Pubblicato il 03/02/2014, 19:04 | Scritto da La Redazione

JACOPO VENTURIERO: «ADAM VEGA DI “CENTOVETRINE”: CINICO, SARCASTICO, MA…»

JACOPO VENTURIERO: «ADAM VEGA DI “CENTOVETRINE”: CINICO, SARCASTICO, MA…»
Se ti chiami Adam Vega, nella vita hai un destino segnato. O fai la rockstar, o il supereroe, o il cattivo in una soap. Al personaggio di Venturiero è capitata la terza opzione e il brillante attore ha raccontato a TVZOOM i dettagli dell’esperienza.meta name=”news_keywords” content=”<jacopo venturiero, adam vega, centovetrine, canale 5>” Nella soap di […]

Se ti chiami Adam Vega, nella vita hai un destino segnato. O fai la rockstar, o il supereroe, o il cattivo in una soap. Al personaggio di Venturiero è capitata la terza opzione e il brillante attore ha raccontato a TVZOOM i dettagli dell’esperienza.meta name=”news_keywords” content=”<jacopo venturiero, adam vega, centovetrine, canale 5>”

Nella soap di Canale 5 Centovetrine, Jacopo Venturiero interpreta la parte di Adam Vega. No, dico, badate al nome. Adam Vega. Mica Giuseppe Rossi. Mica pizza e fichi.
Chiamarsi Adam Vega implica responsabilità. Potrebbe essere il nickname di un supereroe della Marvel. O di un manga. O di un deejay di successo («In consolle, stasera, Adam Vega!», e via di folla in delirio).

