Pubblicato il 27/12/2014, 11:00 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA – L’AFFAIRE PREMIUM

Mediaset dovrà stringere i tempi per trovare un alleato forte per il business della pay-tv e affrontare la sfida della super Sky di Murdoch. Difficile che i due gruppi si integrino, più conveniente allearsi con la Vivendi di Bolloré.meta name=”news_keywords” content=”milano finanza, andrea montanari, mediaset premium, sky, bollorè

Rassegna stampa: Milano Finanza, pagina 32, di Andrea Montanari.

L’affaire Premium

Mediaset dovrà stringere i tempi per trovare un alleato forte per il business della pay-tv e affrontare la sfida della super Sky di Murdoch. Difficile che i due gruppi si integrino, più conveniente allearsi con la Vivendi di Bolloré.

AI momento, in casa Fininvest, la priorità è definire il prossimo futuro di Mondadori, valorizzando al massimo le attività librarie e contenendo quando più possibile il rosso dei periodici. Attività che potrebbe subire nella prima parte del 2015 un altro intervento strutturale da parte dell’ad di Segrate, Ernesto Mauri. Anche perché la holding della famiglia Berlusconi, obbligata a finanziare il Milan in rosso cronico (nel 2014 tra prima e seconda tranche ha garantito un centinaio di milioni), non può permettersi di avere i core business in perdita. Fatta questa doverosa premessa, è naturale che in casa Fininvest si analizzino con cura anche le sorti di Mediaset, l’asset più importante, e non solo sul piano strettamente industriale. Il network di Cologno Monzese, gestito dal consolidato trittico Fedele Confalonieri-Pier Silvio Berlusconi-Marco Giordani (cui va aggiunta la figura di Stefano Sala come responsabile della concessionaria Publitalia nella quale ancora è attivo anche lo storico manager Giuliano Adreani), affronterà un anno di grandi cambiamenti, forse addirittura una stagione cruciale, per una serie di eventi, coincidenze e congiunture astrali, sia in Italia che in Europa. Innanzitutto, uno degli obiettivi primari è il recupero della raccolta pubblicitaria, che nonostante il dato di novembre (+7%) per ora è stato negativo in un contesto generale che quest’anno dovrebbe veder calare la spesa in questione almeno del 3% (per investimenti complessivi di poco superiori a 6 miliardi). Ma sebbene il Biscione pesi di fatto per un terzo degli investimenti totali, la sua forza d’urto è diminuita. Perché la Rai comunque mantiene 3-4 punti percentuali di share di vantaggio sul target medio giornaliero. E nel frattempo Sky Italia è in constante crescita negli spot, e ha archiviato un 2014 di spessore (non facile da replicare nel 2015) anche se gli abbonati non aumentano. Non va trascurato Urbano Cairo che, seppure con la piccola La7 (3%), conosce a memoria le regole d’ingaggio del mercato pubblicitario ed è un avversario sempre più solido (5,3% di ascolti nel giorno medio a fine novembre) che punta a conquistare sempre maggiori spazi e investitori. Se si esclude la Spagna, tornata a crescere in maniera significativa e a regalare soddisfazioni a tutta la galassia Mediaset, è il mercato interno il cruccio e al tempo stesso il focus dei vertici di Cologno.

La priorità in questo senso è quella di trovare uno o più alleati strategici il sogno sarebbe un compratore ma nessuno lo vuole dire apertamente per  l’attività nella pay-tv sul digitale. Lo spinoff di Mediaset Premium, valorizzata complessivamente 819 milioni (a fronte di un monte diritti tv di 1,3 miliardi), è stato solo il primo passo per l’apertura del capitale della stessa newco. Non solo al socio Telefonica che per l’11,11% ha sborsato 100 milioni, nell’ambito però dell’operazione che ha portato il gruppo tlc spagnolo a rilevare il controllo totalitario della piattaforma digitale a pagamento iberica Digital+ ma  anche a nuovi player. Del resto, come emerso dai documenti societari della stessa Premium, il business, che attualmente può contare su un bacino d’utenza di 1,72 milioni di clienti, raggiungerà il break even di bilancio solo nel 2017, dopo i 33 milioni di perdita attesi per il 2015. Per questo da tempo banche d’affari e consulenti stanno cercando, in Europa e non solo, potenziali nuovi soci. E se gli analisti internazionali puntano sull’aggregazione con Sky Italia confluita però nel frattempo in Sky Europe, che conta 20 milioni di abbonati perché si dice che due pay tv in un solo mercato non possano coesistere, non è così scontato che Murdoch faccia un simile regalo all’arci-rivale Berlusconi dopo che quest’ultimo gli ha dato filo da torcere sui diritti 2015-2018 della serie A e gli abbia sottratto i più ambiti ma costosi diritti per il prossimo triennio della Champions League.

A questo punto, forse, è il caso di allargare gli orizzonti e puntare su altri possibili attori co-protagonisti. Anche perché il business dei contenuti televisivi, possibilmente esclusivi, fa sempre più gola ai colossi della telefonia. E se Telefonica la fa da padrona in Spagna, in Inghilterra il mercato più evoluto ed effervescente la Vodafone di Vittorio Colao che vuole fare concorrenza alla 21st Century Fox ha messo nel mirino il gruppo Virgin Media, secondo player della pay tv con 3,7 milioni di clienti ma lontano anni luce da BSkyB (10,8 milioni). Nel frattempo British Telecom, per non essere da meno, sta provando a comprare l’operatore EE nato dall’integrazione tra T-Mobile e Orange, in modo da offrire alla propria clientela telefonica pacchetti televisivi mirati ed essere un quadruple player a tutti gli effetti. Così come in Germania, dove domina la risanata Sky Deutschland, ovviamente di Murdoch, anche Deutsche Telekom sta lavorando in questa direzione. È per tale ragione che seguendo questo fil rouge ha più senso che il partner strategico di Mediaset Premium non sia un altro operatore di pay-tv ma un gruppo delle tlc o un produttore di contenuti. Tanto più che sempre il solito tycoon australiano si è da poco aggiudicato il controllo di Endemol, il primo player mondiale nella ideazione e realizzazione di format tv, già sotto l’ala di Mediaset ai tempi d’oro.

Ma se appare complessa un’integrazione con Telecom Italia, già studiata più volte in passato, non solo dalle due aziende ma anche dalla politica, anche se consentirebbe alla famiglia Berlusconi di avere un ruolo di primo piano nel futuro risiko tlc-media, l’ipotesi di un merger con la Vivendi di Vincent Bollorè parrebbe più credibile e solida. Perché permetterebbe alla Fininvest di mantenere un peso di rilievo nel merger italo-francese e darebbe al Biscione la spinta necessaria sul fronte dei contenuti per rafforzare il bouquet di Premium non certo oggi ai livelli di quello di Sky. Tra l’altro Bollorè ha buone entrature in Italia, potendo contare sul ruolo di secondo azionista di Mediobanca (della quale è socia pure la famiglia Berlusconi) e apprestandosi a entrare nel capitale di Telecom subentrando alla Telefonica di Cesar Alierta, concentrata a sua volta sulla Spagna e sui mercati del Sud America. Ma in uno scenario di medio-lungo termine non si può tralasciare l’eventuale interesse di Al Jazeera, la tv del Qatar, interessata a espandersi e consolidarsi in Europa.