Pubblicato il 08/02/2014, 22:29 | Scritto da La Redazione

RASSEGNA STAMPA: FREQUENZE TV, PRETENDENTI IN FUGA E L’ASTA RISCHIA DI ANDARE DESERTA

L’ombra del flop aleggia sull’ultimo programma che il ministero dello Sviluppo economico si appresta a lanciare in tv: l’asta delle frequenze televisive. Questa dovrebbe essere la settimana clou per le decisioni.
Rassegna Stampa: Corriere della Sera, pagina 23, di Massimo Sideri

Frequenze tv, pretendenti in fuga e l’asta rischia di andare deserta

I dubbi di Sky, Rete A e Cairo. La crisi frena le emittenti locali

L’ombra del flop aleggia sull’ultimo programma che il ministero dello Sviluppo economico si appresta a lanciare in tv: l’asta delle frequenze televisive. Il bando di gara è stato firmato venerdì e, dunque, questa dovrebbe essere la settimana clou per le decisioni. Come era già emerso lo scorso aprile con il regolamento preparato dall’AgCom guidata da Angelo Cardani, alla nuova asta non potranno partecipare né la Rai, né Mediaset e né tantomeno Telecom Italia Media, anche se nel frattempo La7 è passata nella galassia di Urbano Cairo.
Nella sostanza i candidati ideali per garantire il pluralismo televisivo, obiettivo ultimo della gara come ci chiede l’Europa, e una copertura adeguata del territorio, sono Sky Italia di Rupert Murdoch e Rete A della famiglia De Benedetti.
Ma, anche se nulla di ufficiale è trapelato, i due gruppi non sembrano intenzionati a fare un’offerta. Il rischio che l’asta vada deserta è molto alto: Sky ha già un canale in chiaro ed evidentemente l’esperienza ha spinto il gruppo a tornare a focalizzarsi sul core business della pay tv. Rete A ha siglato nel frattempo un accordo con Telecom Italia Media per ridurre i costi con alcune sinergie. E il gruppo Cairo, che tecnicamente potrebbe partecipare, non ha ancora deciso nulla e non mostra segni di deciso interesse. Qualche sorpresa potrebbe arrivare dagli outsider come Discovery Channel, operatore che si sta muovendo bene in Italia e che sta crescendo molto. Anche se il gruppo già in passato si era mostrato freddo sulla possibilità di diventare proprietario delle frequenze. La capacità trasmissiva nel nostro Paese è considerata da molti in eccesso e le frequenze si possono facilmente affittare sul mercato.

Dunque chi ne avesse bisogno in questo momento difficilmente opterebbe per un elevato costo fisso (la base d’asta è di circa 30 milioni di euro, cifra alla quale bisogna aggiungere gli investimenti per garantire almeno il 51% della copertura nazionale in 5 anni) rispetto a un costo variabile con molti meno vincoli. L’unica strada per rientrare da questi investimenti è la pubblicità, mercato molto incerto in questa fase. Nessuna sorpresa al contrario è attesa dalle piattaforme locali: le tv regionali sono in grave crisi. Il fallimento di Telemarket è solo la punta dell’iceberg di un più generale indebolimento degli ex piccoli imperi da Telenorba a Telelombardia.
Le tv locali sono rimaste schiacciate anche dal taglio dei sussidi che spesso e volentieri venivano elargiti in cambio di una vetrina per il consenso politico.
Ma dal punto di vista economico la mazzata finale è arrivata dalla guerra del telecomando (uscite dai primi 9 numeri ora sono come la seconda o terza pagina di risultati di una ricerca su Google, dove nessuno arriva) e dal digitale terrestre che doveva favorire la pluralità, ma che nei fatti si è rivelato un ulteriore ostacolo. Il governo Monti – che pure aveva messo la salvaguardia delle tv locali nel proprio programma – aveva previsto tagli di circa 200 milioni a questa industria dal 2013 al 2023. L’attuale governo Letta li ha ridotti di circa la metà, ma le tv locali hanno già messo in cassa integrazione il 50% dei 5 mila dipendenti. Numeri che appaiono incompatibili con l’asta.

L’operazione riguarda frequenze che compongono tre reti televisive digitali terrestri nazionali con un diritto d’uso ventennale non trasferibile per i primi tre anni suddivise nei seguenti lotti: L1 con l’utilizzo dei canali 6 e 23 con una copertura nominale stimata di popolazione pari al1’89,5%; L2 con l’utilizzo dei canali 7 e i i con una copertura pari al 91,1%, L3 con l’utilizzo dei canali 25 e 59 con una copertura pari al 96,6%. Il provvedimento consente di concorrere per tutti e tre i lotti ai soli nuovi entranti o piccoli operatori (cioè che detengono un solo multiplex), di concorrere per due lotti (L1 e L3) agli operatori titolari di due reti in DVB T; agli operatori integrati, attivi su altre piattaforme con una quota di mercato superiore al 50% della tv a pagamento (Sky), è permesso partecipare al solo lotto L1. Il bando esclude espressamente gli operatori che detengono tre o più multiplex (Mediaset, Rai e Telecom Italia Media Broadcasting).