Pubblicato il 07/01/2014, 18:34 | Scritto da La Redazione

STEFANO BORGHI, FOX SPORTS: «VI RACCONTO LA STORIA DEL SAN LORENZO, LA SQUADRA DI PAPA FRANCESCO»

STEFANO BORGHI, FOX SPORTS: «VI RACCONTO LA STORIA DEL SAN LORENZO, LA SQUADRA DI PAPA FRANCESCO»
TVZOOM ha incontrato il telecronista di FoxSports, amante del calcio in tutte le sue sfumature, appassionato di musica rock, autore di un volume che svela aneddoti incredibili sulla squadra di calcio argentina.meta name=”news_keywords” content=”stefano borghi, foxsports, papa francesco, san lorenzo de almagro, sportitalia “ C’è un motivo per cui conversare con Stefano Borghi, tra le nuove […]

TVZOOM ha incontrato il telecronista di FoxSports, amante del calcio in tutte le sue sfumature, appassionato di musica rock, autore di un volume che svela aneddoti incredibili sulla squadra di calcio argentina.meta name=”news_keywords” content=”stefano borghi, foxsports, papa francesco, san lorenzo de almagro, sportitalia 

C’è un motivo per cui conversare con Stefano Borghi, tra le nuove leve dei cronisti sportivi approdati a FoxSports, è un piacere. Borghi è un rocker mancato. O, se preferite, perfettamente riuscito. Ha fatto il dj per anni, per questo se gli poni la domanda calcisticamente più banale del mondo: «Chi è il tuo giocatore preferito?», ti risponde citando dei ribelli, degli anti-eroi capaci di raccontare storie scavando nel profondo: «Ho sempre amato i casi umani come Gascoigne, Lentini, Ortega, Baggio, ma non bisognerebbe mai fossilizzarsi sui confonti. Il calcio è emozione, che si viva la peculiarità di ciascun campione godendosi l’attimo».

E non è un caso che Borghi sia nelle librerie con La squadra preferita di Papa Francesco – San Lorenzo De Almagro (Imprimatur Editore), volume dedicato alla storia del club argentino più incredibile del mondo, meno noto di colossi come River o Boca, ma di sicuro più divertente.

