Pubblicato il 17/03/2014, 12:32 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA: MAMMA RAI, TANTI TAGLI TROPPI NABABBI

Il Governo vuole tagliare. Nel mirino centri di produzione e testate locali. Così si riducono sprechi, ma si disperde un tesoro. E gli appalti esterni toccano i 2 miliardi.meta name=”news_keywords” content=”il fatto quotidiano, rai, tagli, gunitosi, costi

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 8, di Emiliano Liuzzi.

Mamma Rai, tanti tagli troppi nababbi

Il Governo vuole tagliare. Nel mirino centri di produzione e testate locali. Così si riducono sprechi, ma si disperde un tesoro. E gli appalti esterni toccano i 2 miliardi.

È quella linea al ribasso che si chiama Auditel che parla per tutto il resto. Meno 4 per cento negli ultimi anni e un 2014 iniziato con un Sanremo che è sceso sul pianeta terra, la Miss Italia persa per strada causa monito della Boldrini, nessun concerto, nessuna fiction che abbia brillato più delle altre. Ha vinto Don Matteo, sai che novità. Tutto il resto è stato un naufragio. A partire dalla coppia Perego-Presta, moglie conduttrice lei, manager di grande potere lui: la Vita in diretta è stato il più formidabile insuccesso della stagione. Fabio Fazio, che pure correva da solo per abbandono di contro programmazione, ha perso anche nel presepe dell’Ariston. Non è andata meglio a Vespa, ridimensionato assai, né agli altri talk politici che perdono ovunque, ma alla Rai hanno perso anche meglio.

L’occupazione non solo politica

Quando si tratta di occupare, però, sono tutti in prima fila. Il presidente del consiglio Matteo Renzi pensa al prossimo direttore generale e a una squadra di direttori di tg tutta sua: la poltrona del Tg1 l’ha già promessa a una decina di giornalisti, tutti quelli che lui chiama per nome. Più cauto sul Tg3, dove Bianca Berlinguer non molla e poi uno dei tre che dovrà essere lasciato all’opposizione. Così funziona la Rai. Azienda che nasconde grandi professionalità, ma le tiene nel sottoscala a stipendio d’oro purché non disturbino le grandi, o larghe che siano, manovre. Il Movimento 5 stelle, attraverso il presidente della Commissione di vigilanza ha provato a denunciare gli appalti esterni. Siamo a una cifra da capogiro, due miliardi di euro l’anno che finiscono in una serie di scatole cinesi e di società che portano cognomi noti. 648 milioni di euro per beni e servizi, 292 per le fiction, 237 per il cinema, 233 per i programmi e 116 per i film.

E i nomi? Si va dai fratelli Casella, con un passato “nell’ufficio stampa di Silvio Berlusconi” o nella “televisione di propaganda” del Cavaliere, alla Luxvide di Ettore Bernabei e figli, con Banca Intesa fra i soci. E ancora tra i fornitori dell’azienda pubblica c’è pure Dino Vitola, cioè colui che fu coinvolto dalle polemiche qualche tempo fa perché durante il suo Canzoni e Sfide, al teatro Politeama di Catanzaro, in sala c’era il camorrista Gaetano Marino (poi ammazzato) che ascoltava la figlia cantare. Due miliardi per gli appalti, 244,6 milioni che l’azienda ha perso nel 2012. Con oltre diecimila stipendi da pagare ogni mese tra tecnici, giornalisti, impiegati e conduttori. E Fazio non è l’unica star a essere pagata fior di milioni (5,4 milioni per il conduttore di Savona). Tutta la batteria di personaggi ha stipendi di tutto rispetto. la regola del mercato. Destinato a cambiare, ovvio, anche perché il mercato pubblicitario non ha detto niente di buono la stagione passata (flessione del 20 per cento) e non dice niente di buono per le prossime stagioni. E in un periodo di spending review la prima vittima sacrificale sembra proprio l’informazione. Gira con insistenza un piano che vorrebbe eliminare l’informazione regionale, fonte di spesa non indifferente, ma che garantisce la pluralità e il servizio pubblico. In ogni capoluogo di regione ci sono sedi Rai, spesso anche uffici distaccati, come in Sardegna e Trentino Alto Adige dove ci sono uffici a Sassari e a Trento. Per non parlare della sede di San Marino che passa attraverso un accordo tra i due governi.

L’operazione trasparenza

Dicevamo professionalità. Quelle che ha allevato e continua a allevare la Rai, sia nel campo dell’informazione che quello dell’intrattenimento, forse non ha esempi nell’intera Europa. Una grande scuola. Ma tenuta sempre imbrigliata dalla politica. Spesso i politici hanno invaso il campo professionale senza il minimo ritegno, imposto direttori di tg, ma anche vallette o attricette di terza fila. E questo sistema non può più andare avanti. La Rai deve tornare alla Rai. I centri di produzione (obbligo citare quelli di Napoli e Torino hanno fatto storia) devono tornare a produrre e non solo a importare format. Sugli stipendi, invece, la trasparenza è a metà. Quello che sappiamo, attraverso le dichiarazioni del direttore generale Luigi Gubitosi è che su “300 dirigenti Rai, tre hanno una retribuzione superiore ai 500 mila euro l’anno, uno tra 400 mila e i 500 mila euro, quattro tra i 300 mila e i 400 mila euro, trentaquattro tra i 200 mila e i 300 mila euro, 190 tra i 100 mila e i 200 mila euro, 68 sotto i 100 mila euro”. Top secret gli stipendi dei direttori di Tg, più o meno tra i 300 mila euro l’anno e i 500 mila che guadagnava Augusto Minzolini.