Pubblicato il 22/12/2014, 19:05 | Scritto da La Redazione

SIMONE ANNICCHIARICO INCONTRA MARIO BIONDI SU ITALIA 1: “UN 25 DICEMBRE ALL’INSEGNA DELLA MUSICA VERA, EVENTO RARO PER LA TELEVISIONE”

SIMONE ANNICCHIARICO INCONTRA MARIO BIONDI SU ITALIA 1: “UN 25 DICEMBRE ALL’INSEGNA DELLA MUSICA VERA, EVENTO RARO PER LA TELEVISIONE”
Il conduttore si racconta a TVZOOM: dallo speciale “Fronte del palco – Speciale concerto di Natale di Mario Biondi” su Italia 1, Radio Italia e Radio R101, al suo rapporto con i talent show e con la tv di oggi. “Non riesco ad appassionarmi alle serie tv”, dice.meta name=”news_keywords” content=”simone annicchiarico, mario biondi, italia uno, x […]

Il conduttore si racconta a TVZOOM: dallo speciale “Fronte del palco – Speciale concerto di Natale di Mario Biondi” su Italia 1, Radio Italia e Radio R101, al suo rapporto con i talent show e con la tv di oggi. “Non riesco ad appassionarmi alle serie tv”, dice.meta name=”news_keywords” content=”simone annicchiarico, mario biondi, italia uno, x factor, italia’s got talent

Simone Annicchiarico incontra Mario Biondi sotto l’albero di Natale confezionato da Italia 1, da Radio Italia e da Radio R101. L’appuntamento è per il 25 dicembre alle 23.20 con Fronte del palco – Speciale concerto di Natale di Mario Biondi, dall’Auditorium di Radio Italia. Biondi, a tutti gli effetti il Barry White italiano, ha registrato uno show snocciolando le perle natalizie del suo album A very special Mario Christmas, dialogando con Annicchiarico e rispondendo alle domande degli ascoltatori di Radio Italia e R101, veicolate dalle speaker Manola Moslehi e Chiara Tortorella dalle rispettive postazioni radiofoniche. Il risultato è uno show all’americana, con note sofisticate e calde a fare da contrappunto al racconto personale del cantante, che si confessa a un Annicchiarico ben lieto di far da traghettatore, come ha confidato a noi di TVZOOM.

Da appassionato di musica, anzi, da musicista a tutti gli effetti, sarai stato contento di questa conduzione.

«Appassionato. Puoi dirlo forte, io adoro tutta la musica esistente, quella ben fatta e ben suonata, si intende, eccezion fatta per il rap, che non comprendo e non è nelle mie corde. Quanto a Mario Biondi, con lui l’alchimia è scattata da subito. Non l’avevo mai incontrato dal vivo prima di questo concerto. È nata tra noi un’affinità elettiva, mi ha messo a mio agio nell’intervistarlo. Assisterete a qualcosa di molto americano: il suo concerto che si alterna alla mia intervista in mezzo all’Auditorium, con il pubblico intorno che partecipa spontaneamente, senza alcun artificio scenico o applausi finti».

Che cosa ti ha colpito di Biondi, nel sentirlo cantare dal vivo?

«Premetto che amo tutta la musica americana da Scott Joplin a tutto il Delta Blues. Ciò che ti colpisce di Biondi è la voce spettacolare: un registro da baritono naturale che può cantare tutto quello che vuole senza forzature. Anche nel parlato colloquiale mantiene quel timbro».

E si approda al discorso fatidico: la musica in tv e la possibilità di raccontarla appieno.

«La musica per me è l’arte delle arti. Purtroppo, in Italia, quel che manca davvero è un programma a essa dedicato in tv. Mettiamo da parte eventi come il Festivalbar di una volta o Sanremo. Lì non è solo la musica a essere protagonista, c’è una subordinazione a apparati scenici, estetici, non c’è un racconto completo, focalizzato sulle note, con gente che ne capisce a trecentosessatna gradi. Per questo trovo lo speciale natalizio dedicato a Biondi molto edificante: uno studio vero, un pubblico non costretto ad applaudire forzatamente, dei musicisti bravissimi, un racconto fluido, con un po’ di spazio alle parole e tanto alla melodia».

