Pubblicato il 05/11/2014, 10:34 | Scritto da La Redazione

“LOOKING”, LA SERIE CHE SFIDA I TABÙ, ANZI, LI RACCONTA. MEGLIO: LI SUPERA

“LOOKING”, LA SERIE CHE SFIDA I TABÙ, ANZI, LI RACCONTA. MEGLIO: LI SUPERA
Arriva su Sky Atlantic dal 5 novembre la serie HBO che racconta le vicende di tre giovani uomini gay nel contesto metropolitano di San Francisco: dinamiche umane e professionali, a metà tra dramma e commedia.meta name=”news_keywords” content=”<looking, sky atlantic, micheal lannan>” Lo ha dimostrato il successo di Orange is the new black. Il contesto seriale […]

Arriva su Sky Atlantic dal 5 novembre la serie HBO che racconta le vicende di tre giovani uomini gay nel contesto metropolitano di San Francisco: dinamiche umane e professionali, a metà tra dramma e commedia.meta name=”news_keywords” content=”<looking, sky atlantic, micheal lannan>”

Lo ha dimostrato il successo di Orange is the new black. Il contesto seriale che meglio si presta a raccontare la contemporaneità si chiama dramedy. Vale a dire, elementi drammatici che riflettono il realismo del quotidiano, mixati a battute da commedia per addolcire l’amaro di fondo con una risata consolatoria e affossante a un tempo. In questa scia si colloca Looking, serie tv HBO ideata da Micheal Lannan e diretta da Andrew Haigh, in onda da mercoledì 5 novembre alle 00.10 su Sky Atlantic. La prima stagione, otto puntate in tutto, sfrutta una fluidità narrativa utile a raccontare un intreccio di storie: le vicende del 29enne Patrick (Jonathan Groff), del suo coinquilino 31enne Augustin (Frankie J. Alvarez) e del loro amico 39enne Dom (Murray Bartlett). Sviluppatore di videogiochi il primo, aspirante artista il secondo e cameriere il terzo. Sullo sfondo, la città di San Francisco. L’ambientazione non è casuale. I tre protagonisti sono omosessuali e la metropoli californiana è quella, nel mondo, che più si presta a descrivere le dinamiche della comunità gay. Senza tabù, senza giudizi di merito, abbandonando le barricate che dividono progressisti e tradizionalisti, buoni e cattivi, con ambo gli schieramenti convinti di recitare la parte dei buoni.
Quello che altri show tendono a sfumare o a lasciare fuori campo, come la sessualità e i meccanismi di relazione interpersonali, diventa oggetto della narrazione. Ampliandone le prospettive fin dal titolo. Looking diventa una “ricerca” che non va necessariamente solo nella direzione delle relazioni amorose: una ricerca di se stessi, dell’affermazione professionale, dell’autorealizzazione, di qualcosa che giustifichi le emozioni e che consenta di trovare il proprio personale e famigerato posto nel mondo. Il plot di partenza si dipana su tre linee. Patrick si trova nel bel mezzo di una crisi di identità: dopo la conclusione della sua ultima relazione, decide di rimettersi in gioco; Augustin sembra non credere più nell’amore monogamo e va alla ricerca di nuove esperienze; Dom è nel pieno della crisi dei quarantenni e non è ancora soddisfatto né della sua vita sentimentale, né di quella professionale.
Looking è anche un titolo interlocutorio: per capire se la serie manterrà le promesse iniziali, infatti, non resta che guardarla.

 

Gabriele Gambini

(Nella foto una scena della serie)