Pubblicato il 20/03/2015, 10:01 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA – ‘THE VOICE’, J-AX: “VINCO IN TV PERCHÉ NON MI SONO VENDUTO”

Il rapper, in un’intervista all’Huffingtonpost, racconta la sua svolta televisiva e parla del successo inossidabile del talent show canoro di Rai 2.meta name=”news_keywords” content=”j-ax, the voice, rai 2, www.huffingtonpost.it

Rassegna stampa: www.huffingtonpost.it, di Alessandro Buttitta.

The Voice, J-Ax: “Vinco in tv perché non mi sono venduto”. E il programma fa record di ascolti anche senza Raffaella Carrà e Suor Cristina

«Chi pensava che The Voice sarebbe morto senza Raffaella Carrà e Suor Cristina deve fare mea culpa. In televisione contano i risultati e gli ascolti ci dicono che stiamo spaccando i culi». Lo afferma senza mezzi termini J-Ax, decano dei rapper italiani che sta vivendo una stagione esaltante della sua carriera, con una presenza sempre più di peso nel talent musicale di Rai 2, concerti sold out e un disco, Il bello d’esser brutti, che sta andando benissimo. Con lui, in un’intervista senza peli sulla lingua, abbiamo parlato del suo magic moment, di The Voice, dell’evoluzione del rap e della sinergia con Fedez.

In questa edizione di The Voice c’è molto più dinamismo rispetto agli altri anni. Non era facile far dimenticare Raffaella Carrà e soprattutto gestire il dopo Suor Cristina…

Sì, mi manca Raffaella Carrà, ma devo ammettere che i Facchinetti funzionano molto bene. Mi piacerebbe fare un’edizione tutti insieme e aggiungere un’altra sedia. Chi ha detto che The Voice non avrebbe avuto ascolti senza Raffa e senza Suor Cristina si è dovuto ricredere. I giornalisti televisivi che hanno scritto queste cose dovrebbero essere licenziati. L’audience è migliorato, cresciamo sempre, anche con una controprogrammazione difficile. L’anno scorso si è fatto un grave errore nel giudicare il successo di The Voice dal boom di Suor Cristina.

Hai capito che ci fa un rapper come J-Ax a The Voice?

Quando mi hanno chiesto di fare The Voice ho detto sì, perché già guardavo da tantissimi anni la versione americana di cui sono un grande fan. Mi sono approcciato con un’attitudine diversa, forse perché non seguo molto la televisione italiana, non curandomi di essere politicamente corretto, stando sempre in linea, mettendo in campo una sincerità che il pubblico ha apprezzato. Allo stesso tempo sono caduti tanti preconcetti sulla mia musica.

Il tuo ultimo concerto si è aperto con due parti di te in contrasto con una che diceva all’altra di essersi venduto andando in televisione.

Sì, sono critiche che tutti i cantanti di successo ricevano appena arrivano in tv. Non è una cosa che riguarda solo me. Detto questo, io vivo benissimo questa nuova condizione perché non sono cambiato, non ho modificato una virgola del mio comportamento. Ho vinto la mia sfida perché non mi sono snaturato, non sono cambiato per piacere alla gente. Non mi sono venduto. Ho solamente venduto meglio me stesso, facendo arrivare al pubblico temi che nelle mie canzoni ci sono da anni. Con la televisione li ho sviluppati meglio. In un certo senso mi sono liberato di tanti complessi che avevo e che impedivano di essere me stesso al 100%. C’è molta differenza tra vendersi e vendere.

Forse perché il rap è diventato un po’ mainstream?

No, non c’entra niente. Il rap è mainstream dal 1995. Tutto è cambiato perché, con l’avvento della rete, i media tradizionali non possono ignorare il successo del rap. Penso di aver modificato solo un aspetto: ora mi penso come artista a 360 gradi e non solo come musicista. Questa è una mia svolta personale.

Guardi la tv?

Sì, soprattutto moltissime serie tv americane come House of Cards. Di italiano guardo poco: Le Iene, Blob, Gomorra e poi ovviamente The Voice. Ora devo iniziare Empire, una serie sull’hip hop che ho già messo in playlist.

Come nasce l’intesa con Fedez? Insieme avete lanciato Newtopia, un’etichetta discografica che sta andando molto bene. Gli ultimi arrivati sono Madh e Lorenzo Fragola da X-Factor

In passato la nostra generazione, che copre vent’anni, è stata poco rappresentata in tv, sui giornali o sui media tradizionali. Non veniva dato accesso a questa cultura che mischia rap, fumetti e un certo genere di cinema. Per un ventennio c’è stata troppa autoreferenzialità nei media mainstream. Gente come me e Fedez ha spaccato questo meccanismo perché rappresenta un pubblico numeroso che prima non veniva rappresentato. Intendiamo Newtopia come un progetto multimediale, non solo musicale, perché oggi dobbiamo approcciarsi ai media nella loro totalità.