Pubblicato il 12/02/2014, 12:33 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA: RON «CANTERÒ A SANREMO LA LETTERA D’AMORE DI DALLA

L’artista, che esordì sedicenne al Festival e vinse la gara nel ’96, racconta perché ha scelto Sanremo per presentare il nuovo cd. E ricorda quando all’Ariston sbagliò l’attacco di “Piazza Grande”…meta name=”news_keywords” content=”la repubblica, ron, festival sanremo, lucio dalla

Rassegna stampa: La Repubblica, pagina 52, di Giuseppe Videtti.

Ron «Canterò a Sanremo la lettera d’amore di Dalla»

L’artista, che esordì sedicenne al Festival e vinse la gara nel ’96, racconta perché ha scelto Sanremo per presentare il nuovo cd. E ricorda quando all’Ariston sbagliò l’attacco di “Piazza Grande”…

Al Festival di Fazio, nella serata di venerdì 21, quella dei duetti, Ron canterà da Cara di Dalla. «È un brano che ho dentro, è come fosse mio, non potrei condividerlo con nessuno, a parte Lucio che idealmente sarà con me sul palco». È un omaggio, la prima esternazione pubblica dopo la morte dell’amico. Ron ha elaborato in silenzio il suo lutto e non ha dimenticato. Undici anni dopo l’esordio sanremese da cantante ragazzino, il maestro, che aveva portato al successo la sua Piazza Grande, gli disse: «E ora che ti scrivi i testi da solo». Era l’81, un periodo glorioso nella carriera di Ron, al secolo Rosalino Cellamare, 60 anni – quarantaquattro in musica – e ancora quella faccia da ragazzino che battezzò il primo Sanremo degli anni Settanta con Pa’ diglielo a ma’, una canzone che solo due adolescenti come lui e Nada avrebbero potuto cantare.

«È vero, gli anni Ottanta furono una benedizione per me. Incisi Una città per cantare: a cavallo tra Banana Republic (’79-’80), al quale partecipai come musicista e arrangiatore, e i miei miti, Jackson Browne, Ioni Mitchell, Crosby Stills Nash & Young. Quell’album mi diede una nuova vita», ricorda. Con Sanremo, dove quest’anno torna in gara, ha avuto un rapporto altalenante. «Il Festival non è più un appuntamento per chi ama la musica, ai miei tempi era un’altra cosa, c’era un’attenzione micidiale per le canzoni, poi ha cominciato a prendere piede lo spettacolo, la tv ha fagocitato la gara», spiega. Il 20 febbraio, a cinque anni dall’ultimo disco d’inediti, pubblica Un abbraccio unico che oltre alle due canzoni festivaliere (Sing in the rain e Un abbraccio unico) contiene anche America, un testo che gli scrisse Dalla, per eccesso d’amore e per pudore rimasto nel cassetto per più di vent’anni. «Scrivere canzoni mi permette di raccontarmi di più e meglio, come in un incontro tra amici quando, un po’ sbronzo, dici cose che nessuno si aspetterebbe da te».

Questo disco la riporta a Sanremo, dove nel ’96 trionfò con Vorrei incontrarti tra cent’anni.

«Mancavo dal 2006, il Festival di Panariello. Cantavo L’uomo delle stelle».

Brutti ricordi?

«Belli e brutti. Ricordo l’emozione delle prime apparizioni, una gioia, una festa per un adolescente. Ma ricordo anche il dramma di Piazza Grande, nel ’72. Accompagnavo Dalla alla chitarra e attaccai in anticipo sull’orchestra. Andammo fuori tempo. Lucio non dimenticherò mai la faccia che fece fu costretto a fermare l’esecuzione; avrei voluto morire. Infine il Festival dell’88: che tristezza quel Sanremo senza orchestra, a cantare Il mondo avrà una grande anima sulla base, di fronte a un mazzo di fiori. Arrivai tra gli ultimi».

Cosa l’ha convinta a tornare?

«Fabio Fazio, uno che ama la musica, si circonda di persone che amano la musica e nella selezione dei brani usa esclusivamente criteri di qualità. Il suo Sanremo è uno dei pochi che non mi abbia annoiato, tranquillo, rilassato, positivo. Una buona vetrina per questo disco, che è pieno di me e di tutto ciò che mi sta a cuore. Malata, ad esempio, è ispirata alla piccola eroina afghana che ha rischiato la vita lottando per il diritto all’istruzione».

Ma c’è anche America, un testo inedito di Ludo Dalla che lei ha musicato.

«Lo scrisse per me nel ’92, parole affettuose che mi indussero a riconsiderare il mestiere di cantautore, l’atteggiamento nei confronti del mondo e le aspettative in un momento in cui ero arrabbiato e deluso per mancanza di risultati. Il messaggio è: il successo arriverà quando scoprirai quel che hai dentro e lo amerai, anche se non ti piace».

Perché ha aspettato così tanto per metterlo in musica?

«Avevo bisogno di metabolizzarlo, di trovare il momento in cui farlo con passione e consapevolezza. E una lettera che Lucio mi scrisse, c’è dentro il mio modo di vedere la vita e l’amore».

Il suo destino s’intrecciò molto precocemente con quello di Dalla.

«Lo incontrai la prima volta a Sanremo, ne11970. In effetti dovevo cantare Occhi di ragazza, una sua composizione, che invece fu bocciata e successivamente portata al successo da Morandi. Avevo sedici anni e mezzo, subito dopo incisi gigante e la bambina, una canzone che avrebbe dovuto cantare lui. Non ho mai capito perché Lucio volle darla a me. Paola Pallottino, coautrice, non era d’accordo, ma lui insistette perché a raccontare quella terribile storia di molestie fosse un ragazzino».

All’epoca il Festival creava e distruggeva miti.

«Un successo precoce come quello che ebbi io può causare sbandamenti. Abitavo dove ancora vivo, a Garlasco, e subito dopo Sanremo ripresi ad andare a scuola. Arrivavo col trenino a Pavia, e un gruppo di coetanei, evidentemente gelosi, da un treno che viaggiava sul binario opposto mi gridava qualsiasi cattiveria. Ma fu anche un periodo di grandi opportunità. A Roma abitai da Sergio Bardotti; in casa sua arrivavano Vinicius de Moraes e Chico Buarque e Toquinho, si suonava fino alle sei del mattino. Poi mi trasferii da Lucio, a Trastevere. All’epoca collaborava con Roversi, grande euforia… Sono stato molto fortunato, ho vissuto in un periodo in cui sono successe tante cose, tutte importanti».

Non sono tempi facili peri cantautori della sua generazione. Come ci si sente quando gli amici cominciano ad andarsene, il mondo intorno cambia e persino la tv, alleata di sempre, riduce gli spazi della musica unicamente ai talent show?

«Come uno che non ha il ponte per raggiungere la riva opposta; ti metti a nuotare con il rischio di affogare e di non arrivare mai».