Stefano, come procede l’avventura di FoxSports, iniziata l’estate scorsa?
«Posso tracciare un minibilancio entusiastico. Sono entrato in un gruppo che mi ha conquistato subito. Lavorare sui migliori prodotti offerti dal mondo del calcio è uno stimolo senza pari».
La peculiarità di FoxSports è riuscire a mantenere un alto profilo tecnico nelle telecronache di calcio, rinnovando però il linguaggio, uscendo dagli schemi canonici e renendolo appetibile a tutte le generazioni.
«Dice bene il Direttore Fabio Guadagnini, quando parla di “tivù senza cravatta”. Cerchiamo di affrontare le telecronache in modo serio ma fresco, non rinunciando talvolta a un’attitudine scanzonata e immediata nel vedere le cose. Cerchiamo di essere noi stessi. E’ un lavoro che paga».
Lei è un profondo conoscitore del calcio argentino. Non a caso, il suo libro uscito a fine novembre, parla del San Lorenzo De Almagro.
«Raccontare la storia del San Lorenzo De Almagro significa raccontare una vicenda ricca di tante peculiarità. Innanzitutto, si tratta di una squadra fondata da un prete, che porta il nome di un santo ed è tifata da Papa Francesco. Già questo alone di sacralità ha tracciato il suo destino. La sua vicenda, poi, è travagliata. Ha perso il proprio stadio ma l’ha ricostruito, ha vinto molti trofei, tranne la Coppa Libertadores. E’ finita in serie B, pur conservando il record di tifosi allo stadio. Una storia umana zeppa di sfaccettature, interessante anche per chi di calcio non ne capisce granché».
Su FoxSports raccontate il meglio dei campionati europei. Qualcuno di questi la appasiona più di altri?
«A me piace il calcio in generale. Nutro grande passione per il calcio inglese e per la Liga Spagnola».
Le ossa se le è fatte a SportItalia, un tempo fulgida realtà televisiva, oggi solo vivido ricordo.
«Ho vissuto il suo travaglio con dolore. SportItalia rappresentava un sogno costruito in un decennio di duro lavoro. Non meritava una fine del genere, a farne le spese sono state tante persone con cui ho condiviso momenti fondamentali per me».
La sua formazione da telecronista deve molto a quel periodo?
«Senza dubbio. Sono grato a Massimo Callegari e a tutto l’ambiente di SportItalia. Tra i nomi che hanno creduto in me quando ero giovane, posso citare anche Cesare Barbieri. Tante persone hanno saputo trascinarmi, insegnandomi molto e aiutandomi a crescere».
Lei non è solo appassionato di calcio, ha un passato da dj ed è un amante del rock. Bene, allora facciamo un gioco.
«Sono pronto».
Mi citi tre grandi band della storia della musica, associandole per qualche motivo a tre grandi club calcistici.
«Interessante. Proviamoci. Ti cito i Clash, e li associo al Manchester United di Sir Alex Ferguson: stiamo parlando di una band di ragazzi che si sono ribellati alle regole di casa propria, facendo della propria ribellione un’icona apprezzata dai fans.
Poi dico i Joy Division: sono partiti da uno scenario punk ma hanno messo l’estetica al centro della loro ricerca. Sono partiti dal basso, costruendo un lirismo paragonabile al Tiki Taka del Barcellona».
Ian Curtis come Messi?
«Sotto certi aspetti, sì (ride, nda)».
Manca un terzo nome.
«Ti cito Paul Weller. Ha sempre avuto la consapevolezza di proporsi come “numero uno”. Inevitabile il paragone non con un club, ma con un personaggio come Jose Mourinho».
Esistono invece delle regole per diventare il “numero uno” dei telecronisti sportivi?
«Se esistono, non le conosco. Nel senso che io non mi sento affatto arrivato, so di dover migliorare ancora tanto. Però, di sicuro, per fare questo mestiere occorrono pensieri rapidi, capacità di comunicare in tempo zero, avvertendo un ritmo costante dentro di te. E poi, generosa applicazione quotidiana».
Altrimenti, occorre pensare a un “piano B”, nella vita.
«Mai considerato. La mia prima esperienza tivù è stata nel 2004. Da allora ho maturato la convinzione di non saper fare altro».
In caso contrario, le resterebbe il cricket.
«Ti sei informato sulla mia passione per il cricket? Me l’ha inculcata il mio maestro calcistico, il barman del bar che frequentavo quando avevo 20 anni. Lui è un fervente anglofilo. Mi ha fatto conoscere un mondo appassionante e poco noto in Italia».

IL LIBRO – La squadra preferita di Papa Francesco – San Lorenzo De Almagro (Imprimatur Editore)

Parlare della fede di un Papa sembra scontato. Ma Papa Francesco fin da subito ci ha proposto anche una sua fede alternativa, quella che anima la maggior parte dei suoi connazionali e che rappresenta un tratto distintivo degli argentini: il calcio. Il San Lorenzo de Almagro è un club che interseca la propria incredibile e pirotecnica storia a quella di un uomo che, prima e parallelamente a un cammino che lo ha portato a essere “eminenza” e addirittura “santità”, è stato ed è un tipico argentino, figlio di un quartiere di Buenos Aires e profondamente attaccato all’espressione sportiva di esso.
Nel viaggio attraverso l’epopea del San Lorenzo, che porta il nome di un santo, che è stato fondato da un prete, che ha vissuto onori e tragedie e che è diventato universalmente famoso grazie a un Papa, ritroviamo una dimensione quasi dimenticata del calcio: quella di una storia vera capace di trasformare la quotidianità in leggenda, fatta di un susseguirsi di personaggi che vanno e che vengono lasciando sempre un segno, di una filosofia mantenuta decennio dopo decennio, difesa con ogni mezzo e sbandierata in ogni occasione. Il San Lorenzo, con le sue imprese e le sue cadute, ci ricorda come il calcio sia prima di tutto passione ed emozione, non quel business sempre più povero di valori che può apparire al giorno d’oggi. E ci può regalare una prospettiva in più per arrivare a comprendere una significativa parte della personalità e del cuore del primo “Papa tifoso” della storia.

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Papa Francesco con la maglietta del San Lorenzo)