Pubblicato il 07/02/2014, 16:35 | Scritto da La Redazione

BEPPE FIORELLO: «RACCONTIAMO UNA SCAMPIA DIVERSA»

BEPPE FIORELLO: «RACCONTIAMO UNA SCAMPIA DIVERSA»
La fiction “L’oro di Scampia“, in onda lunedì in prima serata su Rai1, racconta la storia vera dei Maddaloni, padre judoka e campione olimpico di judo, capaci di sottrarsi alla camorra in un quartiere difficile di Napoli. Fiorello interpreta il padre, Anna Foglietta è la moglie, Gianluca Di Gennaro il figlio. meta name=”news_keywords” content=”l’oro di […]

La fiction “L’oro di Scampia, in onda lunedì in prima serata su Rai1, racconta la storia vera dei Maddaloni, padre judoka e campione olimpico di judo, capaci di sottrarsi alla camorra in un quartiere difficile di Napoli. Fiorello interpreta il padre, Anna Foglietta è la moglie, Gianluca Di Gennaro il figlio.

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È un’altra Scampia. Ci sono i morti ammazzati, le rapine, la prostituzione e lo spaccio, ma la storia, vera, è a lieto fine. A Napoli li conoscono tutti, i Maddaloni, padre e figlio, Enzo, maestro judoka con una palestra in uno dei quartieri più degradati della città, Pino arrivato a conquistare l’oro olimpico a Sidney grazie all’arte orientale che il padre gli ha inculcato. Esempi di un riscatto che nella città partenopea può succedere, anche se poi, a sentirli, «non cambia niente, anzi, le cose sono solo peggiorate». Ma questo nel film-tv L’oro di Scampia, in onda su Rai1 lunedì in prima serata, diretta da Marco Pontecorvo, non si vede.

La vicenda è tratta dal libro di Enzo, racconta della Napoli di tanti ragazzi di Scampia, e del coraggio di un uomo, interpretato da Giuseppe Fiorello, che li toglie dalla strada e li porta in palestra, allenandoli e avvicinandoli a uno sport che al concetto di violenza sostituisce quello del rispetto.

Ma la camorra è sempre dietro l’angolo, è lì, uccide, incendia, corrompe, anche se alla fine il bene sembra trionfare. Per fiction. La realtà la racconta Pino Maddaloni, oggi tecnico della Nazionale maschile di judo: «È da quando ho tre anni che spero che nella nostra città e nel nostro Paese cambi qualcosa, ho smesso di crederci, il nostro è un Paese senza orgoglio. Sono cresciuto allenandomi in cantina, sono diventato campione europeo e ho vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi, ma non è cambiato niente. Mio padre ha avuto un caponnone, io faccio il tecnico della federazione, sogno di vincere tante medaglie a Rio e questo mi basta».

Al padre forse è andata anche peggio, dopo le vittorie del figlio ha dovuto lasciare il suo quartiere a Napoli, Miano, per le minacce della camorra. «Mi sono dovuto spostare da Miano a Scampia, oggi ho ancora la mia palestra, ma si è sparsa la voce che da noi non si paga, è diventato una sorta di contenitore di fasce deboli».

Per girare il film-tv Pontecorvo ha scelto di restare a Scampia. «Abbiamo girato dentro le vele – racconta Fiorello – Ho scoperto che lì c’è molto altro rispetto a quello che solitamente si conosce di Scampia. Un giorno mentre andavo sul set, una signora mi ha fermato e mi ha detto: “Mi raccomando Fiorè raccontaci bene”. Temeva che facessimo l’ennesimo film sulla droga, la camorra e i morti ammazzati, una realtà che noi non nascondiamo. Il nostro film non è antagonista rispetto a Gomorra, sposta l’angolazione, è una storia di sport applicato a Scampia».

Per entrare nel quartiere conosciuto per la sua alta densità di camorra, il regista Pontecorvo ha dovuto chiedere l’aiuto delle forze dell’ordine. «Non è stata una passeggiata girare nelle Vele – ammette Fiorello – C’è stata, non dico la protezione, ma l’organizzazione del commissariato di polizia del quartiere, perché in una vela non si può entrare da soli. Questo mi ha fatto capire che lo Stato c’è, anche se forse non basta».

Lo chiediamo a chi a Scampia ci è cresciuto, ha un padre ergastolano, un fratello carcerato e guadagna 70 euro alla settimana facendo il parrucchiere. È Emanuele Vicorito, nel film-tv interpreta un camorrista: Pontecorvo l’ha voluto per la sua bravura, così come Stefano Sollima l’ha chiamato per Gomorra, la serie in onda a marzo su Sky Cinema: «La mia vita reale è come quella che vivono questi ragazzi del film, anche io come loro coltivo la speranza di potercela fare, nonostante non sia facile. Mio padre, dal carcere, mi ha detto di andar via, di provare a fare l’attore, spero che tutto questo non finisca».

Dipende anche da un sistema che per queste fiction sceglie attori pescati dalla vita vera, ma poi se ne dimentica. Come successo un po’ a Ciro Petrone, l’allampanato “Pisellino” del film Gomorra, che nell’Oro di Scampia interpreta Sasà, ma che in conferenza stampa non c’è perché sembra che nessuno abbia previsto un rimborso spese per il viaggio.

Realtà e fantasia, si diceva. Per Fiorello dare il volto a un uomo di periferia è stato un tuffo nella sua infanzia. «Anche io come Enzo sono cresciuto in una periferia di un paese siciliano, si chiamava quartiere paradiso, dove negli anni ’70-’80 c’erano tanti morti ammazzati – conclude – Potevo prendere una brutta deriva, ma sono scivolato verso la parte giusta grazie alla mia famiglia che ha saputo leggere i miei sogni. Questa storia mi somiglia moltissimo, anche io ho vinto le mie medaglie d’oro, perché un po’ ce l’ho fatta».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Beppe Fiorello e Gianni Maddaloni)