O di un boss della mala. Tipo che Tony Montana muore e lascia tutto al suo pupillo, Adam Vega.
Jacopo, in Centovetrine, è un po’ tutto questo. Il suo Vega è un indivudio cinico, spietato, il cui fine ultimo sono soldi e potere. È un cattivo e, non ci si stanca mai di sottolinearlo, è fighissimo fare la parte del cattivo.
Jacopo, quanto è figo chiamarsi Adam Vega?
«Quando ho letto il nome sul copione la prima volta, l’ho immaginato come una sorta di supereroe. Qualcosa che si avvicinasse ai cartoni giapponesi anni ’70 e ’80, tipo la flotta di Vega, i nemici di Goldrake. Poi mi è venuto in mente un particolare ancora più interessante…».
Spari! In senso metaforico, beninteso.
«Beh, ho pensato a Vincent Vega, il personaggio di John Travolta in Pulp Fiction. È bello pensare di essere un John Travolta in versione ridotta. Ho scoperto poi che anche un pugile, o un wrestler, ora non ricordo, si chiama Adam Vega. Un mix di nome anglosassone e cognome ispanico. Gli sceneggiatori sanno bene che giocare su una denominazione ad alto impatto funziona sul pubblico».
Come si è trovato, nella realtà della soap?
«Sono stato catapultato al volo. Ho sostenuto il provino il 25 marzo e il 3 aprile ero già sul set. Ho fatto la prova costume e mi sono lanciato in scena».
Mi parli del suo Adam Vega.
«E’ cinico. Soprattutto, è dotato di grande sarcasmo. La sua, a volte, è cattiveria gratuita, però tagliente, elegante, sostenuta da capacità ironiche. Una soap opera ha una sua grammatica precisa, fatta di intrecci, melò e colpi di scena. Mancava un personaggio così presuntuoso, competitivo. La sua totale assenza di buonismo lo libera dalla retorica dello stereotipo. I registi Macaferri prima e Michele Rovini poi, mi hanno aiutato a conferire al personaggio un’aura da cattivo americano. Alla Gordon Gekko di Wall Street (ride, nda)».
E lei si sarà divertito un mondo nell’interpretarlo.
«Sai una cosa? Mi hanno sempre detto che ho la faccia del bravo ragazzo. Un po’, è vero. Quindi ho puntato sull’eleganza ironica alla James Bond, dando vita a un personaggio sottile, intelligente, non grossolano. Mi sono divertito, sì».
Ci anticipi che cosa scopriremo di Vega nelle prossime puntate. Nei limiti dell’anticipabile, si intende.
«Scopre che Leo Brera gli ha sempre mentito sul conto di suo figlio. Questo è uno snodo narrativo importante. Si trova poi a stretto contatto con Viola, ha modo di difenderla da una situazione spinosa. Però Vega non fa mai niente per niente…».
Ci sarà qualche colpo di scena?
«A fine stagione ci sarà una grossa sorpresa. Un evento che determinerà in lui un cambiamento. Ma non posso anticiparti niente».
Nel cast di Centovetrine figura anche Luciano Roman, con cui lei ha lavorato a teatro.
«Ti racconto un aneddoto divertente. Con Roman ho trascorso un lungo periodo in tournee per Hedda Gaber, dal testo di Ibsen. Roman era stato da poco scritturato per Centovetrine. La produzione però cercava ancora il volto giusto per interpretare Adam Vega. Non riuscivano a trovarlo. La moglie di Roman è Annamaria Malipiero, attrice già nota per Vivere e per Centovetrine. E’ stata lei, vedendo per caso lo spettacolo teatrale, a segnalarmi alla produzione di Mediavivere. Tutto è avvenuto per pura casualità, lei non mi conosceva nemmeno, le sono piaciuto sul palco e ha pensato potessi funzionare per la soap».
Lei però ha sempre desiderato recitare, nella vita. Mi risulta abbia iniziato proprio con la tv.
«Mia mamma è attrice di teatro. Sono nato in un ambiente propedeutico al mestiere. Lei però non mi ha mai spinto, ha sempre lasciato che facessi le mie scelte spontaneamente. Per gioco, a 8 anni, Maria Rosara Caracciolo di Torchiarolo, titolare di un’agenzia, le propose di farmi fare qualche pubblicità. Poi, crescendo, la decisione di provarci davvero, è arrivata da me».
E sono giunte le prime opportunità.
«Il film La Medaglia, col protagonista Franco Nero. Tante fiction quando ero molto giovane. A 18 anni poi, ho avuto l’illuminazione. Ho sostenuto il provino all’Accademia Silvio D’Amico. Tre anni pazzeschi. Ho fatto poi Giorni da Leone, a fianco di Luca Barbareschi, ho lavorato a fianco di nomi come Albertazzi e Popolizio».
Ora che cosa sogna per la sua carriera?
«Di fare del cinema. E del bel teatro. Il teatro in Italia è in difficoltà, ci sono troppi meccanismi autoreferenziali. Vale anche per il cinema, che un tempo era un’industria fiorente. Manca il ricambio generazionale».
I tempi di crisi offrono minori opportunità ai giovani attori?
«Anche. Mi viene in mente una frase detta a me da un classico “cummenda” milanese durante una cena: “Ah, fai l’attore? Beh, divertiti ancora per qualche anno, poi vai a lavorare sul serio” (ride, nda). A volte manca la consapevolezza che recitare non è un’improvvisazione. Occorre lavoro duro e tanto studio».
Mi par di capire che il messaggio sia: date spazio a chi ne ha le competenze. Il mondo della recitazione non è meritocratico?
«A volte, le produzioni in cerca di traino e visibilità, privilegiano i grandi nomi provenienti dagli ambienti televisivi, piuttosto che la qualità di chi ha studiato davvero. Sia chiaro, anche tanti anni fa esistevano le segnalazioni: ma venivano segnalati attori pazzeschi, come Alberto Sordi, tanto per dire. Occorre trovare un bilanciamento tra nomi e qualità. E poi occorre il colpo di fortuna, ovvio. Saperlo gestire bene».
Ha mai pensato a una sua carriera diversa dal mestiere di attore?
«Mai. Dovrei? (ride, nda). In realtà, coltivo anche le opportunità collaterali alla recitazione: il doppiaggio, oppure il prestare la mia voce per gli audiolibri. L’ho fatto per il sito ilnarratore, il primo portale italiano dedicato agli audiolibri. Ho lavorato in radio, a RadioRai3 con la trasmissione Damasco, dedicata alla lettura. E nella trasmissione Sky, Bookshow».
Domanda provocatoria: se le capitasse l’occasione di alta visibilità in qualche reality?
«Non è per snobismo, ma i miei tanti impegni sul set e sul palco non mi consentono di guardare tanta televisione. Mettiamola così, per ora sono contento di giocarmi le mie carte come sto facendo in questo periodo».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Jacopo Venturiero)