Pubblicato il 05/02/2014, 16:32 | Scritto da La Redazione

NICCOLÒ AGLIARDI: «”BRACCIALETTI ROSSI” SCAVA NELLE PIEGHE EMOZIONALI MA NON CEDE AL RICATTO DELLA RETORICA»

NICCOLÒ AGLIARDI: «”BRACCIALETTI ROSSI” SCAVA NELLE PIEGHE EMOZIONALI MA NON CEDE AL RICATTO DELLA RETORICA»
TVZOOM ha incontrato il direttore musicale e compositore della colonna sonora della fiction Rai: cantautore di lungo corso, Agliardi ha raccontato i dettagli del progetto, sottolineando gli spunti creativi di quella che definisce: «Un’esperienza dirompente, fatta di emozioni e spontaneità».meta name=”news_keywords” content=”<niccolò agliardi, braccialetti rossi, colonna sonora, rai >” La fiction Braccialetti Rossi riesce nell’intento che […]

TVZOOM ha incontrato il direttore musicale e compositore della colonna sonora della fiction Rai: cantautore di lungo corso, Agliardi ha raccontato i dettagli del progetto, sottolineando gli spunti creativi di quella che definisce: «Un’esperienza dirompente, fatta di emozioni e spontaneità».meta name=”news_keywords” content=”<niccolò agliardi, braccialetti rossi, colonna sonora, rai >”

La fiction Braccialetti Rossi riesce nell’intento che ogni fiction dovrebbe porsi: raccontare – tirando fuori per intenzione ciò che si avverte dentro per ossessione – affrancandosi da ogni formula ricattatoria, trappola che un argomento delicato come quello della malattia potrebbe sottendere. Il merito è anche della coesione tra narrazione e tappeto sonoro.
Niccolò Agliardi, direttore musicale e compositore della colonna sonora (9 canzoni inedite contenute nel cd Braccialetti Rossi, interpretate da Francesco Facchinetti, Ermal Meta, Il Cile, Laura Pausini, Simone Patrizi, Edwyn Roberts, Greta e dallo stesso Agliardi) cantautore abituato a direzionare il proprio ego di artista al servizio di un progetto, ne ha saputo interpretare le istanze e le urgenze con sensibilità coerente.

Mettersi al servizio di una colonna sonora significa prima di tutto osservare e rielaborare, cogliendo gli spunti di un racconto. Da dove ha cominciato?
«Sono partito cercando di fare un passo indietro rispetto a quello che un cantautore è solito fare. Ho cercato di raccontare le storie degli altri, compiendo un atto di generosità al servizio della sceneggiatura. Mettendomi in linea con la potenza, e la prepotenza, di ciò che si andava a narrare».
Qual è la cellula iniziale dalla quale ha iniziato il percorso?
«Il disco nasce grazie alla mia convivenza con i protagonisti della fiction nell’arco delle riprese. Una convivenza che significa condivisione, con un intento: unire il racconto televisivo al racconto musicale».
Mi racconti la sua esperienza sul set. Che cosa l’ha colpita, durante la lavorazione?
«L’esperienza sul set è la storia di una bellissima alleanza. Ho trascorso l’estate con i sei protagonisti della fiction, ragazzi di età, esperienze e valori molto diverse. Un gruppo eterogeneo, che mi ha colpito per la semplicità e la naturalezza con cui ha saputo mettersi al servizio della sceneggiatura. Ogni giorno ci si sottoponeva a un lavoro serrato. Eravamo in un residence sul mare, le restrizioni per gli attori erano precise: non si poteva prendere il sole, non si poteva fare il bagno prima delle 7 di sera, l’alimentazione doveva essere sana, senza eccessi, per esigenze di copione. Lo scopo era portare sullo schermo personaggi con menomazioni nel modo più credibile possibile. Con un tratto distintivo: la leggerezza e la naturalezza dell’interpretazione».
Il rischio del progetto era evidente: cadere nella captatio benevolentiae di raccontare drammi umani.
«Carlo Degli Esposti, il produttore che ha deciso di produrre la fiction dopo aver visto l’edizione spagnola, mi ha colpito per la sua richiesta precisa: film e musica dovevano stare lontano dal ricatto e dalla paraculaggine insite in un argomento tanto delicato. Così è stato. Quello è il tratto distintivo principale, motore del progetto».
Tanti mesi di convinvenza su un set avranno dato vita ad aneddoti o curiosità.
«Sai che cosa mi ha impressionato davvero? L’abbattimento delle frontiere del pudore. Sul set si piangeva e si rideva con grande spontaneità. Non è facile trovare un ambiente di lavoro in cui ci si possa commuovere, mostrandosi vulnerabili senza il timore di essere giudicati. È successo davvero. Ci si è confrontati con un mondo di fatica, di sudore, di sangue abbattendo le barriere protettive delle pieghe emozionali. Un’esperienza deflagrante come poche».
Un mix eterogeneo sul set ha dato vita a un mix eterogeneo di artisti su disco. Da supervisore musicale, è stata dura coniugare brani interpretati da personaggi tanto diversi tra loro?
«Vale quanto detto per l’esperienza sul set. Le canzoni raccontano l’esperienza di un gruppo, che è cellula prima del racconto stesso. Nello spirito del disco c’è un coinvolgimento eterogeneo di artisti all’apparenza poco coniugabili, specchio di quanto ti ho descritto».
Se l’esperienza è stata gratificante sotto ogni aspetto, considererà altre ipotesi da compositore di colonne sonore?
«Sono infinitamente grato alla “forma canzone”, che mi consente di fare il lavoro più bello che io possa immaginare. Non sono capace di incasellarmi in un’unica dimensione professonale, lo scrivere brani rappresenta da sempre la mia salvezza, anche sul piano umano. Dunque posso dirti che cercherò con caparbietà di prendere per mano le mie canzoni e portarle dovunque, anche al di là di quel supporto ormai “vintage” chiamato cd».
A proposito di supporti vintage, lei continuerà a lavorare anche su quel fronte, sfornando nuovi dischi.
«Una settimana prima di ricevere la chiamata per Braccialetti Rossi, stavo preparando l’uscita del mio nuovo disco. Da lì devo partire, un album, in un mondo in difficoltà come quello musicale contemporaneo, rappresenta comunque un biglietto da visita, un viatico per collaborare a nuovi progetti. Quando Braccialetti Rossi si riposerà, Niccolò avrà altre dieci storie da raccontare attraverso nuovi pezzi».

Gabriele Gambini

(Nella foto Niccolò Agliardi)