Pubblicato il 01/06/2014, 13:31 | Scritto da La Redazione

ALESSIO SAKARA: «ANCH’IO, CAMPIONE DI MMA, HO UN PUNTO DEBOLE: AL GELATO NON SO RESISTERE»

 

Andrà in onda su DMAX, da lunedì 2 giugno alle 22.50, “Sakara back to Brazil”, docu-reality in cui il più grande atleta italiano nella disciplina delle arti marziali miste ripercorrerà il suo itinerario di carriera, mostrando in prima persona i luoghi del Brasile che hanno forgiato il suo spirito. TVZOOM lo ha intervistato. Ecco che cosa ci ha detto.meta name=”news_keywords” content=”alessio sakara, back to brazil, dmax

 

Italia-Brasile andata e ritorno. Una tappa inevitabile con l’approssimarsi dei Mondiali di calcio. Ma non solo. La terra carioca è il Paese di Bengodi per i praticanti di brazilian jujitsu, tecnica alla base delle MMA (mixed martial arts, arti marziali miste), disciplina ormai sdoganata in Italia come sincretismo belluino di boxe, muay thai, lotta libera e lo stesso brazilian jujitsu. 
Non si tratta solo di menar mazzate. I campioni di MMA sono un esempio di nerbo, dedizione, spirito di sacrificio libero da zavorre retoriche. Atleti dalle gonadi quadrate che fanno apparire i calciatori ultramodaioli per ciò che sono davvero: dei fighetti da club patinato.
Se non ci credete, guardatevi Alessio Sakara Back to Brazil, docureality targato RED CARPET SPORT & MANAGEMENT per Discovery Italia, in onda su DMAX da lunedì 2 giugno alle 22.50. Il format ripercorre l’itinerario di carriera di Alessio Sakara, “Il Legionario”, conosciuto in tv anche per la sua partecipazione a Pechino Express, che, a soli 18 anni, partendo dalla periferia di Roma, è approdato a Rio De Janeiro forgiando un sogno di muscoli e sudore.
Nell’ambiente ti chiamano Il legionario.
«Un po’ perché sono di Roma, un po’ perché, quando la mia carriera è esplosa, tutti mi chiamavano “Gladiatore” sull’onda del successo del film con Russell Crowe. Ma i gladiatori, in fondo, erano degli schiavi, io mi sentivo e mi sento uno spirito libero. Preferivo piuttosto l’accostamento con un soldato delle legioni di Cesare. Da lì, la nascita del mio soprannome».

Dunque MMA è anche sinonimo di libertà. Tu ne sai qualcosa, e ce lo racconterai ripercorrendo il tuo itinerario di vita lunedì su DMAX.
«Il programma non ripercorrà solo la mia, di storia. Si parlerà della storia di questa disciplina, che sta crescendo, attirando l’interesse del pubblico. Attraverso il mio racconto personale mostrerò il vero volto, originale e poco noto, delle MMA. Vi farò conoscere i miei maestri (Ricardo De La Riva, Vanusa, Marcelo Grosso) e incontrare le leggende degli sport di lotta (Pedro Rizzo, Paulo Caruso, Vitelmo Kubis)».
Sei partito da Pomezia alla volta di Rio. Eri poco più che un pischello.
«Cercavo qualcosa che desse la scossa alla mia esistenza. Un cambio radicale di vita. Mi ero appassionato alle MMA. Guardavo le vhs dei campioni, mi facevo coinvolgere dalle caratteristiche di uno sport allora considerato estremo. Avevo delle buone basi come pugile. Sapevo che, per approfondire i segreti dei brazilian jujitsu, l’unico modo era recarmi in Brasile».
Che ricordi hai di quel periodo?
«Bellissimi. Tanto allenamento, tante scoperte nuove. Anche tanta malinconia, a volte. Il tempo passava, spesso interrogavo me stesso per capire quali obiettivi mi sarei dovuto davvero prefissare».
Il ricordo più bello.
«Quando ho iniziato a vincere incontri importanti. La gente mi riconosceva nelle palestre, mi additava, mi chiedeva consigli. La strada era quella giusta, cominciavo ad averne una riprova tangibile».
Il ricordo più brutto.
«Quando a Rio mi hanno derubato. Mi hanno affrontato in 4, armati, e portato via tutto. Chiaramente, di fronte alle armi da fuoco, non puoi fare nulla».
Sei diventato campione. Mettiti nei panni di un ragazzo che, oggi, vuole intraprendere il tuo stesso percorso. Il talento è condizione imprescindibile?
«No, non voglio parlare di talento. Più del talento, contano i sacrifici e la dedizione. Devi essere pronto a metterti in gioco come mai hai fatto prima d’ora. Questo è uno sport duro. Ti costringe ad allenamenti serrati quotidiani, a diete ferree per entrare nel peso da gara. Devi essere disposto a viaggiare. Non puoi permetterti mai di staccare con la mente. Chi riesce a entrare nell’ordine di idee, può togliersi delle soddisfazioni. E può diventare anche molto più bravo di me».
La tua esperienza di campione, ti ha sdoganato anche a livello televisivo “pop”. A Pechino Express sei stato un mattatore.
«Mi sono divertito un sacco! Rifarei subito Pechino Express. Ha messo in luce il mio lato ironico, giocoso. Mi piacciono i programmi di intrattenimento dove non ti prendi troppo sul serio. Senza contare che, grazie a quel format, ho visitato luoghi che difficilmente avrei visto».
C’è qualche altra esperienza televisiva che ti piacerebbe fare?
«DMAX sta realizzando il mio sogno televisivo attuale: poter raccontare il mio percorso e parlare con competenza della mia disciplina. Non chiedo di meglio».
Prima mi hai parlato di “dieta ferrea”. Dunque sei uno che non trasgredisce mai…
«Al contrario! Tanto sono militaresco nell’approccio con l’allenamento, quanto sono discolo in quello col cibo. Riesco a mettermi a dieta solo nei mesi che precedono un incontro. La verità è che vado pazzo per i dolci. Al gelato non so resistere. Ne mangerei a tonnelate!».

 

Visto? Anche i duri hanno un cuore. Un cuore di meringa. Se Sakara per qualche motivo si inca**asse con voi, ora sapreste come corromperlo per portare a casa sana e salva la pellaccia.

 

Gabriele Gambini
(nella foto, Alessio Sakara)