanti a chiedermela».

Giovanni, con lei Fedez è diventato real Fedez, quasi a sottolineare come il vero Fedez, in fondo, sia il suo.

«Quel “real” rappresenta il mio approccio a una parodia. Studio con cura il soggetto da imitare, ne amplifico i tratti distintivi cercando di scavare nel profondo, domandadomi: “Perché quel personaggio si comporta in un certo modo?”. Così è stato per Fedez. Di lui mi ha colpito il suo animo dolce, a dispetto dell’estetica da macho imposta dall’immaginario rap. Le sue canzoni più popolari, Cigno Nero e Magnifico, in fondo, sono canzoni d’amore. A X Factor è capitato che versasse qualche lacrima. Da lì ho pensato a una chiave di lettura divertente: Fedez, in realtà, vorrebbe fare il cantautore impegnato, ma sua mamma, immaginata come donna calabrese determinata e inflessibile, lo ha obbligato a diventare rapper».

I click sul web l’hanno premiata.

«La vetrina web è fondamentale. Il mio bacino di utenti è molto ampio, vale la pena sfruttarlo imbastendo qualcosa di strutturato. I contenitori comici televisivi, a volte, sono statici, uguali a se stessi. Il web è dinamico. La tv stessa somiglierà sempre più uno dei tanti device gestibili e personalizzabili dagli utenti. Non la si guarderà col telecomando in mano, ma con l’ipad. I social offrono poi feedback articolati ai programmi tv, prescindendo dai meri riscontri di share o diventandone complementari. Le possibilità creative aumentano e si declinano su vari fronti».

Penso al suo Johnny Groove. Lanciato nel periodo ancora d’oro di Zelig, ha avuto un trampolino efficace. Che oggi invece è più facile trovare in rete.

«Johnny Groove è nato nel periodo forte di Zelig. Corona, Jovanotti e altri non hanno avuto lo stesso risalto immediato perché Zelig non ha goduto della stessa forza. A maggior ragione, il mio spazio social trova ulteriori giustificazioni di potenziamento».

Pensa possa esistere una formula per rivitalizzare il formato Zelig?

«Questo non spetta a me dirlo. Però, delle innovazioni, anche piccole, contribuiscono a rinvigorire le formule. Mi viene in mente quando ho proposto l’imitazione di Corona in un contesto di collegamento video. Una piccola idea mai sperimentata in quel frangente».

Parliamo di alcune novità. Dopo Casaleggio, arriverà davvero un altro politico?

«Sto studiando il personaggio di Flavio Tosi. Anche lui ha dei tratti del viso che mi ricordano qualcosa di horror, come Casalecter. Il suo accento veronese poi, un po’ biascicato, è stimolante. Come il suo cognome, quel “Tosi” che ricorda l’uso improprio delle forbici e del verbo “tosare”. Vedremo. Mi sto applicando anche su Balotelli».

Il discusso Balotelli. Il bad boy del calcio internazionale.

«Come per Fedez, vorrei trovare la chiave giusta per approfondire un real Balotelli. Perché Mario è un ribelle? Perché si dichiara infortunato ma non manca mai a un evento mondano? Quali potrebbero essere le risposte sul piano comico? Io qualche idea ce l’ho. Per ora non ve la dico».

Nel frattempo, porterà i suoi personaggi storici in tv su Comedy Central con #onemanshot. 

«Il titolo vuole fare il verso ai “one man show” e l’hashtag è stato inserito proprio per sottolineare l’interazione social di cui abbiamo parlato. Sarà uno spettacolo intenso, della durata di un’ora. Sul palco, sarò accompagnato da una band, che garantirà molta musica di accompagnamento. Ci saranno tante imitazioni legate tra loro da un unico fil rouge, che determinerà un racconto a senso compiuto. Ci sarà Mika, il grande Lorenzo Cherubini (lo dice imitando la voce di Jovanotti, ndr), poi tutti gli altri. Sarà qualcosa di distinto rispetto allo spettacolo teatrale con cui voglio ritornare in giro per l’Italia anche nei prossimi mesi».

