Pubblicato il 18/12/2014, 12:35 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA – “TV, LA LEGGE SULLA PAR CONDICIO VA RISCRITTA”

Il Consiglio di Stato dà ragione a Fabio Fazio contro Renato Brunetta: “Non contano solo i minuti”.meta name=”news_keywords” content=”la repubblica, fabio fazio, renato brunetta, consiglio di stato, par condicio

Rassegna stampa: La Repubblica, pagina 10, di Aldo Fontanarosa.

“Tv, la par condicio va riscritta”

Il Consiglio di Stato dà ragione a Fabio Fazio contro Renato Brunetta: “Non contano solo i minuti”.

Se davvero l’Italia avrà una nuova legge elettorale, allora dovrà dotarsi anche di una nuova legge sulla par condicio televisiva. E questo insieme di norme dovrà concentrarsi sulla qualità più che sulla quantità. Dovrà valutare lo stile di conduzione dei giornalisti e dei presentatori più che contare quanti minuti e secondi parlino il centrodestra, il Pd o Grillo. Il Consiglio di Stato suggerisce al Parlamento di riscrivere le regole sulle pari opportunità alla tv, a 14 anni dalla loro approvazione. Occasione per questo garbato ma nitido suggerimento sono due sentenze (la 06066 e la 06067 del 2014) che assolvono sia Fabio Fazio sia Lucia Annunziata dall’accusa di aver violato la legislazione in vigore, come invece sosteneva Renato Brunetta, di Forza Italia. Brunetta mette sotto accusa Che tempo che fa di Fazio perché, a suo parere, tra settembre 2012 e maggio 2013, ha fatto vedere le facce di un solo partito, o quasi: il Pd. E lo stesso vizietto avrebbe avuto In 1/2 ora di Lucia Annunziata. Brunetta vince un primo round davanti al Garante per le Comunicazioni (l’AgCom) che nel 2013 «ordina» alla Rai di ospitare esponenti del centrodestra in entrambi i programmi. Il riequilibrio dicono le delibere 476 e 477 sarebbe  dovuto avvenire con la nuova stagione tv entro un massimo di sei mesi. Ma la televisione di Stato difesa  dagli avvocati Saverio Sticchi Damiani e Salvatore Lo Giudice ricorre  alla giustizia amministrativa dove vince sia in primo grado (al Tar) sia ora davanti al Consiglio di Stato. Che nelle sue sentenze si spinge molto avanti quando critica il criterio solo quantitativo su cui si fonda l’attuale legge.

Secondo i giudici, contare i secondi assegnati a un politico o a un partito non ha senso perché il dato aritmetico non è sempre significativo. Il giornalista può anche invitare parlamentari tutti di un colore e rispettare la par condicio sul piano formale. Ma «pesanti critiche, osservazioni sarcastiche e domande scomode» avrebbero comunque l’effetto di «peggiorare la percezione di questi politici da parte dell’opinione pubblica». La par condicio, nella sostanza, sarebbe violata. La nuova legislazione, dunque, dovrebbe concentrarsi molto di più sulle «modalità di conduzione dei programmi». Non solo. Il Consiglio di Stato afferma che il pluralismo di un editore (come la Rai) non si può giudicare da una sola trasmissione (soprattutto quando questa è un misto di comicità e informazione, come Che tempo che fa). Non bisogna «isolare atomisticamente singoli programmi», quindi più opportuno è «guardare semmai al complesso dell’offerta del servizio pubblico».