Pubblicato il 26/11/2014, 10:05 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA – BARBARA D’URSO FA INFURIARE L’ORDINE DEI GIORNALISTI

Nell’occhio del ciclone “Domenica Live” e l’intervista a un amico di Elena Ceste. Il presidente dell’Ordine denuncia la presentatrice tv: “Non ha rispettato la difesa della privacy e i minori”.meta name=”news_keywords” content=”il tempo, barbara d’urso, ordine giornalisti, domenica live

Rassegna stampa: Il Tempo, pagina 18, di Massimiliano Lenzi.

La D’Urso fa infuriare i giornalisti

Nell’occhio del ciclone “Domenica Live” e l’intervista a un amico di Elena Ceste. Il presidente dell’Ordine denuncia la presentatrice tv: “Non ha rispettato la difesa della privacy e i minori”.

Immaginiamo per un attimo Jay Leno, comico e conduttore del The Tonight Show (inonda sulla Nbc) negli Stati Uniti, che intervista Barbara Bush, finire denunciato per esercizio abusivo della professione giornalistica; oppure Stephen Colbert, altro comico, che sostituirà David Letterman nel 2015 alla guida del The Late Show sulla CBS, costretto a spiegare del perché si occupi di politica nel talk. Nella polemica esplosa in questi giorni in Italia, ma presente da anni, tra soubrette e informazione e su chi tra le prime possa fare cosa nelle seconde, le news ciò  che non si vede è il concetto di infotainment. L’informazione che diviene spettacolo e intrattenimento, oltreché notizia, e che incarna nella produzione televisiva di questo secolo un vero e proprio genere, oltreché un modello produttivo. Enzo lacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, sulla propria pagina Facebook ha lanciato il sasso su «Soubrette e informazione». «Migliaia di persone (la stragrande maggioranza colleghi) – scrive  lacopino – hanno letto il post “Basta soubrette, ora le denunciamo”. (..) C’è chi, in privato, mi ha chiesto di non fare mucchi, mettendo tutti i “contenitori” o le trasmissioni sullo stesso piano. Non ci pensa nessuno. La cosa che mi ha colpito di più è che praticamente tutti hanno pensato mi riferissi alla signora Barbara D’Urso (che non è giornalista). Non pensavo solo a lei, non agiremo solo nei suoi confronti. Mi arrivano le prime segnalazioni in tema di esercizio abusivo della professione. Dobbiamo controllarle, ovviamente (ne capite le ragioni, vero?) e, quindi, occorrerà del tempo. Ma ho firmato la prima denuncia-esposto proprio nei confronti della signora D’Urso. indirizzato a due Procure della Repubblica (Milano e Roma), all‘Agcom, al Garante per la protezione dei dati personali e al Comitato Media e minori. Valutino loro. Hanno gli strumenti e, direi, il dovere di farlo. Il femminicidio non si consuma solo con l’uccisione di una donna, ma, oltre la morte, anche con l’oltraggio alla sua vita e a quello della sua carne: i suoi figli».

Un intervento, quello di lacopino, che scatena una serie di domande: può un non giornalista fare interviste giornalistiche? Quali sono i limiti? E altro ancora. Prima di entrare nel merito, alcune considerazioni: la professione giornalistica in Italia, da professione intellettuale e borghese, di élite, si è progressivamente precarizzata. Il numero dei giornalisti è aumentato, ne sono arrivati da uffici stampa e da scuole universitarie che davano il praticantato, mentre la domanda (di giornalismo) calava, l’offerta aumentava. Tutto ciò mentre attorno la televisione (anche i quotidiani, ma in forma diversa) mutava radicalmente, mischiando intrattenimento e informazione per rendere più seduttiva la seconda e mantenere il valore commerciale perché i giornali, come i programmi hanno bisogno di un pubblico e di introiti del prodotto. In questa metamorfosi Barbara D’Urso, con successo, Mara Venier, Paola Perego, Federica Panicucci, Paolo Bonolis, sono diventati volti di intrattenimento su Mediaset e sulla Rai ma a secondo degli argomenti che trattavano anche visi da informazione. Colpa loro o colpa del giornalismo che perdeva identità, lentamente, chiudendosi in una dimensione corporativa e sempre meno al passo con la contemporaneità? Pensiamo ai corsi obbligatori di aggiornamento professionale, istituiti dalla legge Severino: 60 crediti in tre anni, almeno 15 per il primo anno: a cosa serve mandare Giuliano Ferrara o Marco Travaglio a seguire qualche ora di corso? Davvero crediamo che un giornalista che scrive, lavora, oggi se  non è aggiornato possa sopravvivere? Non scherziamo! Il problema del giornalismo italiano non è Barbara D’Urso che intervista Matteo Renzi o che si occupa di cronaca (se sbaglia esiste la legge e non c’è bisogno di battaglie corporative) ma semmai il fatto che mai come nel 2014 italiano suona attuale la frase di Leo Longanesi: «Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa».