Pubblicato il 13/11/2014, 13:03 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA – SALVATORE IPPOLITO, COUNTRY MANAGER ITALIA TWITTER: “TWITTER ALLEATA DEGLI EDITORI”

Il manager del social network: “In corso colloqui per accordi con televisioni e giornali”.meta name=”news_keywords” content=”il sole 24 ore, salvatore ippolito, twitter

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 19, di Andrea Biondi.

Salvatore Ippolito, Country manager Italia Twitter: “Twitter alleata degli editori”

Il manager del social network: “In corso colloqui per accordi con televisioni e giornali”.

La premessa è d’obbligo: di conti sulla realtà italiana non si parla. Del resto è così per tutte le altre multinazionali del web. Anche sui dipendenti: «Stiamo facendo interviste e colloqui. Direi un numero che potrebbe essere sorpassato dai fatti», risponde con un sorriso Salvatore Ippolito, 54 anni, da aprile country manager per l’Italia di Twitter, dopo un passato in varie aziende fino a Italiaonline in cui era arrivato a ricoprire la carica di vicepresidente Sales e responsabile Advertising. Al di là delle battute, quel che però è chiaro, anche da questa risposta, è che Twitter in Italia sta prendendo quota ed è in espansione. E l’obiettivo è di puntare a fare ricavi grazie all’advertising, ma anche grazie ad accordi con broadcaster ed editori di carta stampata.

Come giudica l’andamento di Twitter in Italia?

Molto positivo. Fortunatamente c’è grande attenzione del mercato nei confronti di una piattaforma finalmente in grado di realizzare ciò che per lungo tempo è stato solo uno slogan: quello del marketing one-to-one, il marketing in real time. Una delle cose che amiamo dire è che con noi si supera il concetto tradizionale di campagna che viene sostituito da un dialogo quotidiano e in tempo reale con i consumatori.

Crescita a doppia cifra dei ricavi quindi?

Una crescita importante.

Questo però in un contesto di crisi dell’economia e di mercato pubblicitario calante.

In questo momento abbiamo tutta una serie di attività di education nei confronti del mercato. Siamo un medium, ma anche uno strumento di analisi del customer service per capire i comportamenti dei follower. Insomma, abbiamo modelli un po’ più “rotondi” rispetto al semplice piano media.

Spazi e capacità di analisi, ok. Ma il mercato pubblicitario è in calo. Cosa vi fa pensare che qui per voi possano esserci possibilità di sviluppo?

Mi sento di dire che siamo sulla scena con un vestito fatto su misura per noi, visto anche il forte sviluppo di smartphone e tablet. Noi partiamo dal mettere a disposizione keywords, menzioni. Siamo una piattaforma che consente di superare i meccanismi di targettizzazione dell’audience. Noi targettizziamo, per così dire, i “momenti” in cui le persone sono per così dire “accese” per ricevere un determinato messaggio. E abbiamo un punto di forza nel real time delle conversazioni che permette alle aziende di comunicare al momento opportuno a seconda dei bisogni dei follower. E di questo le aziende sentono il bisogno.

Tutto questo non solleva problemi di privacy?

No, assolutamente. Noi siamo rispettosi della privacy dei clienti. Il 95% delle conversazioni è pubblico. Del resto il meccanismo è implicito: la piattaforma è open source conversation.

Quali aziende sono in particolare il vostro target?

Puntiamo su tutte, dalle più piccole per le quali abbiamo sviluppato una piattaforma “self service” alle più grandi. Il nostro focus è comunque proprio sulle più grandi. Sul tema del mercato vorrei però sottolineare un aspetto.

Quale?

La nostra non è una piattaforma stand-alone. Non competiamo con altri mezzi, come ad esempio la tv, ma ci sentiamo di più loro alleati. E questo può portare benefici per tutti.

Di benefici per tutti parla anche da Google. Ma questi sono giorni di forte polemica fra Google e la Fieg. Non temete a questo punto di trovarvi in un ambiente ostile?

No. Non siamo affatto in logica antagonista con gli altri mezzi. Invece possiamo essere di grande aiuto nell’amplificazione dei messaggi e dei prodotti editoriali. Pensiamo alla tv. Una ricerca ha dimostrato che nei break pubblicitari quasi due persone su dieci fanno zapping. Fra chi twitta il dato scende a meno di uno su dieci.

E con la carta stampata?

I giornalisti al momento fanno un ottimo uso di Twitter. Noi non ci appropriamo di contenuti, ma diamo la possibilità di amplificare.

Pensate ad accordi con i broadcaster per meccanismi di revenue sharing?

Ci stiamo lavorando. Al momento abbiamo un prodotto che si chiama Amplify che ci permette, insieme ai broadcaster, di selezionare i contenuti premium da mettere a disposizione su Twitter.

E con gli editori di carta stampata e radio?

Pur senza citare i diretti interessati, posso dire che c’è grande apertura e ci sono discussioni in corso.