Pubblicato il 04/07/2014, 18:31 | Scritto da La Redazione

MATTEO CACCIA: “RACCONTO LA SOCIETÀ ATTRAVERSO L’IMMAGINARIO POP. UN OSPITE CHE MI PIACEREBBE AVERE? MOURINHO”

Ogni mercoledì alle 21 su Laeffe, l’attore teatrale, autore e speaker, nel suo “Dalla A a Laeffe” incontra esponenti del mondo della musica, della letteratura, dello sport e propone loro dei temi su cui confrontarsi: il risultato è un format fresco, coinvolgente, che racconta i cambiamenti della società.meta name=”news_keywords” content=”matteo caccia, dalla a a laeffe, la effe”

Dalla A a Laeffe, il passo è breve. Ma contiene un mondo. Raccontato, analizzato, vivisezionato da Matteo Caccia attraverso l’immaginario pop (dove “pop” sta per patrimonio culturale condiviso, non sovrapponibile alla semplificazione dei linguaggi cara ai sostenitori dell’analfabetismo di massa attraverso il mezzo tv) della cultura contemporanea. Di puntata in puntata (ogni mercoledì alle 21 su LaEffe, seconda stagione, produzione YAM112003 a cura di Elena Bianchi), Caccia stimola esponenti della musica, della letteratura, dello sport, della scienza o del cinema a confrontarsi su un tema attinente la loro professione. Il tema si trasforma. Diventa il tassello di un mosaico, la cui composizione combacia con la descrizione della società odierna.

La trovata può non apparire poi così nuova. La sua cifra è elevata, una volta tanto anche in tv. Ma il linguaggio è fresco (dove fresco non assomiglia a un aggettivo di prammatica volto a coprire un vuoto siderale da cartella stampa). La maschera arcigna e lugubre dei luoghi comuni intorno a società e cultura contemporanee viene strappata, svelando un patrimonio di eccellenze generazionali che hanno voglia di raccontare, raccontarsi, accogliendo i mutamenti di un Paese che non deve erigere muri reazionari dinanzi al futuro.

