Pubblicato il 21/01/2014, 19:30 | Scritto da La Redazione

GIULIA ELETTRA GORIETTI: «EVA NE “I SEGRETI DI BORGO LARICI” È UNA DONNA ROMANTICA E VULNERABILE, CHE NON HA PAURA DI VIVERE LE PROPRIE EMOZIONI»

GIULIA ELETTRA GORIETTI: «EVA NE “I SEGRETI DI BORGO LARICI” È UNA DONNA ROMANTICA E VULNERABILE, CHE NON HA PAURA DI VIVERE LE PROPRIE EMOZIONI»
  «Amo interpretare personaggi che vivono appieno la propria emotività, senza paura di mostrarsi fragili», confida a TVZOOM l’attrice romana venticinquenne scoperta da Virzì, innamorata di Anna Magnani, che sogna per il proprio futuro una vita da grande attrice e da madre di famiglia.meta name=”news_keywords” content=”<giulia elettra gorietti, eva, i segreti di borgo larici, canale […]

 

«Amo interpretare personaggi che vivono appieno la propria emotività, senza paura di mostrarsi fragili», confida a TVZOOM l’attrice romana venticinquenne scoperta da Virzì, innamorata di Anna Magnani, che sogna per il proprio futuro una vita da grande attrice e da madre di famiglia.meta name=”news_keywords” content=”<giulia elettra gorietti, eva, i segreti di borgo larici, canale 5, virzì>”

Il personaggio di Eva ne I segreti di Borgo Larici, affresco nazionalpopolare dell’Italia degli anni ’20, in onda mercoledì su Canale 5 in prima serata, «È uno dei ruoli più intensi della mia carriera», confida a TVZOOM Giulia Elettra Gorietti, attrice venticinquenne scoperta da Virzì, con una robusta carriera alle spalle (Ti amo in tutte le lingue del mondo, Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te, tante fiction, da I Liceali a Terra ribelle).
Forse perché Eva, di Elettra, ne ha il complesso. Attenzione, però. Non in senso Junghiano, lei non è in competizione con sua madre per il possesso del padre. Eva è in competizione con la realtà per il possesso delle emozioni, delle piccole passioni del quotidiano, da vivere e mostrare senza le sovrastrutture imposte dalla vita reale, che costringe a essere forti e razionali sempre e comunque.

