Pubblicato il 11/03/2014, 16:29 | Scritto da La Redazione

PIERO PELÙ: «CON “THE VOICE” VINCE LA MUSICA. IN FUTURO VORREI VEDERE UN “MASTERPIECE” PER AUTORI DI CANZONI»

PIERO PELÙ: «CON “THE VOICE” VINCE LA MUSICA. IN FUTURO VORREI VEDERE UN “MASTERPIECE” PER AUTORI DI CANZONI»
Il frontman dei Litfiba ha commentato con TVZOOM le novità del format di Rai2 dedicato alle ugole emergenti, dichiarandosi anche grande fan del talent per scrittori in onda su Rai 3.meta name=”news_keywords” content=”piero pelù, the voice, rai2, raffaella carrà, j-ax“ L’abbiamo detto al suo esordio nel format musicale di Rai2, lo ribadiamo oggi. Piero Pelù […]

Il frontman dei Litfiba ha commentato con TVZOOM le novità del format di Rai2 dedicato alle ugole emergenti, dichiarandosi anche grande fan del talent per scrittori in onda su Rai 3.meta name=”news_keywords” content=”piero pelù, the voice, rai2, raffaella carrà, j-ax

L’abbiamo detto al suo esordio nel format musicale di Rai2, lo ribadiamo oggi. Piero Pelù è il più importante rocker nazionale che abbia varcato la soglia del mainstream abbinando alla trasgressione delle chitarre distorte un’immagine da Iggy Pop all’italiana.
Il frontman dei Litfiba è carico all’idea di ricominciare nel ruolo di “coach” a The Voice of Italy, da mercoledì 12 marzo in prima serata live. Un ritorno televisivo, in attesa di riprendere contatto con il suo pubblico nelle date del tour da solista (5 aprile all’Atlantico Live di Roma; il 12 aprile al Gran Teatro Geox di Padova; il 16 aprile all’Alcatraz di Milano e il 18 aprile all’Obi Hall di Firenze).

L’anno scorso aveva detto: «Si tratta di un gioco, un gioco molto serio. Non chiamatelo talent».
«Lo ribadisco anche quest’anno. The Voice è un gioco, è imprevedibile, non guarda in faccia a nessuno e mette la voce, assieme alla musica, al centro dell’attenzione. Diciamo “sì” alla musica libera da etichettature, senza l’obbligo dell’approccio ultracompetitivo, della dimensione talent o, peggio, reality. Qui l’immagine conta relativamente, rispetto all’anima di chi viene a cantare».
A proposito di musica, l’arrivo di J-Ax tra i coach, è stato pensato con l’intento di legittimare il fronte rap.
«Lui rappresenta, come capita a me con il rock, un genere musicale che da sempre trova poco spazio nella tv ufficiale. Sono curioso e contento di averlo tra noi, detesto la routine, ogni novità è adrenalinica e carica di sorprese».
Come l’anno scorso, nelle blind audition sarete costretti a scegliere l’ugola che vi convince di più in pochi minuti.
«The Voice è un gioco particolare. Hai pochissimo tempo per comprendere davvero le caratteristiche della voce che senti. Dunque, come mi è capitato l’anno scorso, sei costretto a malincuore a lasciare a casa voci anche valide. Questo è l’aspetto emotivo, empatico, del programma. Senza le lacrime di coccodrillo dei reality».
A The Voice, un concorrente si gioca la carriera?
«No, ma ha la possibilità di cogliere un’opportunità importante. Uno step in più, un’esperienza da ricordare e rielaborare, mettendola a frutto. Non è poco, di questi tempi. Mi piace la dimensione televisiva che sappia valorizzare la creatività di chi sceglie una forma d’arte come carriera professionale».
In questo senso, quale altro format l’ha incuriosita?
«Ho apprezzato Masterpiece. Trovo stimolante essere messi a confronto con la stesura di un romanzo attraverso tante piccole prove divertenti e ben congegnate. Ecco, sarebbe bello se la Rai pensasse a un format simile dedicato agli autori di canzoni. Non scordiamo che il segreto di una bella canzone sta nell’interprete, nel testo, negli arrangiamenti, in tutto ciò che concorre al suo sviluppo».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Piero Pelù)