Pubblicato il 09/02/2014, 15:31 | Scritto da La Redazione

GIOVANNI CIACCI: «MI PIACEREBBE “PAILETTARE” DARIA BIGNARDI. IL PERSONAGGIO TV DELL’ANNO? COSTANTINO DELLA GHERARDESCA»

Parla il costumista e “personal stylist” della trasmissione di Rai Due “Detto Fatto”: la sua esperienza televisiva, le sue collaborazioni con dive del calibro di Sophia Loren e Liza Minelli, i suoi auspici di carriera. Il ritratto di Ciacci, raccontato da TVZOOM.meta name=”news_keywords” content=”<giovanni ciacci, detto fatto, caterina balivo, sophia loren, liza minelli, valeria marini>”

 

Parli con Giovanni Ciacci e ti rendi conto di una cosa: la tv ha ancora la forza di plasmare il sogno, l’irraggiungibile, quel mondo di lustrini e pailettes immaginato con un sospiro da chi vive la quotidianità dell’ordinario.
Il mondo delle dive e dei divi con la “D” maiuscola, da idolatrare per le caratteristiche che vorrebbero avere i loro fan, ben felici di contemplarle in loro.
Lui, personal stylist nel format di Rai2 Detto Fatto, condotto da Caterina Balivo, quel mondo lo conosce bene. Ha lavorato con Liza Minelli, Sophia Loren, Monica Bellucci. Senza scordare Valeria Marini. Ha iniziato ai tempi del Fantastico condotto da Enrico Montesano e non ha più smesso.
Forse perché credeva fortemente in un destino già tracciato nell’adolescenza, quando frequentava la discoteca Papillon di Monteroni d’Arbia, nella Toscana profonda dove è iniziata la sua avventura di vita, dove il deejay era – guarda un po’ – un imberbe Carlo Conti.

