Pubblicato il 27/11/2014, 12:05 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA – LORENZO SASSOLI DE BIANCHI, PRESIDENTE UPA: “NEL 2014 LA PUBBLICITÀ HA PERSO UN ALTRO 3%”

Il secondo semestre ha deluso le attese di pareggio, questo secondo il vertice dell’associazione degli nvestitori pubblicitari.meta name=”news_keywords” content=”lorenzo sassoli de bianchi, upa, pubblicità, il sole 24 ore

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 21, di Andrea Biondi.

Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente Upa: “Nel 2014 la pubblicità ha perso un altro 3%”

Il secondo semestre ha deluso le attese di pareggio.

La previsione di Lorenzo Sassoli de Bianchi durante l’assemblea annuale dell’Upa a luglio fu accolta con un grande sospiro di sollievo, con quell’indicazione di chiusura in pareggio per il mercato pubblicitario a fine 2014. «Purtroppo le cose sono andate diversamente», confessa in questa intervista al Sole 24 Ore il presidente degli investitori pubblicitari dell’Upa, 62 anni compiuti proprio ieri. «Al momento stimiamo una chiusura in negativo, attorno al -3%». Ancora un calo dopo il -12,3% del 2013. Se tutto va bene solo nel 2015 si potrebbe tornare a parlare di qualche “zero virgola” di crescita. «Pensiamo che il fondo sia stato toccato. C’è solo da attendere una ripartenza dei consumi».

Cosa è successo dall’estate in poi per far venire meno il pareggio previsto?

I consumi non sono ripartiti e l’economia si è avvitata in una fase di stagnazione. Gli “80 euro” decisi dal governo Renzi piuttosto che diventare incentivi al consumo sono stati usati per il risparmio o per pagare qualche bolletta arretrata.

Una critica al modo di non “non spendere” degli italiani o al governo Renzi?

Nient’affatto. La mia non vuole essere una critica, ma un apprezzamento al senso di responsabilità degli italiani. E per quanto riguarda il governo io penso che il problema della crescita vada risolto a livello europeo. Guardiamo per esempio a quello che sta succedendo negli Usa. Lì la crescita è tangibile e percepita nella quotidianità. In Europa questo non avviene perché sta mancando una politica economica coraggiosa, al di là delle dichiarazioni.

L’esecutivo italiano non sembra però avervi seguito, per esempio, sulla detassazione degli investimenti incrementali in pubblicità.

È vero. È stato anche proposto un emendamento alla legge di stabilità in tal senso, ma vedo che se ne è smesso di parlare. Noi continueremo a chiedere la detassazione, che stiamo proponendo in Italia soprattutto per convincere le multinazionali a investire da noi, piuttosto che a disinvestire, come invece sta accadendo, evidentemente non ritenendo più l’Italia un Paese strategico.

I dati diffusi allo Iab Forum indicano comunque la pubblicità online in crescita. Come investitori avete abbandonato i mezzi tradizionali cedendo alle promesse di profilazioni e ritorni maggiori?

Il search sta crescendo, ma non ne conosciamo i dati, Però, se guardiamo ai Paesi più avanzati siamo indietro.

In queste settimane Google in Italia è al centro di polemiche dopo la presa di posizione del presidente della Fieg Maurizio Costa. Lei da che parte sta?

Io ritengo che il mercato debba essere aperto a una concorrenza trasparente e responsabile. Le aree di opacità vanno chiarite. Non mi pare che ci sia una equiparazione fiscale e il tema dei diritti di quanto pubblicato, come evidenziato da Costa, va affrontato.

Gli investitori pubblicitari non dovrebbero essere favorevoli a operatori che permettono forme di pubblicità magari meno costose e più mirate come viene promesso per l’advertising sul web?

Non direi che ci sia una particolare convenienza economica a investire su internet piuttosto che sulla stampa, per esempio. E comunque l’equilibrio del sistema è indispensabile e va preservato.

La stampa fatica molto nella raccolta. E anche la tv inizia a dare segnali negativi.

La stampa sta facendo la sua traversata nel deserto. Un modello di business per il futuro non è ancora stato individuato da nessuna parte. Per quanto riguarda la tv gli ascolti vanno bene. Il mercato non sta seguendo.

Forse per colpa di una scellerata guerra dei prezzi?

Su questo non posso esprimermi. Faccio solo una considerazione generale dicendo che nei mercati recessivi purtroppo si combatte sui prezzi e meno sulla qualità. E invece l’attenzione alla qualità deve tornare centrale. Sarà importante vedere se e come evolverà la discussione sulla Rai.

Perché parlare di Rai in questo contesto?

Perché la Rai è e resta la maggiore impresa culturale del Paese. La qualità del contenitore conta, anche per attirare investimenti. Entrando nel merito da tempo abbiamo formulato proposte che sono le stesse che fortunatamente ora vediamo al centro del dibattito.

Come il canone in bolletta elettrica? Siete d’accordo?

Noi siamo d’accordo al pagamento per tutti coloro i quali fruiscono della tv attraverso qualsiasi mezzo. E quindi la bolletta elettrica potrebbe essere la soluzione. Ma al di là di questo la Rai deve tornare a essere un servizio pubblico nel senso più proprio. Meno auditel e più “qualitel” per dirla con una battuta. Abbiamo anche proposto una rete senza pubblicità piuttosto che il conferimento della proprietà a una Fondazione per svincolarla dall’ingerenza politica. Comunque riscontriamo con piacere che si parla di riforma e che si stia andando verso un’azione prima sugli indirizzi strategici e la governance e poi sui mezzi di finanziamento. Questa è la strada giusta.