Pubblicato il 11/04/2014, 16:30 | Scritto da La Redazione

FEDERICO COSTANTINI: «VIVERE IN CITTÀ PUÒ ESSERE DAVVERO “WILD”»

FEDERICO COSTANTINI: «VIVERE IN CITTÀ PUÒ ESSERE DAVVERO “WILD”»
TVZOOM ha intervistato l’attore, da questa settimana alla conduzione di “Urban Wild”, contenitore di fascia pomeridiana, in onda su Italia 1 dal lunedì al venerdì alle 16.20. Un’intervista tutta da leggere per scoprire i segreti di sopravvivenza della jungla metropolitana.meta name=”news_keywords” content=”federico costantini, urban wild, italia uno“ L’era 2.0 ha sparigliato le carte. La natura […]

TVZOOM ha intervistato l’attore, da questa settimana alla conduzione di “Urban Wild”, contenitore di fascia pomeridiana, in onda su Italia 1 dal lunedì al venerdì alle 16.20. Un’intervista tutta da leggere per scoprire i segreti di sopravvivenza della jungla metropolitana.meta name=”news_keywords” content=”federico costantini, urban wild, italia uno

L’era 2.0 ha sparigliato le carte. La natura selvaggia è tra noi, nei confortevoli grattacieli che imperversano nella toponomastica delle megalopoli. Certo, nelle strade cittadine non ci si imbatte in tigri, anaconde o amenità del genere. Non mancano però tendenze di costume, violenza metropolitana, aree dismesse trasformate in cimiteri tecnologici, articoli di Aldo Grasso. L’ambiente urbano nasconde un lato molto wild: basta salire con un carpentiere agli ultimi piani di un grattacielo in costruzione. O passare una serata con i freestyler dello skateboard.
Quel lato, nascosto ma non troppo, è raccontato dall’attore Federico Costantini, attraverso filmati originali alternati a contributi internazionali, in Urban Wild, produzione Zodiak Active per RTI, format che arricchisce il palinsesto pomeridiano di Italia 1 dal lunedì al venerdì alle 16.20.
Basta mettersi d’accordo sul significato di Wild. Anche le città possono esserlo.
«Secondo me, sì. Alla fine le città sono come una jungla, non si parla da sempre di “jungla metropolitana”? Ecco. Noi proviamo a raccontarla. Anche nei suoi lati più crudi: caos, affollamento, incidenti, delinquenza».
C’è un segreto per sopravvivere?
«Non farsi prendere dal panico (ride, nda). Io, per esempio, vivo a Roma. Per sopravvivere al caos romano, bisogna possedere una calma zen. Magari andandosi a fare un bel corso di yoga».
Tuttavia, le dinamiche delle grandi metropoli, non sono solo declinate in negativo.
«Al contrario. Mi ha colpito molto la disciplina del parkour. Spettacolare, capace di celare delle insidie. Per girare una puntata del programma, mi sono allenato un giorno intero con alcuni praticanti di parkour. Sono autentiche scimmie metropolitante, dei veri ninja cittadini. Vederli in azione è emozionante».
Urban Wild è stato oggetto di critiche da chi sostiene che, in fondo, si tratti della stessa zuppa che alimenta Wild-Oltrenatura, con Fiammetta Cicogna.
«Mi chiamo fuori da ogni eventuale polemica. Meglio parlarne con gli autori. Io mi occupo di lanciare i filmati e di raccontare le situazioni. La cosa mi diverte e trovo interessanti la totalità degli argomenti trattati».
Lei è un attore. Come si trova, al suo debutto con la conduzione?
«Si tratta di qualcosa di completamente diverso. Non c’entra con la recitazione, benché, trattandosi in questo caso di puntate registrate, la mia conduzione abbia molti aspetti studiati, quasi cinematografici. Detto questo, occorre una grande memoria».
Le piacerebbe sperimentare esperienze analoghe?
«Magari una conduzione live. Dinamica, densa di ritmo. Un po’ come accade a Le Iene».
Il sogno nel cassetto come attore, invece?
«Se dobbiamo sognare, facciamolo in grande: una produzione hollywoodiana. Anche per confrontarmi con il loro metodo di lavoro, meticoloso e stimolante».
Magari con una serie tv internazionale, nuovo trend del periodo.
«Nuovo trend, spesso qualitativo, a cui non si sottraggono i grandi nomi internazionali. Ma io preferisco i film, alle serie tv».
Lei è un ex sportivo agonista. Se non avesse fatto l’attore, avrebbe fatto quello, nella vita?
«Ribaltiamo la cosa. Sono diventato attore proprio perché ho rinunciato allo sport. E non me ne pento. Non ho rimpianti. Il cinema ti consente una carriera lunga, multilivello, adatta a ogni periodo della tua esistenza. A 13 anni, ho iniziato a guardarmi i film di Kubrick. Mi divertivo a replicarne le scene. Ho capito che quella era la mia vera strada».
Però non si è ancora scrollato di dosso l’etichetta di “sex symbol” per teenager, affibbiatale ai tempi de I liceali.
«Quelle sono conseguenze inevitabili di chi fa il mio mestiere. Fanno piacere. Ma la prossima etichetta vorrei che fosse un paragone con la bravura di Kim Rossi Stuart (sorride, nda)».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Federico Costantini)