Questa però è anche l’era dei talent alla X Factor.

«Prodotti ben fatti, niente da dire. Nei talent si parla anche di musica. Ma, in quei contesti soprattutto, le note arrivano dopo gli apparati scenici, dopo l’estetica. E i pezzi che restano davvero sono pochissimi. In parte è colpa dei discografici odierni: in molti di loro mancano competenze profonde e necessarie».

Tu arrivi dalla conduzione di Italia’s got talent.

«Lì, Belen e io eravamo due traghettatori, un po’ come Virgilio. Venivo da format di nicchia come Castelli di Carta e La Valigia dei Sogni, è stata Maria De Filippi a propormi la prima serata di Canale 5 convinta che avessi l’umanità necessaria per approcciarmi al format. Peraltro, avevo visto la versione americana del programma, molto veloce, con personaggi allucinanti, e mi ero divertito. Il focus, in quel caso, è sull’entertainment».

Ti dispiace non far parte del cast di Tu si que vales?

«Belen mi ha chiamato per dirmi che le manco. Ma sai una cosa? Io non sono uno che smania per andare in tv. Se arrivasse qualcosa di vero, capace di coinvolgermi, ben venga. Tieni presente che sono un nostalgico degli anni’80. Renzo Arbore, Indietro tutta: quel genere di format che dava una dimensione completa all’italianità un po’ anarchica. Anche per i telefilm è la stessa cosa. Impazzisco per Starsky&Hutch».

Ma come? Vuoi dirmi che non sei asservito al dogma delle serie tv di oggi, secondo il quale chi non le guarda è una capra?

«Che ci posso fare? Le serie tv attuali non mi appassionano. I miei amici spesso mi trattano con sufficienza, dicono: “Simone è rimasto indietro, non ama la modernità di oggi”. Ma io, giuro, ho provato a guardare, che so, serie comeTrue Detective e affini. Le ho trovate di un iperrealismo quasi fastidioso: la realtà che buca la realtà. Io ho bisogno di un mondo che mi faccia sognare, un po’ più visibilmente recitato, alla Supercar, alla Magnum P.I. La tv anni ’70 e ’80 era un contenitore bellissimo. Già allora c’era chi la demonizzava. Ma era come andare dal fruttivendolo e scegliersi nel dettaglio le cose da comprare, senza preconfezionamenti».

Mettiamo caso, però. Ti squilla il telefono e ti propongono di condurre… X Factor!

«A quel punto preferirei fare il giudice. Avrei libertà di azione, porterei la mia conoscenza musicale e, tutto sommato, sarei buono, nei giudizi».

Non saresti un censore feroce?

«Macché. Tu puoi farmi fuori la famiglia e io, dopo qualche ora, sto già valutando se perdonarti. Non sono cattivo. Ecco, magari sarei severo con i presuntuosi: chi fa musica deve mettere da parte la superbia. Sarei un giudice scrupoloso, quello sì. Cercherei una voce capace di lasciare qualcosa».
Lascia tu qualcosa per i lettori di TVZOOM. Tre canzoni imperdibili con cui iniziare il 2015.

«Allora. Iniziamo con Maple Leaf Rag di Scott Joplin. Un solo di piano in cui sembra che tutta la musica del mondo sia condensata in quelle note. Joplin è uno degli inventori della musica americana, bisogna conoscerlo. Poi, I am the Walrus dei Beatles. Un pezzo misterioso, quasi oscuro, scritto da John Lennon, da cui si può attingere per comprendere i contemporanei. E poi, Misty Mountain dei Led Zeppelin».

Opti per basi solide. Niente spazio alla contemporaneità.

«Rispetto ai pezzi che ho citato, qualsiasi cosa di contemporaneo farebbe la figura di un McDonald’s al cospetto di Gualtiero Marchesi».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto, da sinistra, Simone Annicchiarico e Mario Biondi)