Pubblicato il 26/03/2015, 16:01 | Scritto da La Redazione

ADALBERTO VANONI, ‘HAIR’: “IL PARRUCCHIERE IDEALE DEVE POSSEDERE MANUALITÀ, CREATIVITÀ E CULTURA ARTISTICA”

Abbiamo incontrato il direttore artistico di Aldo Coppola che, assieme a Charity Cheah, sarà giudice nel talent “Hair-Sfida all’ultimo taglio”, in onda su Real Time da domenica 29 marzo alle 21.10.meta name=”news_keywords” content=”adalberto vanoni, hair, real time, costantino della gherardesca, charity cheah”

Lo chiamano il Michelangelo dell’hair-styling. Adalberto Vanoni, direttore artistico del gruppo Aldo Coppola, è giudice, assieme a Charity Cheah, di Hair-Sfida all’ultimo taglio (Real Time da domenica 29 marzo in prima serata), talent condotto da Costantino Della Gherardesca in cui 9 parrucchieri amatoriali si sfidano a colpi di forbici, lacca e phon. Sul suo debutto televisivo, ha le idee chiare: «Abbiamo cercato talenti vergini da plasmare. Confido che il programma dia nuova dignità al mestiere dell’hair-stylist, troppo spesso sottovalutato o dileggiato».

Essere paragonati a Michelangelo è una bella responsabilità.

«Gli amici di Real Time hanno un po’ esagerato (ride, ndr). E poi, da appassionato di arte, preferisco Leonardo. Ma è un gusto personale».

Un gusto personale che si riflette nel suo ruolo di giudice di Hair e nel rapporto coi partecipanti?

«Non avevo mai lavorato in tv prima di oggi. Mi sono occupato di moda, di servizi fotografici, ma stare davanti alla telecamera è stata un’esperienza inedita. Ho conosciuto i concorrenti direttamente sul set: personaggi articolati e particolari. Le mie scelte partivano da un presupposto: cercavamo creatività, manualità e disponibilità a migliorare. Si trattava di parrucchieri amatoriali, poco esperti in fatto di tecniche».

L’equilibrio uomo-donna, nella scelta dei concorrenti, c’è stato?

«C’è stato. Vedrete uomini e donne più o meno in egual misura. L’approccio a questo lavoro però non è un discorso di genere, ma di personalità».

È stato un giudice severo?

«Direi esigente. Quel che personalmente mi interessava, era che gli sfidanti dessero l’anima. Mostrassero la loro passione durante le prove, tutte molto divertenti. Meglio fare una cazzata cercando uno stile deciso e profondo, piuttosto che un’inezia frutto di superficialità».

È sempre stato d’accordo con Charity, nei giudizi?

«Charity ha un concetto più manageriale del mestiere, io più creativo. Siamo stati giudici complementari».

Il programma ha una forte impronta factual. Quali sono le prerogative per padroneggiare al meglio il mestiere?

«Il parrucchiere bravo deve partire dalle basi. Mettersi in testa che, prima di tutto, è un artigiano. Dunque, conoscere le tecniche di lavoro e farsi una cultura ampia su moda, cotume, attualità, arte. Il guizzo creativo, l’ispirazione geniale, arrivano dopo. Tratti distintivi non necessariamente alla portata di tutti».

Tra i concorrenti, quel guizzo creativo c’era?

«Qualche buon talento superiore alla media lo vedrete, eccome. Le prove erano tante, hanno coinvolto persone tra le più diverse, che si sono prestate come modelli».

Un’esposizione televisiva permetterà di sdoganare il ruolo di hair-stylist presso il grande pubblico?

«Mi piacerebbe che questo programma conferisse maggior dignità al mestiere. Oggi il parrucchiere non è più il giullare di corte, il cameriere della signora, figura un po’ macchiettistica. È prima di tutto un professionista preparato, dotato di capacità di ascolto e padronanza della tecnica giusta».

I parrucchieri come gli chef in tv, dunque.

«Questo è presto per dirlo. Però, essendo Hair un prodotto televisivo, la scrittura ha un’impostazione molto pop».

Che cosa non sopporta nelle acconciature maschili e femminili?

«Detesto i capelli colorati negli uomini. Tinti, come si suol dire. E, nelle donne, boccio meches e colpi di sole. Più in generale, penso che colpi di sole, boccoli e frisè siano contro la morale».

Le tendenze per le stagioni a venire?

«Come brand Aldo Coppola, punteremo sulla leggerezza dell’aria aperta. Niente forme definite, sì ai tagli naturali, ad acconciature destrutturate, in una rielaborazione contemporanea dei quadri impressionisti».

Da dove prendete ispirazioni per proporre i trend stagionali?

«Studiamo molto i vestiti, le proposte che vengono dalle passerelle e dalla strada. Rielaboriamo concetti artistici consolidati. E poi ci affidiamo all’ispirazione che viene da dentro. E da anni di mestiere».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Adalberto Vanoni)