Mi viene in mente la prima puntata della seconda stagione, andata in onda un po’ di tempo fa. Gli ospiti erano l’esploratore Alex Bellini, il giornalista-film maker Gianpaolo Musumeci e il cestista Andrea De Nicola, che si sono confrontati sul concetto di “confine” e di entità geopolitiche. Un argomento alto, sviscerato attraverso un immaginario pop e fruibile.
«Il tentativo di Dalla A a Laeffe è proprio quello: affrontare temi apparentemente alti, attraverso il quotidiano di vita di esponenti della società tra i più diversi. Scegliendo aree di riferimento capaci di raccontare, che poi coincidono con caratteristiche e cambiamenti di un quotidiano vicino allo spettatore».
Qual è l’approccio di Matteo Caccia per stimolare gli ospiti?
«Non sono un giornalista. Non sono abituato a fare domande. Mi piace identificare una tematica in comune tra me e gli ospiti, darle un senso attraverso le loro esperienze personali e professionali».
Qualche argomento delle puntate di luglio?
«In una puntata chiamata “L’origine delle cose”, Luca Ronconi, ultimo grande maestro del teatro italiano e Alberto Rovelli, fisico teorico, si confronteranno sul concetto di nascita delle cose. In senso scientifico e umanistico. Cercando di rispondere a una domanda: esiste un ponte tra arte e scienza? Un legame tra nascita delle idee artistiche e scoperta delle evidenze che spiegano l’origine della materia?».
Esiste?
«Per Rovelli sì, ed è netto. Considera arte e scienza punti di vista diversi, ma complementari per osservare il mondo. Ronconi trova che il legame sia meno immediato, più complicato, influenzato dallo scorrere del tempo, che determina molti cambiamenti».
Qualche altro ospite che l’ha colpita?
«Tantissimi. Gli scrittori Stefano Benni e Antonio Moresco. Walter Mazzarri, allenatore dell’Inter, con cui abbiamo discusso del concetto di “talento”. Chef Rubio, eclettico e spontaneo. Oppure l’arrampicatore americano Alex Honnold, professionista del “free solo”, l’arrampicata senza corda. Lui è una rockstar, nel mondo dei climbers. Pensavo di trovarmi di fronte un pazzo estremista, invece si è rivelato una persona razionale e ponderata».
Anche gli aspetti più delicati della società, con episodi legati all’abuso di potere in Italia, sono stati oggetto di racconto.
«Abbiamo avuto Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi. Una puntata particolare. Aiutati dal giovane filosofo Edoardo Camurri ci siamo addentrati nel concetto di potere e nelle sue distorsioni».
Esprima un desiderio: chi le piacerebbe avere come ospite?
«Jose Mourinho».
Lei dunque è interista.
«Sì, lo sono. Ma non vorrei averlo come ospite solo per quello. Mourinho, prima di tutto, è un personaggio che divide e, come tutti i portatori di un pensiero molto netto, ha molto da dire. Poi, sa come dirlo. Sa dare un taglio laterale alle cose».
Benedetto sia il calcio, nonostante le sfumature grigie che si porta appresso. Siamo in periodo di Mondiali, del resto.
«Il calcio potrebbe essere una leva argomentativa potente. È una delle cose più pop che ci siano in questo Paese. A volte viene caricato di significati e aspettative fuori luogo. Io sono un frequentatore degli stadi, nonostante siano ambienti orribili. Se il calcio si affrancasse dal suo fardello di retorica, potrebbe essere vissuto per ciò che è davvero: un gioco, con professionisti pagati per farlo. Il discorso sugli stipendi dei calciatori è cosa diversa e aprirebbe tante parentesi ulteriori, ovviamente».
Facendo un bilancio della sua trasmissione come specchio di una società veloce, che cosa salterebbe fuori?
«Il mutamento epocale, scaturito anche dalle nuove tecnologie, è evidente. Si ripercuote a cascata sulle famiglie, sul mondo del lavoro, sui rapporti umani. Alessandro Baricco, nella scorsa stagione, aveva spiegato benissimo questi mutamenti, simili a quelli avvenuti nel periodo della Rivoluzione Industriale. Gli stili di vita si evolvono velocemente, tuttavia l’uomo e il suo legame con la terra rimangono uguali in molti tratti. È un errore arroccarsi su posizioni di retroguardia. I cambiamenti vanno accolti, gestiti, sfruttati propositivamente».
Lei riesce a farlo?
«Io ci provo. Ho 40 anni, ho vissuto un pezzo di vita carico di esperienze. Faccio di tutto per conciliare le certezze dei decenni trascorsi con le novità della società 2.0».
Novità consistenti anche sul piano televisivo e sui mezzi di fruizione.
«Credo che oggi esistano tre tipi di tv. La generalista, che, per quanto mi riguarda, ho smesso di seguire da tempo. Destinata a un target anagrafico piuttosto alto, si muove a velocità di crociera costante, diciamo così. Poi c’è il digitale assieme al satellite. Spingono il fruitore verso aree tematiche di interesse e offrono spunti. Da appassionato di sport, cerco e scelgo ciò che mi piace. Poi c’è il web, c’è youtube, ci sono i canali streaming. A un convegno, parlando con dei ventenni, ho chiesto loro quando avessero guardato la tv per l’ultima volta. Mi hanno osservato come se fossi stato preistorico. Per loro, la tv, è già totale sovrapposizione col web».
A proposito di tv e di sue evoluzioni, il suo legame con i progetti di Laeffe è solido.
«Confermo. Laeffe ha un grande merito. Riesce ad assemblare contenuti diversi, plasmando un mondo omogeneo. Dalla cultura cosìdetta “alta”, che poi sono i libri, all’immaginario pop, passando per gli eventi dal vivo, come il Festival di Cortona, che seguiremo. I contenuti sono immaginati e pensati con contaminazione di generi e commistione di linguaggi».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Matteo Caccia)