Pubblicato il 07/03/2014, 19:33 | Scritto da La Redazione

MasterChef, parla il vincitore Federico: Ho vinto meritatamente. Almo? chi?

MasterChef, parla il vincitore Federico: Ho vinto meritatamente. Almo? chi?
Il medico torinese non lesina commenti sulla finale, parlando a tutto campo: Almo, il concetto di alta cucina, i progetti per il futuro. Ecco che cosa ha raccontato a TvZoom.

Federico Ferrero vince MasterChef

A vederlo, sembra un Philippe Daverio dei fornelli. A sentirlo, specie quando paragona l’arte culinaria all’arte concettuale contemporanea, sembra un Philippe Daverio dei fornelli.
Federico Ferrero, vincitore di Masterchef, è dunque un Philippe Daverio dei fornelli? Non del tutto. Di Daverio gli manca l’ironia sottile, rosicchiata da un puntiglio battagliero da nobile sabaudo che non ha seppellito la forchetta di guerra. Colpa di Almo. Il secondo classificato, in conferenza stampa, ha insinuato di essere stato penalizzato dalle scelte dei giudici nel condurre la dinamica di gara.
Almo le ha mosso battaglia. Ha dichiarato di sentirsi defraudato, a suo dire avrebbe meritato la vittoria più di lei.
«Almo chi? No, non penso fosse lui il favorito. Mi sono meritato la vittoria, ha prevalso la mia idea di cucina, che ha trasmesso sensazioni positive».
Almo sostiene di aver avuto meno tempo di lei, nella prova finale, perché ha servito per primo i piatti.
«Mi fa ridere. Lui ha alzato la mano e si è proposto prima degli altri. Ma le linee dei piatti erano già state preparate, non è stata una differenza temporale determinante per la loro qualità. Senza contare che, a dirla tutta, il primo a servire i piatti è avvantaggiato, perché li può proporre nell’immediato, al meglio della loro preparazione».
Ancora Almo: sostiene che lei abbia vinto perché ha prevalso una linea di cucina salutista.
«La mia idea di cucina è bella nei colori, nei sapori, nel calore trasmesso. La salubrità è un valore aggiunto. In generale, la cucina è un’idea che sa diventare emozione. Chi aspira a diventare chef deve possedere un concetto chiaro, personale di che cosa significhi per lui cucinare. Dettando linee guida precise che possono essere realizzate da una brigata fidata. L’arte culinaria, oggi, si avvicina all’arte concettuale contemporanea».
C’è chi dice che il suo sia un approccio snob.
«In realtà adoro i piatti semplici. Impazzisco per il cibo da strada di qualità. Ma ho partecipato a Masterchef, non a Masterstreet».
A chi dedica la vittoria?
«A mia mamma. Mi ha dato quel “quid” in più. Ho compreso adesso, troppo tardi, quanto sia stata importante per la mia formazione».
C’è da chiedersi come lei abbia iniziato a coltivare la sua passione.
«Da un invito in barca a vela da parte di amici. Avevo vent’anni. Non sapevo nulla di mare e di barche. Sono stato assegnato alla cambusa e ho iniziato a sperimentare».
Le piacerebbe tornare in tv con un programma di cucina tutto suo?
«Conversare di cucina in televisione. Perché no? Sarebbe molto interessante».
Sa che commentare i cooking show televisivi è diventato il passatempo nazionale degli italiani?
«La cucina è come il calcio. Così come, quando gioca la propria squadra del cuore, tutti si improvvisano allenatori e calciatori, allo stesso modo durante un cooking show, tutti gli spettatori si sentono grandi chef. Quando sul web mi capita di leggere critiche a Cracco mosse dai suoi stessi fan, mi viene da pensare che la Rete è fuori controllo, come ha osservato Severgnini sul Corriere».
Italiani popolo di allenatori e di chef?
«Si dice che il teatro sia l’imitazione della vita. La cucina è l’imitazione del teatro che imita la vita. Andrebbe valorizzata maggiormente, nell’Italia in tempi di crisi».
I fornelli come rimedio alla crisi?
«La grande cultura gastronomica italiana come strumento per fare impresa, per diffondere il primato italiano nel mondo, richiamando iniziative e turismo. Il governo spagnolo, in passato, ha contrubuito con iniziative concrete a diffondere la tradizione culinaria iberica nel mondo. E dire che, rispetto alla nostra, è notevolmente inferiore».
Lo suggerisca a Renzi.
«Per parlare di cucina con qualcuno dovrei prima conoscerlo, approcciarmi empaticamente a lui e comprendere, dalla sua attitudine, che cosa possa sposarsi meglio col suo gusto. Se ci fosse l’occasione, gliene parlerei volentieri».
Le dà l’impressione di essere un palato raffinato?
«Così, a pelle, non mi pare un gran gourmet. Ma non vuol dire».
E dei tre giudici, che mi dice? Punta a diventare come loro?
«Per ora sarebbe come paragonare una Cinquecento a delle Ferrari. Detto questo, Cracco è il Mozart dei fornelli. Barbieri ha un grande palato, per alcuni aspetti legato a un tipo di cucina del decennio scorso. Bastianich ha creduto da subito in me, mi ha incoraggiato a portare avanti la mia idea».
Lei è single. Ma le donne sono affascinate da uno chef. Può approfittarne.
«La donna non è solo affascinata da un buon piatto cucinato per lei. E’ attratta anche dalla spiegazione di come quel piatto viene preparato. Detto questo, trovare la persona giusta, non è facile».
Vincendo Masterchef, che cosa sente di aver dimostrato?
«Che può vincere la competenza sulla “piacioneria”, la capacità sulla simpatia. Non è più tempo di barattare un certo finto buonismo tipico delle realtà di oggi, con la reale professionalità nell’esercitare un’arte, un mestiere. Tutti i miei fan, e tutti coloro che, per emergere, hanno studiato e lavorato molto, sanno che cosa intendo dire».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Federico Ferrero)