Pubblicato il 21/12/2014, 15:01 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA: IL SECOLO BREVE DELL’AUDITEL L’UNICO CHE DURA ANCORA


La tv italiana è fatta per gli anziani non perché sia il pubblico di maggiore presenza e influenza, ma perché i non anziani sono fuori dal perimetro Auditel.

Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 21, di Carlo Tecce

 

Il secolo breve dell’auditel, l’unico che dura ancora

 

Dieci, nove, otto, sette, sei. Appena avrete finito di contare, in questo tripudio di attese e spese festive, sarete travolti da classifiche, memoriali, racconti, aneddoti di un anno quasi estinto. Funziona che i giornalisti scrivono e i lettori leggono, evidente, ma prima di scrivere o leggere va verificata l’affidabilità dello strumento che utilizziamo per stilare una graduatoria. Quest’anno ci siamo riempiti la bocca e le pagine e abbiamo inscenato seminati tra gli amici disquisendo su quanto siano indispensabili, sensazionali e culturalmente necessarie le serie tv americane: House of Cards, la recente Fargo o l’inossidabile Castle.

UN ELENCO è sempre approssimativo. Ciascuno di voi, c’è da scommettere senza troppi pericoli, avrà guardato una serie tv. E allora, prima di addentare lo stinco di maiale, s’era pensato di svelare le dieci serie tv con più telespettatori. In cima, troviamo Un posto al sole (Rai3) con una media di 2 milioni di italiani a sera, poi Csi di Italia 1 e Ncis di Rai2. Ancora, siete curiosi? Chicago Fire e The last ship di nuovo su Italia 1.

Bene. Il pezzo potrebbe finire qui, e lasciarvi in dote un dubbio indigeribile durante la masticazione di panettoni e tagliatelle: e dove sono House of Cards e l’undicesima edizione di Grey’s Anatomy? Esistono, non vi preoccupate. E non esistono soltanto su Sky, che è una televisione a pagamento, ma anche su internet (in Italia sta per arrivare Netflix, un mostruoso archivio di tutto che non segue logiche di palinsesto e non vi obbliga a orari). Ecco, i palinsesti, gli orari o, andate a scongelare la memoria, la cassetta. Il punto debole della questione è l’Auditel, che soltanto a sentirlo nominare  a pensare agli anni Ottanta, al duopolio Rai-Mediaset che prosegue dentro l’Auditel e nei numeri che propala. Sembra stupido e ridicolo ripeterlo oggi che siamo al 2015 (auguri!), ma la pubblicità in buona parte viene divisa seguendo i vetusti diagrammi Auditel, che basa le sue analisi su 5.200 apparecchi installati nelle famiglie italiane (e quelli che vivono da soli, e le case degli studenti, e via dicendo). Una rilevazione inefficiente, tremendamente ponderata per agevolare i soliti, legata a logiche paleolitiche, che non comprende quanto sia diffusa la televisione in differita, su Facebook, su Twitter e quanto il valore di un programma sia vasto per essere contenuto in una percentuale share. Ma conviene così, conviene a molti.

A QUELLI che sono aggrappati a una televisione superata dalla tecnologica (che è un fatto mondiale) e dalle generazioni (che sono anche un fatto italiano, o no?). Vivranno di rendita, queste tv, ancora un po’. E domani, chissà. Va garantito, però, in questa frenetica evoluzione degli editori e dei consumatori, l’accesso al mercato, la concorrenza. Basta con i sussidi. Basta

con le leggine. La tv italiana è fatta per gli anziani non perché sia il pubblico di maggiore presenza e influenza, ma perché i non anziani sono fuori dal perimetro Auditel.