Pubblicato il 28/11/2014, 19:05 | Scritto da La Redazione

GIGIO D’AMBROSIO, GUIDO MONTI E STEFANO PICCIRILLO FANNO IL PUNTO SULLO STATO DI SALUTE DELLA RADIO

Novant’anni di vita e non sentirli, o meglio, come reinventarsi nell’era del digitale, per il mass medium che ancora gode di grande fascino. Lo abbiamo chiesto a tre mostri sacri dell’FM.meta name=”news_keywords” content=”guido monti, radio, gigio d’ambrosio, stefano piccirillo

In questi decenni, in Italia, tante cose sono cambiate: dalla nascita delle radio private alla stereofonia, dall’avvento delle nuove tecnologie fino al web. Abbiamo incontrato un trio di uomini, che ha contribuito a rendere “grande” il mezzo in Italia e ne ha fatto la storia: Guido Monti, ex direttore di 105, Rtl102.5 e R101, ora a IRadio, la webradio di Affari Italiani; Gigio D’Ambrosio, ex direttore di Radio Milano International e 101, oggi speaker di Rtl102.5; Stefano Piccirillo, voce storica di Radio Kiss Kiss.

Come sono cambiate le radio con l’avvento del web e delle nuove tecnologie, come per esempio il dab (diffusione audio digitale)?

Monti: comprendere del tutto la portata di una rivoluzione, proprio mentre essa è in pieno svolgimento, non è semplice. La radio comunque è un mezzo che si adatta all’evoluzione della società in modo costante. Parole chiave: prolungamento, espansione, relazione emotiva, anche sul web. In Internet è particolarmente significativo lo sviluppo dei social e proprio attraverso quelli la radio, in quanto brand, comunica, interagisce e si alimenta di nuovi ascoltatori. Nonostante la nascita di Spotify, Deezer o Youtube abbia permesso a chiunque di avere una piattaforma con la propria musica, la radio è rimasta ancora un punto di riferimento importante per i trend musicali della società. Anche se a mio avviso la radio di oggi e di domani non può più essere esclusivamente musicale. Anche se il Dab prenderà sempre più piede, penso che nessuna rivoluzione tecnologica spegnerà l’emozione creata da un microfono con una persona che parla e milioni di ascoltatori, sedotti da quella voce, che stimola l’immaginazione. La radio digitale, oltre a offrire dati e servizi, permette la diffusione dei programmi audio con ottima qualità e senza alcuna interferenza o disturbo, quindi, credo sia una tecnologia foriera di un ascolto assolutamente migliorativo.

D’Ambrosio: dal punto di vista tecnico, risulta evidente un salto qualitativo nella diffusione e nella pulizia del suono, due aspetti che fino a pochi anni fa penalizzavano fortemente la corretta ricezione dei segnali. Dal punto di vista dei contenuti, la radio ha sempre saputo sfruttare ogni novità tecnologica, riferita a qualsiasi media (tv, web, social), per trarne il maggior beneficio senza perdere la vocazione e l’identità del proprio imprinting editoriale. Arricchire i contenuti con testi e immagini, approfittando delle possibilità che le nuove tecnologie offrono, e differenziare l’offerta, dimostra come la radio sia pronta a integrare e far proprio ogni sviluppo del mondo della comunicazione.

Piccirillo: la radio, anche prima dell’avvento della digitalizzazione e dell’arrivo dell’emittenza web ha sempre  avuto uno sviluppo sia in termini di frequenze che di continua professionalizzazione dei propri organici. L’implementazione di figure lavorative come la programmazione musicale, l’ufficio stampa, il coordinamento artistico e l’autorato, oltre alla conduzione, hanno portato le stesse a creare piattaforme sempre più in linea con la contemporaneità. Un mezzo che si aggiorna è inevitabile debba assurgere ad azienda crossmediale. Le web radio hanno sostituito, in parte, le prime radio libere e private, nonché areali. La tecnologia dab, così come l’hd per il mezzo televisivo, è la naturale evoluzione della fruizione del mezzo radio.  

La crisi economica ha messo in ginocchio anche questo settore. Quale è lo stato di salute attuale delle radio italiane?

Monti: credo che in questo periodo si fatichi molto con la raccolta pubblicitaria, ma lo stato di salute a mio avviso è da considerarsi stabile. Forse manca un po’ di sperimentazione editoriale e il non voler rischiare in termini creativi porta verso la direzione dell’appiattimento e dell’omologazione. Peccato!

D’Ambrosio: premesso che la crisi ha colpito indifferentemente tutti, credo sia indispensabile fare un distinguo. Le radio più grandi, con un assetto societario robusto e una situazione finanziaria solida, stanno affrontando il momento con maggiore tranquillità. Le realtà medie e piccole stanno pagando un prezzo altissimo. Dando un’occhiata ai bilanci dei principali gruppi e dei network indipendenti, saltano subito all’occhio i numeri che certificano una forbice sempre più ampia tra chi ha saputo, negli anni precedenti, porre la basi per un’attività sana e proficua e chi, investendo male o scegliendo politiche gestionali avventurose, sta soffrendo molto.