Quanto conta l’armamentario estetico per garantire un’imitazione divertente?

«Dipende. Non sono un grande fan dell’abuso dei trucchi di scena, eccezion fatta quando sono funzionali al racconto, come avvenuto per Fedez. L’imitazione nasce dall’osservazione del quotidiano, dall’estremizzazione di tic e tratti distintivi. Per questo, di solito, preferisco esibirmi con la mia faccia, senza sottopormi a eccessivi artifici. Funziona coi vip, ma funziona anche con la gente comune».

Si dice che gli italiani siano un popolo molto parodiabile, grazie a vizi e virtù peculiari.

«Verissimo. Per esempio, lo dico da genovese, il rimarcare le differenze tra i genovesi e i milanesi mi diverte molto. I primi, inclini al pessimismo e a un approccio flemmatico alla vita. I secondi, perennemente adrenalinici, schizzati, entusiasti per ogni cosa, con la tipica parlata meneghina e le “e” aperte. I milanesi non hanno bisogno della sveglia, alla mattina. Sono loro che danno la sveglia alla sveglia. Oppure, l’incubo ricorrente rappresentato dalle visite parentali. Ne so qualcosa, ricordando i miei viaggi dell’infanzia a trovare i parenti nel Sud Italia».

C’è qualche personaggio a cui si è affezionato più degli altri?

«Tutti mi appartengono e rappresentano una tappa di vita particolare. Johnny Groove mi ha dato la notorietà, Corona e Mengoni mi hanno permesso di dimostrare che Giovanni Vernia sapeva fare anche altre cose, oltre a Groove. Jovanotti è entusiasta della mia imitazione, mi ha fatto addirittura un endorsement pubblico».

Qualcuno si è mai infastidito?

«Fino a oggi, mai. Il motivo credo sia legato al buon gusto, all’educazione e all’ironia delicata, mai sbracata. Sono le caratteristiche alla base delle mie imitazioni».

Di solito, quanto tempo impiega a studiare e a realizzare un personaggio?

«Dipende. Con Corona ho impiegato un’estate intera. Non aveva una voce particolarmente caratteristica, il personaggio risultava complesso, con un impatto persino violento sul pubblico. Ho pensato anche di rinunciare. Poi ho trovato la chiave giusta nel replicarne le movenze. Jovanotti invece è riuscito subito, grazie alla sua parlata e al suo essere continuamente in collegamento con i satelliti, i pianeti, le galassie (ride, ndr)».

E Fabrizio Corona? Tornerà nel carniere delle sue proposte sul palco?

«Me lo chiedono in tanti. Fino a quando la sua situazione giudiziaria non cambierà, ho deciso di sospenderlo. Una forma di rispetto doverosa nei confronti di chi vive una condizione come la sua. Ne ho rispolverato l’imitazione solo in un contesto in cui si raccontavano alcune storture del sistema giudiziario italiano. Quando Corona uscirà dal carcere, se ci saranno le condizioni giuste, lo riproporrò volentieri».

A proposito di Comedy Central. Tra gli appuntamenti in rassegna, molto spazio è stato dedicato al genere stand up, tipicamente anglosassone e americano e diverso rispetto alla territorialità della comicità italiana. Pensa possa produrre un’influenza significativa sul modo di fare comicità da noi?

«Lo stand up ha marcati tratti americani. Il microfono vintage, il comico che non si fa problemi nell’essere sboccato e provocatore. Mi capita di osservare quel filone, ma non è nelle mie corde. Io ho tratti fondati su altre prerogative».

Tra queste prerogative, c’è ancora quella di essere il comico più amato dalle spettatrici italiane?

«Questo non lo so (ride, ndr). Se fosse così, mi farebbe piacere».

Sua moglie, però, sarebbe gelosa…

«Ma no. Tutto quel che dovevo fare, l’ho fatto prima del matrimonio. Oggi sono un felice padre di famiglia».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Giovanni Vernia nei panni di Fedez)