Pubblicato il 12/06/2014, 16:03 | Scritto da La Redazione

MATTEO CREMONA, DEAKIDS: «VI INSEGNO COME CREARE IL VOSTRO “MOSTRO” PERSONALE»

MATTEO CREMONA, DEAKIDS: «VI INSEGNO COME CREARE IL VOSTRO “MOSTRO” PERSONALE»
Su DeaKids, dal lunedì al venerdì alle 16.45, appare un luogo oscuro, tempestoso e divertentissimo, in cui i bambini di ogni età e generazione possono dar sfogo alla loro immaginazione: è “L’officina dei mostri”, Matteo Cremona e Marco Falatti ne sono i gran cerimonieri.meta name=”news_keywords” content=”<matteo cremona, marco falatti, l’officina dei mostri, deakids>” Alzi la […]

Su DeaKids, dal lunedì al venerdì alle 16.45, appare un luogo oscuro, tempestoso e divertentissimo, in cui i bambini di ogni età e generazione possono dar sfogo alla loro immaginazione: è “L’officina dei mostri”, Matteo Cremona e Marco Falatti ne sono i gran cerimonieri.meta name=”news_keywords” content=”<matteo cremona, marco falatti, l’officina dei mostri, deakids>”

Alzi la mano chi non ha desiderato, da piccolo, un mostro personale e personalizzato. A me è capitato dopo aver visto una puntata di Carletto, il principe dei Mostri, indimenticabile cartone giapponese. Il desiderio, lo coltivo anche oggi. C’è chi può trasformarlo in realtà: i realizzatori di mostri. Loro, i mostri, ve li…”mostrano” davvero. Nella loro officina (L’officina dei Mostri, DeaKids, dal lunedì al venerdì alle 16.45), rendono tangibile l’immaginazione di bambini e bambinoni cresciuti. Si chiamano Matteo Cremona e Marco Falatti. Il primo è il nuovo acquisto del format, è un disegnatore/illustratore di grande esperienza. Il secondo è un modellatore, cura il lato tridimensionale dell’officina e lo avevamo già conosciuto nella prima edizione del programma.

Matteo, la vostra officina, sperduta in qualche luogo magico dell’oltremondo televisivo, è il sogno a portata di mano di ogni ragazzino.
«Si tratta di un’esperienza molto divertente, articolata in due fasi: il bambino incontra per primo me, mi racconta quali caratteristiche deve avere il mostro che intende creare. Si inzia con un disegno, nel quale cerco di rappresentare al meglio le sue indicazioni. Nella seconda fase, Marco lo aiuterà a modellare con la plastilina il mostro desiderato, che alla fine verrà plasmato dalla “macchina dei mostri” e gli verrà assegnato un nome».
Tu sei al debutto nell’Officina.
«Non avevo mai fatto niente del genere, prima d’ora. Al mio esordio davanti alle telecamere, avevo sottovalutato la portata dell’esperienza. Si è rivelata sorprendente, mi sono divertito tantissimo».
Da che cosa è influenzato, l’immaginario di un bambino, al giorno d’oggi?
«I media e la tv giocano un ruolo importante. Molti elementi sono attinti da lì. Ma c’è in loro anche un’immaginazione creativa libera e galoppante. Molto personale. Affrancata da sovrastrutture. Mi è capitato di disegnare mostri che riprendevano la forma di oggetti conosciuti, come le bottiglie o i joystick. Oppure esseri totalmente al di fuori del consueto, divoratori alieni che sembravano usciti dai classici dell’horror».
Parlami di due mostri, da voi creati durante le puntate, che ti hanno colpito.
«Te ne cito due che mi hanno colpito per ragioni diverse. La prima era una creatura quasi “possibile”. Una specie di animale, che ricordava un po’ un fiore, un po’ un frutto. La seconda era una sorta di divinità primordiale, somigliava allo Ctuhulhu immaginato da Lovecraft».
Di mestiere, fai il disegnatore. Quale immaginario ha influenzato le tue scelte stilistiche?
«Sono figlio degli anni ’80, l’epoca dell’esplosione estetica nella sua massima potenza. L’era del colore, dei tratti identificativi marcati. Ho iniziato a disegnare da piccolo. Mi ispiravo ai manga storici come Ken il guerriero, I Cavalieri dello Zodiaco, agli eroi robot, che ultimamente stanno tornando di moda, anche se in versione 3D. Anche ai protagonisti di Masters of the Universe».
L’era digitale ha modificato le modalità di fruizione dei prodotti creativi. Pensi che la tecnologia possa minare il fumetto come prodotto pop di consumo di massa?
«Sono molto “old school”, come impostazione e come metodo di lavoro. Credo che la tecnologia, inevitabilmente, modificherà sempre di più i modelli di fruizione. Tuttavia il culto dell’oggetto cartaceo rimarrà. Forse capiterà come con il vinile per la musica: al giorno d’oggi il concetto di album non esiste più, ma il vinile resta un feticcio celebrativo delle proprie band preferite. Stessa cosa per il fumetto. L’odore della carta, il rapporto fisico con le pagine, resta qualcosa di insostituibile».
Hai anche rappresentato su carta lavori di scrittori noir come Andrea G.Pinketts e Carlo Lucarelli. Dunque la rappresentazione grafica della narrativa è possibile.
«Attingere da un romanzo e rappresentarlo graficamente è complesso ma stimolante. Il rapporto letteratura/fumetto è solido, penso a esempi molto popolari come Miller».
Sei influenzato dalla tv, per il tuo lavoro?
«Sono appassionato di cinema. Seguo anche le serie tv, soprattutto quelle che celebrano l’eroismo dei protagonisti, fornendo spunti per sceneggiature interessanti».
Sei soltanto disegnatore o hai mai pensato a scrivere anche una storia tutta tua?
«L’idea per una storia, c’è. Chissà che in futuro non venga realizzata».
Disegnatore e realizzatore di mostri. Sai che la tua prospettiva lavorativa farebbe l’invida di molti?
«Ti dirò, ho attraversato, da giovane, la fase in cui spaventavo i miei genitori con le mie idee lavorative (ride, nda). Tuttavia disegnare è ciò che volevo fare da sempre. Non ho mai avuto un “piano B”. Forse questa incoscienza mi ha salvato e mi ha permesso di raggiungere i miei scopi. Non mi ha fornito alibi o scappatoie».

 

Gabriele Gambini
(nella foto, Matteo Cremona)