Pubblicato il 05/04/2015, 16:15 | Scritto da La Redazione

GAIA BERMANI AMARAL: “HO SCRITTO UNA FAVOLA PER BAMBINI E MI SONO TRASFERITA A LONDRA A CACCIA DI NUOVI PROGETTI”

GAIA BERMANI AMARAL: “HO SCRITTO UNA FAVOLA PER BAMBINI E MI SONO TRASFERITA A LONDRA A CACCIA DI NUOVI PROGETTI”
Protagonista di numerose fiction italiane, tra le quali “Un passo dal cielo”, l’attrice di origini brasiliane racconta a TVZOOM i suoi attuali progetti, tra i quali la pubblicazione di un racconto per ragazzi frutto della sua esperienza come testimonial UNICEF.meta name=”news_keywords” content=”gaia bermani amaral, le fate dell’arcobaleno, west coast, terence hill” Ci racconta che da […]

Protagonista di numerose fiction italiane, tra le quali “Un passo dal cielo”, l’attrice di origini brasiliane racconta a TVZOOM i suoi attuali progetti, tra i quali la pubblicazione di un racconto per ragazzi frutto della sua esperienza come testimonial UNICEF.meta name=”news_keywords” content=”gaia bermani amaral, le fate dell’arcobaleno, west coast, terence hill”

Ci racconta che da bambina, in Brasile, ha nuotato addirittura con un coccodrillo. Poi è venuta in Italia e ha scelto il mondo della recitazione, colorato come il mare aperto, ma anche popolato da squali. Oggi Gaia Bermani Amaral si destreggia su tre fronti. La scrittura come elemento di condivisione. La recitazione come mezzo di espressione. Il viaggio, che l’ha portata a trasferirsi a Londra per sondare opportunità professionali ghiotte, come rigenerazione. Con TVZOOM ha parlato di tutto: delle fiction tv del passato, dei film del presente e di una favola per ragazzi scritta assieme al compagno, il giornalista e scrittore Roberto Cotroneo. Si intitola Le Fate dell’Arcobaleno (Nord-Sud Edizioni), è uscita il 2 aprile ed è nata sull’onda dell’esperienza nella Campagna dell’Unione Europea e dell’UNICEF Voci dei bambini nelle emergenze, grazie alla quale ha visitato un campo profughi per bimbi siriani in Giordania. Nel libro ci sono gli auspici dell’innocenza infantile plasmati dal filtro della fantasia, ma anche dai rimandi a una dimensione ideale di felicità che ha qualche sprazzo autobiografico.

(Il telefono fa due squilli, Gaia risponde con un “hello” dall’accento very british, poi si ricorda che all’altro capo del filo c’è l’Italia, e si corregge con un “ciao”). Gaia, si è già abituata alla vita londinese?

«C’ero già stata in passato, a Londra. Avevo da sempre in mente di tornarci. Dopo un’esperienza in Francia per lavorare a una commedia che uscirà nel prossimo futuro, ho deciso di trasferirmi per un po’ qui in Inghilterra».

Si tratta di un trasferimento definitivo? 

«Definitivo non so. Però ero alla ricerca di nuovi stimoli. L’impatto è positivo. L’aria è buona. Qui sto trovando un clima propositivo, è come se ci fosse più speranza, rispetto all’Italia».

L’aria sui set italiani era diventata stagnante?

«No, ma, oggi come oggi, l’Italia dei film e delle fiction risente inevitabilmente della crisi. E io sentivo l’urgenza di provare nuove strade, nuovi ambienti. Per ora non dico nulla, vediamo che succede».

Sa che in Italia Terence Hill, suo compagno di lavoro sul set di Un passo dal cielo, ha instillato dubbi circa un ennesimo ritorno nelle vesti di Don Matteo?

«Ha fatto dieci edizioni, di Don Matteo. E tre di Un passo da cielo. Posso capire che sia subentrata in lui un po’ di stanchezza. Anche se sarebbe una perdita significativa».

