Pubblicato il 06/01/2014, 10:33 | Scritto da La Redazione

PIPPO BAUDO, MISTER CANZONISSIMA: «QUANDO LA LOTTERIA ERA UNO SHOW»

 

Il conduttore siciliano Baudo ricorda, in un’intervista al “QN”, le serate kolossal che inchiodavano l’Italia alla tv per le estrazioni dei biglietti.

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Rassegna stampa: QN, pagina 29, di Beatrice Bertuccioli.

Pippo, Mister Canzonissima: «Quando la Lotteria era uno show»

Baudo ricorda le serate kolossal che inchiodavano l’Italia alla tv.

CHE TEMPI, gli anni Settanta e Ottanta, per la Lotteria Italia. Si vendevano così tanti biglietti che il montepremi cresceva di settimana in settimana. E tutti gli artisti più importanti del momento facevano a gara per partecipare. Ne sa qualcosa Pippo Baudo, di quegli anni e di quei successi. Anzi, ne sa più di tutti, il Pippo nazionale che ha condotto cinque edizioni di “Canzonissima” e quattro di “Fantastico”.

Baudo, la sua prima “Canzonissima” quella ’72, è stata un po’ una consacrazione per lei come conduttore?

«Certamente, perché venivo dopo la conduzione di Corrado e della Carrà. Ricordo che, alla prima puntata, mi rivolsi alle telecamere e dissi al pubblico: “Scusate, devo dire una cosa a una persona. Corrado, scusami se sono qua. Dammi per favore la tua benedizione”. Io portai come primadonna una mia scoperta, Loretta Goggi. E avevamo sempre degli ospiti importanti, a cominciare da Vittorio Gassman che si alternava con Monica Vítti. E allora c’era una cosa particolarmente bella».

Quale?

«Partivamo con 500 milioni di lire come primo premio. Poi, siccome si vendevano molti biglietti, ogni volta mi presentavo e dicevo: il premio è salito a 750 milioni. E poi è salito a un miliardo, e poi è salito a 2 miliardi. Perché, di anno in anno, la Lotteria era diventato l’appuntamento principale».

Un evento, come il Festival di Sanremo?

«Esattamente uguale. Era un evento clamoroso».

Che ascolti faceva con quelle trasmissioni?

«Non c’era l’Auditel, ma arrivavamo tranquillamente ai 18-20 milioni di telespettatori».

Gli artisti ci tenevano a partecipare?

«Mamma mia, se ci tenevano. S’ammazzavano per venire, anche se rischiavano a partecipare perché, contrariamente agli altri concorsi, c’era il pericolo di essere bocciati. Ricordo un anno, in cui c’era la giuria in sala, in cui la coppia i Vianella formata da Edoardo Vianello e Wilma Goich, ebbe zero da tutti i giurati. Fu una cosa che ci mise in grande imbarazzo. Poi c’erano i fedelissimi».

Chi?

«Uno dei protagonisti più fedeli era Mino Reitano. Aveva una votazione enorme perché con tutti i fratelli, organizzava nel suo paese di origine, Fiumara, un sistema di raccolta di cartoline per il voto. A Torino, in via Arsenale 21, arrivavano sacchi e sacchi di cartoline».

Un confronto tra big che ricorda?

«Alla mia prima “Canzonissima” ci fu lo scontro fortissimo tra Gianni Morandi e Massimo Ranieri. Contrariamente alla previsioni, vinse Ranieri con “Erba di casa mia”. La gara tra cantanti era molto sentita».

Tra tutte le “Canzonissime” e i “Fantastici” a quale è rimasto più legato?

«Quelli con Grillo, con la Cuccarini, con il trio Marchesini-Lopez-Solenghi, che furono una rivelazione clamorosa ed ebbero molto successo. Fu l’anno, quello di “Fantastico 7”, nel 1986, dei Duran Duran, degli Spandau Ballet. Abbiamo avuto gli ospiti più grandi del mondo che venivano e si meravigliavano che noi, in tre, quattro giorni, riuscivamo a fare uno spettacolo così grandioso, mentre negli altri Paesi facevano uno spettacolo al mese. Avevamo un sistema di lavoro tedesco, eravamo una macchina da guerra».

A un “Fantastico” è legato anche un suo clamoroso scontro con l’allora presidente della Rai, Enrico Manca, che aveva definito «nazionalpopolari» i suoi programmi.

«È una cosa che pagai a caro prezzo perché poi passai a Berlusconi e non andando d’accordo con Berlusconi, me ne sono andato, pagando una penale pazzesca».

Un palazzo a viale Aventino.

«Esattamente. Ancora ne sento il dolore, anche perché aveva un valore enorme, acquistato con molti risparmi della mia carriera. Poi sono stato un anno e mezzo in attesa che la Rai mi richiamasse».

Erano dei grandi varietà come non si fanno più.

«Non c’è più il clima».

Forse nemmeno i soldi.

«Non è un problema di soldi. Non ci sono più gli autori, purtroppo. Non abbiamo più autori, perché sono diventati tutti dei copiatori. Oggi gli autori non fanno altro che copiare format stranieri e adattarli all’Italia. Non inventano niente. Noi avevamo Terzoli, Marchesi, Verde, Amurri. Troppo facile prendersela con la mancanza di soldi. Dipende dal materiale umano. Se hai una bella idea, originale, puoi fare il più grande spettacolo con pochissimi soldi».

Segue ancora il programma abbinato alla Lotteria Italia, da tre anni “La prova del cuoco”?

«Onestamente, a me l’idea che i premi siano abbinati a una cotoletta o a un piatto di pasta e fagioli, mi deprime. Due anni fa mi hanno anche invitato. Mi sono trovato malissimo. Così, non ha più senso».