Giovanni, come personal stylist di Detto Fatto, le hanno affidato un compito: la trasformazione estetica delle donne comuni, che si rivolgono a voi, in trasmissione, per vivere un giorno da dive. Mi ha colpito la sua frase: «Io non vesto un corpo, semmai vesto un sogno e lo rendo scintillante e tangibile».
«Da sempre vesto le donne di spettacolo. In Detto Fatto, mi sono prefissato un compito: traslare le peculiarità di quel mondo sulle donne comuni che vengono in trasmissione. Affrancandole per un giorno dalla quotidianità, dall’ordinario. Rendendo tangibile lo straordinario. Se una donna viene da me, per lei deve essere una festa. Non è come rivolgersi al parrucchiere o al sarto sotto casa. È come andare su un red carpet. È come presenziare a una serata di gala in cui si abbandona il classico tubino nero per indossare un abito di pailettes dorate che non si avrebbe mai l’occasione di indossare nella vita».
Le richieste di partecipazione alla sua rubrica in Detto Fatto sono tantissime e, soprattutto, provenienti da donne vissute tra i più diversi contesti anagrafici e professionali.
«Questo perché resto convinto di una cosa: la tv è e deve rimanere un bellissimo sogno in cui poter osare. Specie in tempi di crisi. La vita è triste, la quotidianità ci obbliga a confrontarci con problemi ricorrenti. Non è bellissimo, anche solo per un giorno, lasciarseli alle spalle e sognare?».
Dunque la parola d’ordine è “osare”. Con gusto, ma senza rinunciare al glamour sopra le righe.
«Vale anche per le donne di spettacolo con cui ho lavorato o con cui mi piacerebbe lavorare. Anzi, sai che ti dico?».
Dica.
«La butto lì scherzosamente: mi piacerebbe far abbandonare il tubino nero a Daria Bignari e pailettare anche lei (ride, nda). Lo dico in modo giocoso, ovviamente».
Daria Bignardi mantiene un fascino algido e rigoroso. Crede che si presterebbe?
«Lei conserva un animo pop che a volte cerca di nascondere, ma che è presente. Lo testimonia la bellissima intervista fatta a Barbara D’Urso in una recente puntata de Le Invasioni Barbariche».
Lei, Giovanni, si occupa attualmente anche del restyling estetico di molti personaggi di LA7, non a caso.
«Ho accettato volentieri l’incarico. Allineandomi a quell’immagine pulita, alta, molto radical del canale. Ho lavorato con Lilli Gruber, Luisella Costamagna, Myrta Merlino, donna meravigliosa».
Anche le donne di tv attuali conservano la capacità di sognare?
«Da Carla Bruni a Kate Middleton, passando alla donna di tutti i giorni: tutte loro ammiccano, consapevolmente o no, alla Rossella O’Hara di Via col vento. Quello è un “must” che non tramonta mai, è un’aspirazione segreta, un’immagine sfavillante».
Torniamo per un secondo a Detto Fatto.
«Caterina Balivo è splendida. Ho fatto per molti anni il costumista per lei. Un giorno si è rivolta a me, proponendomi di pensare a una rubrica di “cambio look” per il programma. Qualcosa sul modello del Brutto Anatroccolo o di Bisturi, format di qualche anno fa. Senza preavviso, Caterina mi ha chiesto: “Perché non fai tu un provino per condurre quello spazio?”. Io non volevo andare davanti alle telecamere, ho sempre impostato la mia carriera standone dietro. Lei ha insistito, alla fine ho accettato. Ed è andata bene».
Come avviene la pianificazione del look per le partecipanti?
«Io non so chi arrivi in puntata fino al giorno della puntata stessa. Non faccio prove, creo al momento, e ogni volta mi sembra di aver realizzato la miglior trasformazione di sempre. Ogni partecipante mi regala una sorpresa. Ci sono signore che arrivano con l’intenzione di cambiare qualcosa al di fuori per cambiare loro stesse dentro. L’immagine si coniuga con i meandri profondi della propria personalità, della propria psiche. Arriva la quarantenne che vuole tagliarsi i capelli per dare un taglio al proprio passato. La cinquantenne in cerca di nuovi stimoli per la sua quotidianità. Tratto ognuna di loro come una regina, come se fosse una star. E loro usufruiscono per un giorno di un trattamento esclusivo e gratuito».
Qual è il segreto che rende appetibile la trasformazione?
«La leggerezza con cui è affrontata. Non ci prendiamo mai sul serio. Si gioca, si sogna. E si tira fuori quel che si ha dentro, senza restrizioni. Detto Fatto ha molti meriti: è condotto da Caterina Balivo, bella, intelligente, equilibrata, mai sopra le righe. E poi, piace ai radical chic perché ne colgono gli intenti ironici, e piace alle signore perché lo considerano un format scacciapensieri, di puro intrattenimento».
Lei ha vissuto tante ere televisive, con tutti i mutamenti del caso. Qual è il tratto distintivo delle donne di spettacolo che hanno saputo lasciare un segno?
«Faccio mia una frase di Antonella Clerici: “Nel mondo dello spettacolo, non c’è posto per i velocisti. Bisogna essere maratoneti. Sapersi reinventare, valorizzando i propri tratti distintivi».
Tre nomi di tre dive con cui ha collaborato che l’hanno colpita per qualche motivo.
«Sophia Loren è l’archetipo della diva del cinema di ogni tempo. Monica Bellucci sa usare il suo fascino con elegante consapevolezza. È una professionista serissima e instancabile. E poi Liza Minelli. Un giorno lei disse che la star “vera” è quella dai tratti sempre riconoscibili. Un po’ come il brand della Coca-Cola. Puoi spostarti a qualunque latitudine, ma lo riconoscerai sempre. Una menzione particolare poi a quella che considero “la Divissima…”».
Chi sarebbe?
«Valeria Marini. Meravigliosa. A lei devo moltissimo. Grazie a lei ho iniziato alcune delle mie più importanti collaborazioni».
Domanda scontata, forse banale: icona si nasce o si diventa?
«Lo si diventa. Anzi, mettiamola così: per l’80% lo si diventa, plasmando la propria immagine, mettendola al servizio della propria personalità. Poi resta un 20% di aura innata».
Anche perché al giorno d’oggi non si inventa più nulla, tutto è frutto di rielaborazioni del passato.
«Penso a Madonna quando pubblicò il suo libro, Sex. Sguinzagliò il suo staff alla ricerca di immagini di icone del passato che potessero, in qualche modo, appartenerle, con cui potesse stabilire un legame. Alla fine, comprò tutte le foto di Patty Pravo nuda di proprietà di Angelo Frontoni. Aveva notato in quelle immagini un elemento di continuità, qualcosa che le appartenesse e che potesse esserle cucito addosso. La rielaborazione appartiene a buon diritto alla sfera dell’invenzione. L’invenzione tout court è più difficile».
Chi promuove, per stile, immagine e personalità, nella tv odierna?
«Costantino Della Gherardesca è il personaggio dell’anno. La sua immagine, il suo modo di essere, tutto di lui ha qualcosa di speciale. Sa essere tagliente, dotato com’è di un’ironia sottile. Soprattutto, sa essere garbato. Dopo anni di tv urlata e di trash, con lui si ritrova il gusto per la battuta intelligente e per l’intrattenimento di qualità. Mi piace anche Fabio Fazio. Poi Luciana Littizzetto. Anche Miriam Leone. Spero possa godere di nuovi spazi di visibilità».
Ora provi a sognare lei, anziché regalare sogni agli altri. Chi le piacerebbe vestire, bacchetta magica alla mano?
«Nel mio cuore conservo due miti assoluti. Raffaella Carrà e Barbra Streisand. Inarrivabili. Della Carrà son fan scatenato. Ho avuto l’opportunità di lavorare con la Streisand, ma alla fine ho rifiutato».
E perché mai, diamine?
«È pericolosissimo avvicinare troppo i propri miti assoluti. Si corre il rischio di scoprire segreti su di loro. Un mito deve essere inarrivabile, deve conservare quei tratti da te immaginati. Non dovrebbe mai svelare i suoi segreti. Se scoprissi, che so, che la Carrà in realtà è riccia, mi crollerebbe il mondo addosso (ride, nda)».
La tv di oggi, e i social network, contribuiscono a rendere i miti avvicinabili. E di conseguenza “smitizzabili”.
«Un po’ mi dispiace. La tv di oggi ha perso l’adrenalina di una volta. Tutto è troppo avvicinabile. Anche Cher sta su Twitter! Un tempo, si aspettava con impazienza un intervento critico di Aldo Grasso. Oggi, coi social, tutti si prendono la briga di pontificare su tutto».
Mi tolga un’ultima curiosità: è vero che lei andava a ballare, da adolescente, nella discoteca in cui Carlo Conti faceva da deejay?
«Confermo tutto. Siamo nati nella stessa zona. I miei genitori mi lasciavano andare a ballare in discoteca perché sapevano che c’era il deejay che mi controllava. Ironia della sorte, anni dopo, ho firmato la mia prima serata tv proprio per Carlo Conti. E sua moglie, Francesca Vaccaro, è stata mia assistente. Il tutto è avvenuto in modo casuale, quello è l’incredibile».

 

Gabriele Gambini
(nella foto, Giovanni Ciacci)