Pubblicato il 29/01/2014, 17:34 | Scritto da La Redazione

CLAUDIA MORANDINI: «SONO PRONTA ALLA FULL IMMERSION DI “SOCHI”, SPERO CHE LO SCI ALPINO TORNI ALLA RIBALTA»

L’ex campionessa di sci alpino, oggi conduttrice televisiva, si è raccontata a TVZOOM alla vigilia del grande evento olimpico di Sochi, in onda su Cielo in diretta e in chiaro a partire dal 7 Febbraio.meta name=”claudia morandini, sky, cielo, sochi, olimpiadi, alberto tomba”

Dalle piste di sci, vissute e sofferte come atleta portabandiera dei colori nazionali, a conduttrice e cronista capace di raccontare le emozioni col piglio di chi le ha provate davvero. Claudia Morandini, campionessa di sci alpino, è pronta, dal 7 febbraio, a imbarcarsi per Sochi nella squadra di telecronisti di Cielo, («Una full immersion totale», dice), affrontando il bello della diretta come avrebbe affrontato una porta di slalom speciale.
Perché il segreto di un bravo narratore è lo stesso di un atleta coscienzioso: «Rimuovere tutto ciò che ti sta attorno e concentrarti sui dettagli con un approccio semplice, diretto, cercando di portare il pubblico allo stesso livello di coinvolgimento che vivi tu, in prima persona».
Con un auspicio personale («Spero che questa mia seconda carriera mi dia le stesse soddisfazioni della prima»), e collettivo («In Italia, è doveroso insistere affinché i cosiddetti sport “minori”, come quelli invernali, acquisiscano una dignità che li avvicini al mondo del calcio»).

Al termine della carriera agonistica, ha da qualche anno iniziato un’avventura professionale ricca: conduttrice per Eurosport, Rai Sport, Sky Sport. Ora sarà nel team di cronisti Sky in vista di Sochi.
«Sono molto felice, è un periodo positivo. Cielo mi ha scelta non tanto in veste di ex atleta ma apprezzando la mia nuova dimensione professionale. La sfida per me è cercare di raccontare al meglio tutte le categorie sportive presenti a Sochi, non soltanto lo sci alpino, che è la disciplina che conosco meglio».
Come vede la squadra olimpica italiana?
«Non sono tanti gli atleti che si presentano come grandi favoriti ma, essendo un evento olimpico, confido in piacevoli sorprese. Sarò la prima tifosa».

Sochi non sarà soltanto un evento sportivo. Controversie socio-politiche sono pronte a far da corollario alla manifestazione.
«È prevedibile. Certi argomenti, con l’approssimarsi di grandi manifestazioni come quella di Sochi, si inseriscono innescando polemiche e dibattiti. Mi auguro che l’attenzione mediatica rimanga focalizzata sugli atleti e sull’aspetto agonistico, rendendo l’evento principalmente una festa sportiva. Capace, perché no, di sensibilizzare l’informazione anche su altre tematiche, ma solo in senso positivo e propositivo».

Inevitabile chiederle un raffronto tra l’affrontare una competizione da atleta protagonista e raccontarla per la tv.
«Dei legami ci sono. Il cronista cerca di percepire le emozioni provate dall’atleta al momento della gara. Essendo stata atleta a mia volta, so bene di che cosa si tratta. Il grande campione avverte l’adrenalina di un momento che potrebbe cambiargli l’esistenza. Si focalizza sulla competizione, è come se entrasse in una bolla per estraniarsi da tutto e da tutti. Credo che il segreto sia entrare in empatia con quelle sensazioni e cercare di raccontarle con un linguaggio semplice, avvicinandosi al pubblico senza costruzioni o costrizioni».
Un po’ come sta impostando la sua carriera di giornalista sportiva, cercando di acquisire visibilità gradualmente, senza costruzioni velleitarie.
«Preferisco definirmi conduttrice sportiva. Non sono giornalista. Da quel punto di vista, cerco di pensare giorno per giorno. Ho fatto tanta gavetta, scegliendo una crescita graduale ma costante, senza eccessivi picchi iniziali. Non ho obiettivi o sogni nel cassetto specifici. Voglio trovare però il mio posto nel mondo della conduzione sportiva. Cercherò di meritare ogni occasione che mi capiterà».
Occasioni che abbracceranno settori anche diversi dagli sport invernali.
«Il bello di lavorare a eventi sportivi per la tv è il potersi trasformare ogni volta. Ciò permette di acculturarti e conoscere le specifiche tecniche di ogni argomento trattato. Sarebbe un guaio, per una donna, non dimostrarsi preparata nell’affrontare un argomento sportivo».
Intende dire che a una donna certi errori non verrebbero perdonati?
«Il mondo sportivo è un mondo maschile, dicendolo non si rivela un mistero. Si tratta di un retaggio culturale diffuso. Dunque, nei confronti di una conduttrice donna, c’è sempre maggior attenzione nel giudizio e nella critica. L’essenziale è essere preparati, conoscere la materia trattata e il linguaggio con cui trattarla. Diciamolo, le figure femminili, nel commentare lo sport, sono sempre utili e dovrebbero trovare più spazio».
Allora mi costringe a fare il malizioso. Oltre alla sua brillante carriera sportiva, pensa che l’essere giovane, bella e bionda possa aiutarla nel farsi strada in tv?
«Non lo nego, l’aspetto aiuta, essere telegenici è un punto di partenza. Non nascondo che mi abbia aiutata molto, soprattutto agli inizi. Poi però arriva sempre il fatidico momento della verità: se non sei preparata sull’argomento, le critiche piovono a maggior ragione».
Ogni tanto capita, a qualche conduttrice, di ricevere critiche. Specie nel mondo sportivo calcistico, passione incontrastata del teledipendente medio italico.
«Mi piacerebbe tanto che i cosiddetti “sport minori” godessero di pari dignità col calcio e non venissero seguiti solo in occasione dei grandi eventi. In questo senso, sport come il ciclismo riscuotono parecchi consensi anche al di fuori della cerchia degli appassionati. Per quanto riguarda lo sci, molto dipende dal carisma dei protagonisti. Personaggi come Alberto Tomba o Deborah Compagnoni hanno saputo unire l’Italia intera. Erano autentiche bombe mediatiche. Vale anche per altre discipline, penso a Valentino Rossi nel motociclismo».
Il carisma mediatico di un campione è qualcosa che si può anche costruire nel tempo?
«Dipende dalla personalità del singolo atleta. Ci sono campioni, vincenti e affermati, che non amano la ribalta mediatica e tendono a essere più schivi. L’universo social può aiutare a avvicinare il pubblico alla conoscenza degli atleti. Ma col carisma ci devi nascere. E, soprattutto, devi vincere».
Le capita mai di ripensare alla sua carriera agonistica?
«Gli anni più belli del mio passato di sciatrice sono stati quelli del mio salto dalla Squadra B alla Squadra A. Nel complesso, avrei potuto raccogliere risultati migliori. Il rimpianto è non aver vissuto al meglio la dimensione della Coppa del Mondo. Forse non ero pronta a livello mentale. Ma quell’esperienza mi consente oggi di gestire con più consapevolezza la mia seconda carriera».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Claudia Morandini)