«Eva è una donna forte, ma anche vulnerabile. Non si vergogna delle proprie fragilità e le mette a confronto con la realtà».
Eva le piace perché ha qualche tratto in comune con lei?
«L’ispirazione nel rappresentarla mi è venuta riflettendo sulla vita. Al giorno d’oggi, chi è forte, chi, per difesa o per interesse, si mostra invulnerabile al mondo esterno, è considerato un vincente. Chi vive la propria emotività senza nascondersi, è visto come debole e perdente. Ho voluto tirar fuori la mia parte istintiva, di donna che non ha paura di mostrare le proprie fragilità interiori, togliendomi la maschera pirandelliana che la vita di tutti i giorni ci costringe a indossare».
Chi è Eva, nella fiction?
«Eva è una cameriera, rimasta orfana da piccolissima, con un grande bisogno di compensazione affettiva. Cerca l’amore, ma non conosce appieno le dinamiche dei rapporti uomo-donna. Le capita dunque di scambiare una semplice attrazione fisica per l’amore vero, definitivo. Sulle prime, vivrà rapporti tormentati con due camerieri, due classici belloni, si ritroverà coinvolta in un vortice shakespeariano di emozioni».
E troverà l’amore vero?
«L’amore vero arriverà, non senza colpi di scena».
Se la società di oggi, ma anche di ieri, ci impone di razionalizzare ogni azione, di costruirci sovrastrutture per nascondere il nostro lato emotivo, il mestiere di attore consente di entrare a contatto con dimensioni interiori sempre nuove e stimolanti.
«Quando interpreti un ruolo nuovo è come se aprissi una porta, affacciandoti su aspetti che non conosci. Ciò ti consente un’analisi ampia sulla tua personalità, sui suoi aspetti più dettagliati. Il bello di un personaggio sta nelle sue debolezze e complessità. Quando lo interpreti sul set di un film, tutto avviene recitando, ed è stimolante. Nella vita reale, dovrebbe avvenire spontaneamente. Ma è difficile. E rischioso».
Senza entrare nel privato, la cosa è valida anche nei rapporti con l’altro sesso? Mi spiego. Di solito si tende ad affermare che le donne preferiscono gli stronzi, quelli che, per tattica o per convenienza, si fanno desiderare e non ammettono debolezze.
«A me gli stronzi non sono mai piaciuti. In un rapporto cerco uno scambio sincero e costruttivi. Mi sento sicura se al mio fianco c’è un uomo con un volto umano, fatto anche, perché no, di debolezze e imperfezioni. È la nostra umanità peculiare, a renderci speciali».
Ha iniziato a recitare a 14 anni, scoperta da Virzì. C’è qualche ruolo che le piacerebbe portare sul set con cui ancora non si è cimentata?
«Mi piacerebbe lavorare a qualcosa che tratti il tema dell’analisi. Oppure portare sullo schermo un’eroina romantica. O una cattiva, perché no».
Una femme fatale?
«No, basta femme fatale, mi è già capitato in passato. Intendo una donna con una complessa introspezione psicologica. Anzi, pensandoci bene… ».
A che cosa sta pensando?
«Ricordo quando fui contattata per un provino per il film The Rite, con Anthony Hopkins. Mi trovavo a Londra, era il 2010. Non riuscii a presentarmi perché, in quel periodo, i voli erano stati interrotti a causa dell’eruzione del vulcano islandese. Il film trattava il tema degli esorcismi. Ecco, il ruolo di una posseduta sarebbe stimolante per svariate ragioni».
Quali?
«Si tratterebbe di astrazione pura. Sarebbe come dipingere una tela senza schemi preconfezionati. Una ricerca psicologica fatta di improvvisazione e istinto».
È stato grazie al suo istinto, che ha iniziato la sua carriera di attrice così presto?
«È capitato per caso, quando sono stata scelta da Virzì per un suo film. Però, già dal primo giorno di riprese ho capito che recitare era la passione della mia vita. Per farlo, ho rinunciato alla laurea in Giurisprudenza e mi sono dedicata anima e corpo a questo mestiere».
Mai pensato a un “piano B”? Neanche una volta?
«Il piano B c’è, ma non diciamolo troppo forte, per non scordare il piano A».
Non lo diciamo davvero, dunque?
«Amo l’idea di “famiglia”. Se non fossi un’attrice, sarei una mamma».
Suvvia, una cosa non esclude l’altra.
«È vero, ma i miei impegni di lavoro, per il momento, mi costringono a rimandare. Devo aspettare ancora un po’».
Ha davanti ancora tutto il tempo che vuole. A proposito di tempo. Facciamo una seduta spiritica: evochiamo qualche grande attore del passato con cui le piacerebbe chiacchierare un po’.
«Anna Magnani. Farei carte false per parlare con lei. Dai sei anni a questa parte, continuo a leggere biografie che la riguardano e a guardare i suoi film. Lei è una sorta di guida, un esempio inarrivabile. Come donna, come attrice, come persona capace di vivere i suoi sentimenti».
Anna Magnani rappresenta appieno quel cinema italiano glorioso, che forse ora non c’è più. O forse sta tornando, considerando i recenti riconoscimenti ad alcuni nostri film come La grande bellezza.
«Quando ho visto La grande bellezza di Sorrentino, mi sono sentita fiera di essere italiana. Ha confezionato un’opera, per stile e idee, all’altezza dei fasti del passato. La rappresentazione di Roma, decadente ma poetica, con la sua cultura, il cattolicesimo sempre presente, è memorabile. Lavorare con Sorrentino sarebbe un traguardo».
Roma, la città in cui è nata e in cui vive anche lei.
«Amo Roma. Per questo la odio, anche. Ogni tanto devo scappare. Come città mi incanta e, nel contempo, mi snerva. Guardo il Colosseo, ed è sempre come se fosse la prima volta. Poi mi immergo nel traffico, e vorrei che fosse l’ultima. Per lavoro mi capita spesso di muovermi in altre città, dunque posso vivere davvero questo rapporto contraddittorio».
Ripensando alla sua carriera fino a oggi, porta con sé un momento più bello degli altri e uno più brutto?
«Cominciamo dal più brutto: il mestiere di attore è fatto di fortuna, di pubbliche relazioni, di furbizia dialettica. Tante volte mi sono sentita vicinissima a una parte che poi è volata via per un soffio. Un tempo ciò mi amareggiava, oggi ho imparato a gestire queste dinamiche e a non prendermela. Come è logico, i momenti più belli arrivano dalle gratificazioni di essere selezionata per qualche nuovo ruolo. Significa che sono riuscita a comunicare qualcosa di importante».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Giulia Elettra Gorietti)