Che ricordi ha di lui, sul set?

 «Una persona discreta e distinta. Eloquente e affabile, nonostante la sua riservatezza. Un uomo d’altri tempi, che rendeva l’atmosfera sul set appassionata».

Lo dice con una venatura di dolcezza, nel ricordare. Il tema del ricordo le è caro, lo ha inserito in un certo qual modo anche nel suo libro, Le fate dell’arcobaleno.

«Le fate dell’arcobaleno è stata un’idea venuta a me e a Roberto, sviluppata molto velocemente. Abbiamo fissato i punti cardine del racconto e li abbiamo scritti in due mesi. Ci siamo suddivisi i capitoli, ma il testo è omogeneo e coerente. Il tema del ricordo c’è, da un lato legato al mio viaggio in Giordania con l’UNICEF, dall’altro alla mia infanzia in Brasile».

Come si sviluppa il racconto?

«Con un espediente narrativo che spero faccia presa sui piccoli lettori: in un laghetto incantato, i Pesci Fosforescenti vivono fianco a fianco con le Fate, fornendo loro i magnifici colori per fabbricare gli Arcobaleni nel mondo. Un giorno, la quiete del lago è turbata dall’arrivo di un coccodrillo. All’apparenza l’animale è minaccioso, in realtà è innocuo e vegetariano. I pesci però scappano e le fatine temono di confrontarsi col nuovo arrivato. Tutte tranne una, che sarà protagonista dell’avventura destinata a riportare armonia tra loro e gli animali».

Un coccodrillo vegetariano! Lei è vegetariana, per caso?

«No. Ma ho un aneddoto sul coccodrillo».

Racconti.

«Quando ero piccola, in Brasile, ero solita andare in vacanza in una fazenda in campagna dai miei nonni. Lì, assieme ad altri bambini, facevamo il bagno in un laghetto in cui, un coccodrillo, c’era davvero. Però era innocuo. Il lago, essendo ricco di pesci, gli forniva il cibo di cui aveva bisogno e noi umani non costituivamo per lui un’attrattiva appetibile».

Avevate comunque un discreto coraggio. Come si ricollega questo aspetto col suo viaggio in Giordania?

«In Giordania ho visitato un campo profughi di bambini siriani. Una distesa di sabbia con tante piccole capanne. Di quei bambini, mi hanno colpito i loro disegni. In particolare, quello di una ragazzina che aveva disegnato tanti fiori colorati attorno a una casa per rappresentare il ricordo della sua vita in Siria. L’innocenza dell’infanzia, in quel caso, era ben descritta dalla nostaglia per la terra natale, una sorta di riferimento a un mondo ideale perduto. La dimensione della favola ben si presta a rievocare i ricordi, che assumono contorni onirici e bellissimi».

La scrittura la solletica come nuova strada per la sua vita?

«Ancora non saprei dirlo con certezza. Ma ho gettato le basi anche per un romanzo. Vedremo».

Da questo punto di vista, quali consigli le ha fornito un professionista come Roberto Cotroneo?

«I suoi suggerimenti sono stati innumerevoli. In particolare, su come rendere credibili i dialoghi tra i personaggi e su come gestire l’ansia da foglio bianco e l’urgenza di riempirlo». 

Questo aspetto cozza con la sua carriera di attrice?

«Niente affatto, anzi, è complementare. Di recente ho partecipato a un film francese che uscirà nei prossimi mesi. Si intitola West Coast, è una commedia. Interpreto la parte di un’infermiera in una casa di riposo della Bretagna di cui un ragazzino undicenne si innamora. Poi ho recitato in un film indipendente italiano. Si chiama All’improvviso Komir, e al centro del racconto c’è una storia criminale legata alla tratta dei bambini in Albania. Si sviluppa come un road movie».

In attesa dei progetti londinesi…

«Ora sono qui. Vedremo a breve che cosa accadrà».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Gaia Bermani Amaral)