Piccirillo: se negli anni 80′ e 90′ la mancanza della spending review ha creato, per i professionisti del settore, un vero mercato e la continua possibilità di avere una carriera nelle radio di serie A con opzioni di scelta, da qualche anno a questa parte è oggettivamente più complicato. Penso che in questo momento storico un radiofonico di livello debba mediare inevitabilmente le proprie capacità con una diversa collocazione economica. Altrimenti gli editori sono costretti a sperimentare oltremodo con voci e figure professionali non troppo esperte e meno impegnative economicamente, ma più rischiose dal punto di vista dei risultati. Salvo il talento che non ha età. Un professionista non è solo misurabile dalla sua bravura, ma anche nell’intelligenza e nell’umiltà di capire il momento economico.

Secondo il parere di un esperto come te, quale sarà il futuro della radio? Andremo sempre più verso una fruizione via web con pc, tablet e smartphone o ascoltare la radio in macchina resterà un must ancora per molto tempo?

Monti: la radio di oggi non è la “bisnonna fuori moda” della famiglia delle nuove tecnologie di comunicazione, si è dimostrata anzi adattissima al connubio con Internet. Moltissime radio in tutto il mondo si sono espanse in rete. Le web radio rappresentano un interessante fenomeno di segmentazione e sperimentazione creativa dal quale possono emergere nuovi speaker e nuovi radiofonici di buon livello. La radio in auto sarà un must anche nel futuro. I percorsi autostradali e le strade di grande comunicazione hanno oramai una copertura totale di segnale per telefonia. Scarichi l’app della tua radio preferita sullo smartphone. Se l’autoradio ha il bluetooth, basta collegare i dispositivi per ascoltare dal web in streaming con un’ottima qualità.

D’Ambrosio: non credo sia molto importante come e dove si fruirà della radio in futuro. Oggi ciò che comunemente viene definita “radio” è nella sostanza un insieme di contenuti che vengono veicolati indifferentemente su tutti i mezzi di comunicazione, spesso in tutto il mondo o in gran parte di esso: FM, web, tv. L’aspetto rilevante è che, comunque sia, la radio ha dimostrato di saper integrare nella propria missione qualsiasi opportunità che la tecnologia ha offerto. L’auspico è che la diffusione dei device, siano essi classici che di nuova generazione, continui ad aumentare e che le connessioni web siano sempre più potenti e a costi accessibili.

Piccirillo: ci saranno tutte queste tipologie di ascolto per un motivo semplice, che una non esclude l’altra e viceversa. Un mezzo presente con i device e con la tradizione. 

Guido, da speaker a importante manager. Ora però sei tornato dietro un microfono, perché? Nostalgia della diretta e del tuo pubblico o necessità? 

Né l’una né l’altra, la mia è una dichiarazione d’amore. Lo faccio solo per il piacere di “fare radio” con un gruppo di amici e con il gusto di tornare a comunicare in prima persona, come ai vecchi tempi.   

Gigio, non solo voce in radio, ma anche doppiatore per Mediaset e conduttore di alcune trasmissioni televisive: quale è il ruolo che ti appassiona di più e che senti maggiormente nelle tue corde?
In quasi 40 anni di carriera ho fatto e faccio molte cose diverse con un unico denominatore: la grande passione per il mio lavoro. Che si tratti di uno spot pubblicitario, della direzione artistica di un network, della conduzione di un programma, del selezionatore di giovani per i talent musicali. Ancora oggi mi diverto e ringrazio il cielo di avere avuto la fortuna di fare da sempre tante cose che mi appassionano allo stesso modo e mi danno ancora grandi soddisfazioni.

Stefano, oramai non sei più solo una voce in radio, ma anche un volto tv, infatti ti abbiamo visto in tante trasmissioni Rai. Alto tradimento nei confronti del tuo primo amore?

Esattamente il contrario. La mission è invece quella  di portare la radio in altri settori con credibilità, in televisione, in un libro, in un giornale, in un’accademia come docente. Chi ha la radio come focus lavorativo principale, come me, è la dimostrazione naturale di un professionista che lavora in radio ed esprime il suo modo di lavorare nei mezzi di comunicazione. Mi è capitato di vedere personaggi tv che arrivano in radio, nel mio caso è esattamente il contrario. Alto amore per la radio e professionista che da radiofonico va in tv.

 

Stefano Bini

 

(Nella foto, da sinistra, Guido Monti, Gigio D’Ambrosio e Stefano Piccirillo)