Pubblicato il 30/09/2014, 10:03 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA – GEORGE CLOONEY E AMAL ALAMUDDIN, L’EVENTO POLITICO CONSUMATO IN TV

Il critico televisivo del “Fatto Quotidiano” analizza il vero significato del matrimonio dell’anno, tra la star di Hollywood e l’avvocato anglo-libanese.meta name=”news_keywords” content=”il fatto quotidiano, george clooney, amal alamuddin

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 17, di Fulvio Abbate.

George e Amal, l’evento politico consumato in tv

Il matrimonio di George Clooney? I professionisti del gossip giornalistico televisivo, che è poi ormai il più consistente in termini di attenzione mediatica, hanno appena subito una durissima Caporetto, o forse, volendo essere più indulgenti, hanno commesso un errore di valutazione tematico, tecnico formale. Il matrimonio veneziano di George Clooney con l’avvocatessa anglo-libanese Amal Alamuddin è stato innanzitutto infatti un evento politico, forse la principale manifestazione dei democratici Usa in atto attualmente sul pianeta, assai più di una convention con l’asinello, simbolo di quel partito, bene in vista sui cartelli sollevati amano e sulle spillette. E questo nonostante la presenza del succedaneo local Walter Veltroni in veste di ufficiale di stato civile, non per nulla quest’ultima voluta coincidenza ha scatenato più ciniche risate che invidia condivisa. Perfino le insostenibili considerazioni sull’eventuale non-eterosessualità di Clooney, assodato il dato politico di fatto, diventa un dettaglio secondario, d’altronde l’attore, così come la signora 36enne che ha scelto di sposarlo non prima della compilazione di un contratto zeppo di clausole, non sono forse impegnati sul fronte delle cause umanitarie, insomma si fa davvero una certa fatica a trovarli detestabili in quanto creature dello smart-set. Non c’è stato dunque servizio televisivo in questi giorni che, nonostante la buona volontà di buttarla in caciara gossippara non mostrasse in filigrana, ma forse perfino con un’evidenza lampante, il tratto appunto politico dell’evento, la sua natura, la sua sostanza di pre-primarie, e poco importa che in lista d’attesa per salire sul podio della nomination democratica Usa ci sia già un’altra avvocatessa, Hillary Clinton. Evidenti perfino i segni di una sorta di remake kennediano, dagli occhialoni da sole “modello Jackie” indossati da Amal, alla stessa sobrietà in blazer degli amici attori dello sposo, quasi portati lì per ricreare una sorta di foto di gruppo della famiglia democratica per definizione d’America, compreso Bono Vox, sebbene quest’ultimo abbia rappresentato a Venezia una sorta di ufficiale di complemento rock, che non guasta, anzi, appare funzionale all’intero scenario. Quanto a Venezia, un po’ risibili le obiezioni mosse da alcuni commentatori, quasi che l’eccessivo tratto mondano dell’occasione abbia mancato di rispetto all’italianità del luogo, assodato infatti che la città in laguna vive da sempre una sua, come dire?, extraterritorialità poetica, come non rendersi conto che si trattava della location perfetta, la più vera e insieme finta, così come mostravano le immagini di Clooney e della sua compagnia che scendono dal taxi sul molo del Cipriani accuditi dai figuranti gondolieri, tra motoscafi in servizio privato, Riva “Aquarama” e gondole con le loro forcole bene in vista. In certi momenti le immagini rubate a distanza dalle mille e ancora mille telecamere fisse sull’epicentro mobile del matrimonio hanno riportato alla memoria il talento di Robert Altman, lo stesso che raccontando un altro di finzione volle Gassman e Proietti tra i protagonisti. E se quello di Clooney ne fosse il remake?