Pubblicato il 29/12/2014, 10:31 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA: LICENZIAMENTI ECONOMICI E REBUS RAI, I NODI CHE METTONO IN CRISI IL GOVERNO


Il dibattito nei ministeri. Ad aprire all’eventualità ci ha pensato il premier Matteo Renzi in persona. Rinviando ogni decisione a febbraio in Parlamento, alla discussione della riforma della Pubblica amministrazione.

 

Rassegna Stampa: La Stampa, pagina 7, di Francesca Schianchi

 

Il dibattito nei ministeri

 

Licenziamenti economici e rebus Rai

I nodi che mettono in crisi il governo

 

ROMA. Ad aprire all’eventualità ci ha pensato il premier Matteo Renzi in persona. Rinviando ogni decisione a febbraio in Parlamento, alla discussione della riforma della Pubblica amministrazione. Lì dove gli emendamenti già sono stati depositati e ce ne sono alcuni che prevedono possibilità di licenziamento degli statali. Un’ipotesi che non è contemplata dal Jobs act (la norma si applica solo ai privati, hanno spiegato i ministri Madia e Poletti), ma su cui c’è una riflessione nel governo. Che Renzi non sia contrario per principio, lo dimostra la sua intervista «aperturista» di ieri al QN. Ma anche il ministro competente, la responsabile della Pa Marianna Madia, non è mai stata pregiudizialmente contraria a intervenire con nuove regole nel settore: quando era ancora solo una giovane deputata del Pd, presentò come prima firmataria una proposta di «contratto unico di inserimento formativo», Cuif, una sorta di contratto a tutele crescenti espressamente rivolto anche ai lavoratori pubblici. Anche perché, ragionano al governo, essendo tanti i precari della Pa, introdurre un contratto più flessibile potrebbe essere un modo per offrire loro qualche tutela in più. Il punto su cui però si stanno interrogando è come si potrebbero applicare le stesse regole del Jobs act, data la specificità del rapporto di lavoro pubblico. Nel caso di un ministero o di un comune, per esempio, quando scattano le ragioni «economico-organizzative»? Considerato, tra l’altro, che l’art. 33 del Testo unico per il pubblico impiego prevede già la possibilità della «messa in disponibilità» di un dipendente laddove ci sia bisogno di diminuire il personale, all’80% di stipendio per due anni, in attesa di una ricollocazione altrove o, alla peggio, dell’uscita dall’amministrazione. Ipotesi che però, spiega il senatore ‘chino, non si verifica mai. La domanda che si stanno facendo al ministero è insomma quale sia il perimetro, nel settore pubblico, entro cui si possano eventualmente applicare nuove regole. Un perimetro così difficile da delimitare che ancora ci si interroga se la Rai o altre aziende partecipate saranno già regolate dal Jobs act. E proprio considerare l’efficacia delle nuove norme nel privato sarà utile per valutare se estenderle al pubblico. Come prevede Renzi, sul tema «non mancherà il dibattito»: solo nel Pd, mentre la giovane deputata lettiana Anna Ascani non esita a proporre il nuovo contratto anche per i pubblici, Cesare Damiano si dice contrario «a estendere norme che liberalizzino un’eccessiva possibilità di licenziamento». E Fassina attacca Renzi: «Squallido teatrino di Palazzo su pelle lavoratori pubblici. Grave che premier si lavi le mani».